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Il contesto sociale ed educativo nel quale opera la scuola inclusiva

viviana-miele-profilo-europrogettazioneL’analisi di Viviana Miele sul ruolo della scuola nella costruzione di nuovi modelli di inclusione sociale idonei ad accogliere le diversità e ridurre le disparità.

Le continue evoluzioni in campo socio-culturale fanno sì che la nostra sia una società permeata dalla flessibilità culturale: al centro dell’attenzione viene posto il rispetto della propria identità e di quella degli altri. Ai fini del miglioramento dei livelli di coesione sociale nell’ambito delle comunità territoriali la scuola si sta mobilitando nella costruzione di modelli d’intervento didattico-educativo miranti all’accoglienza delle diversità e alla riduzione delle disparità esistenti.
La società e la comunità scolastica cercano di far fronte al disagio – inteso come «condizione di malessere, sentirsi non in sintonia con l’ambiente» – mettendo in atto processi di maturazione personale e di inserimento sociale.
Attraverso l’implementazione di strategie opportune la scuola deve mobilitarsi facendo in modo che potenziali situazioni di difficoltà in ambito scolastico vengano ridotte o del tutto eliminate.
Le politiche scolastiche più recenti privilegiano la prospettiva dell’inclusione, che presuppone un modello di partecipazione più impegnativo, esteso e coinvolgente. All’interno della strategia europea per le pari opportunità compare la questione dell’istruzione per tutti. In tal senso la scuola è da intendersi come comunità educante capace di trasmettere conoscenze, competenze e abilità, nei margini delle capacità individuali, mediante interventi specifici attuabili sullo sfondo costante e imprescindibile dell’istruzione e della socializzazione.

COESIONE SOCIALE
La coesione nel contesto scolastico si afferma grazie al «superamento delle differenze esistenti fra persone rispetto alla possibilità di accedere alle opportunità di crescita e sviluppo personale e collettivo». La coesione sociale può avvenire grazie alla creazione di relazioni favorevoli e quindi di condizioni di profitto educativo-pedagogico, alla presenza di relazioni sociali attive e di tipo inclusivo, alla creazione di reti di scambio di supporti e di informazioni, al
coinvolgimento di tutti nel rispetto e nel consolidamento del senso di identità e di appartenenza ad una comunità.
Educare non significa solamente formare, bensì costruire insieme identità e futuro. La scuola come primaria comunità educante svolge un ruolo essenziale verso i suoi studenti che, oltre ad apprendere i contenuti del programma ufficiale proposto, sono chiamati a sviluppare un pensiero creativo, sintetico ed etico. Gli insegnanti rappresentano i primi modelli di riferimento, ma fondamentale è anche il ruolo della comunità tutta. Le figure coinvolte devono cooperare nel raggiungimento di alcuni obiettivi comuni promuovendo azioni di integrazione scolastica e di progetti educativi, occasioni per il tempo libero, servizi ricreativi e spazi che creino momenti di
crescita personale, progetti di valorizzazione pedagogico-sociale che portino alla rimozione di barriere e limitazioni.

EDUCAZIONE INCLUSIVA
Parlare di differenze nell’apprendimento significa parlare principalmente di educazione di tipo inclusivo. Alla base del modello scolastico inclusivo vi è la volontà/necessità di intervenire sui contesti e sulle rappresentazioni culturali generali, nell’intento di trasformare e migliorare il modo in cui le persone con difficoltà vengono viste e, di  conseguenza, catalogate ed escluse sulla base di stereotipi offensivi o di atteggiamenti discriminatori. La diversità individuale si
potrebbe intendere come un modo diverso di percepire il mondo esterno. Ciò porterebbe a sua volta ad una decostruzione del concetto di normalità. In tal senso la neurodiversità deve essere interpretata come «una condizione esistenziale dell’essere umano piuttosto che come una condizione patologica o come una forma di deficit inferiore alla norma».
«Ogni alunno può manifestare Bisogni Educativi Speciali per motivi psicologici e/o sociali rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguate e personalizzate risposte». (Direttiva ministeriale)
La scuola inclusiva si caratterizza per l’accettazione di ogni difficoltà, non solo quella certificata, ma anche quella dovuta allo svantaggio socio-culturale. Assicurando la partecipazione attiva e sviluppando pratiche di collaborazione, si definisce inclusiva una scuola che sia in grado di consentire a tutti gli studenti l’accesso all’istruzione, tenendo conto delle differenti caratteristiche sociali, biologiche e culturali.

MISURE EDUCATIVE E DIDATTICHE DI SUPPORTO
Tra le principali misure di supporto troviamo l’uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme flessibili di lavoro scolastico che tengano conto delle caratteristiche dei soggetti e che adottino una metodologia e una strategia educativa adeguate. Con l’emanazione della direttiva ministeriale del 18 Aprile 2007, l’allora Ministro dell’Istruzione Fioroni elencò un quadro di funzioni che intendono promuovere situazioni di benessere, di agio e di motivazione a scuola.
Le 10 aree di intervento comprendono la promozione di stili di vita positivi miranti a prevenire le dipendenze, la prevenzione dell’obesità e dei disturbi
dell’alimentazione, la promozione dell’attività motoria, del volontariato e della cultura della legalità, il potenziamento dell’educazione stradale; la promozione del corretto utilizzo delle nuove tecnologie. (Direttiva ministeriale del 18 Aprile 2007)

COMUNITA’-SCUOLA
La scuola non è l’unico protagonista nel percorso di identificazione e di gestione dei BES: a questo processo concorrono anche la famiglia e la società tutta.
La scuola istituisce, in caso di necessità, il così detto GLI (gruppo di lavoro per l’inclusione). Si tratta di un gruppo allargato di figure professionali, composto non soltanto da docenti di sostegno, ma anche da docenti disciplinari e assistenti educativo-culturali. Il gruppo di lavoro per l’inclusione si occupa
di programmare un utilizzo funzionale delle risorse presenti nella scuola (laboratori, risorse umane, strumenti tecnologici) per la realizzazione di un progetto di inclusione condiviso. Inoltre il GLI si occupa di predisporre un piano di intervento per gli alunni con disabilità e/o DSA e per gli alunni con BES non certificati o non certificabili.
L’integrazione degli studenti con difficoltà deve riguardare tutti gli ambiti della quotidianità scolastica e non può essere relegata a qualche ora di attività di sostegno. I principali autori di una didattica diversa, adatta ed individuale non devono essere solamente i docenti di sostegno ma tutti gli insegnanti, a prescindere dall’area disciplinare di appartenenza, e da ulteriori soggetti quali altro personale scolastico, altri alunni e altre figure. Il C.d.C. individua le carenze e le eventuali problematiche nell’apprendimento dell’alunno con BES, pianifica gli interventi e le azioni, le attività e i laboratori utili al ragazzo. Partendo da questa prospettiva, la comunitàscuola sperimenta attività didattiche alternative e soluzioni organizzative diverse. La complessità del sistema scuola mette in primo piano il ruolo attivo degli alunni, lo sviluppo di reti di rapporto più solide, il lavoro di tipo cooperativo con gruppi di apprendimento, il coinvolgimento delle
famiglie e/o di altre realtà culturali e di volontariato.

STRUMENTI COMPENSATIVI E MISURE DISPENSATIVE
Le principali strategie e metodologie didattiche che l’ente scolastico può attuare per potenziare l’offerta formativa e rispondere con adeguatezza ai BES sono molteplici. In primis vi è la possibilità di sostituire le tradizionali modalità di approccio alla didattica con altre più coinvolgenti e stimolanti, facendo leva sui punti di forza di ogni singolo studente, arricchendo di nuovi materiali e fonti più aggiornate le risorse didattiche messe a disposizione, utilizzando
mappe concettuali, schemi e immagini, predisponendo attività di tipo laboratoriale, tali da favorire un impiego diretto delle competenze e delle conoscenze acquisite. Alla scuola spetta il dovere di valorizzare e quindi di tutelare al meglio tutti i suoi alunni, garantendo il successo formativo-educativo e il miglioramento generale dell’esperienza scolastica.
Come stabilito dalla legge, la compensazione offre un vantaggio funzionale indiretto: l’abilità non è recuperata ma si punta a strategie alternative per raggiungere analoghi risultati. La compensazione mira a ridurre gli effetti negativi del disturbo per raggiungere prestazioni funzionalmente adeguate. Le misure dispensative sono interventi che consentono all’alunno o allo studente di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano l’apprendimento. Hanno lo scopo di evitare che il disturbo possa comportare un generale insuccesso scolastico. Questa sezione va inserita solamente se il C.d.C. ritiene utile la dispensa di alcune prestazioni.

PDP e PEI
Dall’osservazione e da una lettura attenta dei segnali di disagio o anche da un confronto diretto con la famiglia, la scuola può adottare, in base alle difficoltà riscontrate, degli strumenti specifici: il PDP e il PEI. Redatti su iniziativa del Consiglio di Classe, PDP e PEI devono essere firmati dal Dirigente scolastico, da tutti i docenti interessati e dalla famiglia del discente entro tre mesi dall’avvio delle attività didattiche. Se la famiglia si rifiuta di firmare il piano didattico del proprio figlio, la scuola può decidere di non adottare le misure dispensative e gli strumenti compensativi previsti dalla legge. L’eventuale non condivisione da parte dei genitori «non esime i docenti dal farsi carico delle difficoltà dell’alunno e dall’attivare un percorso personalizzato non formalizzato, che rientra in una normale azione didattica e che non richiede l’acquisizione di un’autorizzazione ufficiale da parte della famiglia».
Il PDP (piano didattico personalizzato), previsto dalla Legge 170 del 8/10/2010, consente di diversificare le metodologie, i tempi e gli ausili didattici per l’attuazione della programmazione curricolare prevista per la classe di appartenenza, con modalità didattiche personalizzate e attività di recupero individualizzate. Le parti di cui si compone un PDP sono:
– dati anagrafici dell’alunno;
– tipologia di disturbo;
– attività didattiche individualizzate;
– attività didattiche personalizzate;
– strumenti compensativi utilizzati;
– misure dispensative adottate;
– forme di verifica e valutazione personalizzate coerenti con gli interventi pedagogico-didattici.

La stesura di un PDP è contestuale all’individuazione dell’alunno BES, dunque è conseguente ad un «atto di discrezionalità della scuola».
Il PEI, previsto dalla Legge 104/92 per gli alunni con disabilità, consente di predisporre una programmazione individualizzata e/o differenziata, nell’intento di favorire una progettualità che risponda in modo mirato alle esigenze degli studenti disabili, con DSA o con altri disturbi cognitivi. La presenza e la partecipazione di un esperto medico nella redazione del documento può essere richiesta dalla famiglia o anche dalla scuola previo consenso della famiglia.

Gli elementi costitutivi del PEI sono:
– dati anagrafici;
– diagnosi funzionale;
– progetto educativo;
– progetti integrati;
– interventi.

Attraverso il così detto PDF (Profilo dinamico funzionale) vengono considerate le caratteristiche fisiche, psichiche, sociali e affettive dell’alunno. Il PDF, che va
redatto prima di stilare il PEI, funge da strumento di raccordo tra la conoscenza dell’alunno e la definizione di attività, tecniche, mezzi e materiali.

Conclusioni
Negli ultimi anni è aumentato considerevolmente il numero di studenti con difficoltà non riconducibili direttamente alle classificazioni dell’ICF. Ciò comporta un mutamento a livello socio-culturale e anche a livello didattico-educativo. Il fattore chiave per l’identificazione di un particolare fabbisogno educativo è dato dalla rilevazione oggettiva della situazione di svantaggio provocato da una speciale situazione. Di fronte alle oggettive difficoltà nel seguire la programmazione complessiva della classe, gli alunni con BES si trovano nella necessità di lavorare con programmi didattici diversi, strutturati in base alle loro capacità. Agli insegnanti spetta il delicato compito di elaborare forme di didattica ad hoc, rispondenti cioè ai bisogni e alle richieste educative dei singoli alunni. Ciò significa costruire obiettivi, attività didattiche e atteggiamenti educativi su misura per la singola e specifica difficoltà manifestata, ponendo particolare attenzione ai punti di forza dell’alunno.
Le politiche sociali, educative e di integrazione promosse dalle varie istituzioni governative, sia a livello europeo che a livello nazionale, nascono per promuovere la cooperazione e il rispetto delle diversità, da intendersi come fattore di arricchimento per l’intera comunità.
La globale emancipazione e l’alfabetizzazione di ogni singolo cittadino sono supportate dalla diffusione di numerosi strumenti tecnologici che offrono un approccio didattico più funzionale, semplice e meno faticoso. L’inclusione scolastica cerca di «identificare le barriere scolastiche che impediscono l’apprendimento di tutti i discenti (rigidità dei curricoli, forme tradizionali di insegnamento e apprendimento, contesti e atteggiamenti discriminatori, logiche di pensiero disabilitanti) al fine di creare una società capace di favorire il rispetto delle diversità.

Bibliografia
– Dispense Master B.E.S. Icotea
– V. Sandre e R. Tomasella (a cura di), Per una Didattica Inclusiva. Strumenti, procedure e modelli operativi, Dario De Bastioni Editore, 2012
– D. Ianes, Bisogni Educativi Speciali su base ICF: un passo verso la scuola inclusiva, Erickson, 2013
– D. Ianes, S. Cramerotti, Alunni con BES. Bisogni educativi speciali, Erickson, 2013
– S. Tabarelli, F. Pisanu, I quaderni della ricerca n.3. Elementi generali di approfondimento sui Bisogni Educativi Speciali nel contesto italiano, Loescher Editore, Torino, 2013
– R. Ciambrone, G. Fusacchia, I BES. Come e cosa fare, Giunti Scuola, 2014
– A.Vaiani, BES. Strategie per promuovere una didattica inclusiva, Associazione Europea Disgrafie, 2015
– A. Fossati, La cultura dell’inclusione e la relazione educativa, 2016

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