Rapporto SRM 2012 sulle relazioni economiche tra Italia e Mediterraneo
La relazione di Luca Forte, dell’Osservatorio Mediterraneo di SRM, al Seminario “La Prospettiva Euromediterranea, terzo incontro del I Ciclo verso Europa 2020. Napoli, Università L’Orientale, Cappella Pappacoda, 3/12/2012.
L’Osservatorio Mediterraneo di SRM è nato nel maggio del 2011 e porta avanti un’attività di monitoraggio sistematico delle relazioni economiche dell’Italia con i paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo in una logica bi-direzionale, concentrando l’attenzione sui paesi che hanno tratti di costa che si affacciano sul bacino, escludendo quelli membri dell’Unione Europea. In particolare, le analisi svolte riguardano tre gruppi di paesi: i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo (area identificata come Southern Med), quelli della sponda sud-orientale (Eastern Med nel Rapporto) e i paesi della costa adriatica (Adriatic Med); le tre aree individuate formano, insieme, l’Area Med .
Insieme all’Osservatorio Mediterraneo, SRM ha creato un sito web in lingua inglese dedicato all’analisi delle relazioni economiche tra l’Italia e il Mediterraneo – www.srm-med.com – che ospita una serie di contributi di ricerca dedicati a tre filoni specifici di analisi dei rapporti tra l’Italia e i paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo: l’Economia, il commercio e le imprese; la Finanza; le Infrastrutture energetiche e di trasporto. Su questi tre filoni di ricerca SRM realizza, alla fine di ciascun anno, un “Rapporto sulle relazioni economiche tra l’Italia e il Mediterraneo” che rappresenta il frutto del lavoro realizzato dall’Osservatorio Mediterraneo di SRM nel corso dell’anno, con analisi realizzate da un nucleo di ricercatori interni e da professionisti esterni.
All’interno del Rapporto 2012, nella sezione dedicata all’economia, al commercio e alle imprese, è presente il primo dei lavori realizzati da SRM nell’ambito di un progetto di ricerca pluriennale – “Progetto Business” – incentrato sulla stima del valore della presenza imprenditoriale italiana nei 13 Paesi dell’Area Med oggetto di attenzione da parte dell’Osservatorio.
Caratteristica peculiare del “Progetto Business” e punto di partenza dei lavori di studio realizzati o in progetto, è l’analisi microeconomica che – a partire dai dati di bilancio di imprese a capitali italiani che operano nei paesi oggetto di analisi e da informazioni ricavate “sul campo” da operatori e istituzioni italiane e “locali” in tali paesi – si propone di giungere ad una stima complessiva del valore del business italiano in ciascun Paese.
Il lavoro realizzato sul campo costituisce l’aspetto originale che dà valore aggiunto allo studio, in quanto l’analisi desk, in progetti sperimentali come questo, può risultare fuorviante e i risultati non corrispondere alla effettiva consistenza del business italiano nei Paesi oggetto di analisi.
Oltretutto, la scelta di stimare – utilizzando la stessa metodologia – oltre al business italiano anche quello di altri paesi occidentali che vantano una presenza imprenditoriale consistente nei paesi analizzati, e di utilizzare tale stima quale benchmark rispetto all’Italia, consente di ottenere risultati più accurati e soprattutto confrontabili.
L’obiettivo finale di questo progetto è quello di analizzare la presenza imprenditoriale dell’Italia in tutti i paesi Med monitorati e di esaminare l’evoluzione nel tempo di tale presenza in ciascuno di essi. Il primo dei lavori realizzati riguarda uno dei paesi più interessanti tra quelli emergenti e quello che vanta le più intense relazioni commerciali con l’Italia nell’ambito dell’Area Med: la Turchia. Le stime da noi effettuate sul valore della presenza imprenditoriale italiana in Turchia sono state messe a confronto con quelle riguardanti la Germania, primo partner commerciale del Paese.
Nell’ambito dei 13 paesi del bacino del Mediterraneo di interesse per l’Osservatorio Mediterraneo di SRM, la Turchia rappresenta il primo partner commerciale dell’Italia, con un commercio bilaterale pari a 15,6 miliardi di euro. Pur figurando solo al 5° posto tra i paesi “fornitori” della Turchia e al 4° posto tra i paesi “clienti”, il valore da noi stimato del business delle circa 900 imprese italiane che operano nel Paese è davvero considerevole; si tratta di oltre 16,6 miliardi di euro all’anno, per un impatto occupazionale di circa 125mila addetti, numeri, in alcuni casi, superiori a quelli della Germania, primo partner commerciale della Turchia e Paese-benchmark utilizzato nella nostra analisi.
Le imprese turche partecipate da capitali italiani fanno registrare una crescita del fatturato di oltre il 33%, superiore al benchmark delle imprese a capitali tedeschi, un’elevata profittabilità (RoE superiore al 20%) e indicatori di liquidità positivi (quick ratio pari a 1,2); particolarmente positive le performance delle imprese appartenenti ai settori della chimica e della meccanica.
La presenza stabile di imprese edili italiane in Turchia è marginale, ma sono numerosi i progetti di investimento in corso nel Paese che vedono impegnate imprese italiane del settore delle costruzioni; in effetti, tra progetti di investimento – soprattutto nelle infrastrutture energetiche e di trasporto – e processi di privatizzazione in corso o imminenti, la Turchia costituisce un Paese altamente appetibile per le imprese italiane, come dimostrano i due casi studio sui processi di internazionalizzazione di due imprese italiane che operano nel Paese. Ad assecondare l’interesse delle imprese straniere per la Turchia ha contribuito la favorevole politica governativa di attrazione degli investimenti che, con gli interventi legislativi del 2009 e il pacchetto di incentivi approvato nel giugno di quest’anno, offre un ampio ventaglio di opportunità per le imprese straniere che decidono di investire nel Paese.
Naturalmente, lo sviluppo produttivo e, più in generale, la crescita economica della Turchia dipendono, in una certa misura, dalle caratteristiche del sistema finanziario del Paese e dalle sue modalità operative; da questo punto di vista, la Turchia presenta un quadro della dotazione di “infrastrutture finanziarie” contrassegnato da molte luci e qualche ombra; tra gli aspetti positivi, si segnala lo “spessore” del mercato borsistico e la solidità del sistema bancario.
A questo studio sulla presenza italiana in Turchia seguirà un lavoro simile, già in fase avanzata di elaborazione, sul Marocco e il nostro sforzo per il 2013 è di allargare l’analisi ad altri paesi.
Oltre allo studio sul business italiano in Turchia, i lavori dell’Osservatorio Mediterraneo di SRM, nell’ambito del tema generale che riguarda l’economia, il commercio e le imprese, si sono concentrati sui numeri attuali e le previsioni di interscambio commerciale dei principali paesi europei con l’Area Med: l’Italia si conferma il primo partner commerciale dell’area – con un valore degli scambi pari a 57,7 miliardi di euro nel 2011 – nonostante il rallentamento registrato rispetto al 2010 (-10%), causato dalle vicende socio-politiche che hanno riguardato tre dei cinque paesi della sponda sud del Mediterraneo e dalla crisi economica in Europa.
L’Italia supera la Germania (56,6 miliardi di euro) e la Francia (46,8 miliardi) quanto a valore degli scambi nel 2011 e conferma la propria leadership anche nelle proiezioni al 2014, che vedono crescere gli scambi commerciali italiani fino a 74 miliardi di euro (+28% sul 2011); si tratta di cifre importanti che indicano chiaramente il “valore” attuale e soprattutto le potenzialità dell’area in termini di opportunità di affari per il nostro sistema di imprese; infatti, la crescita dell’interscambio italiano nei primi sei mesi del 2012 (+8,1% tendenziale), e le previsioni di crescita del Pil dei paesi dell’area (+8,6% medio nel 2012) indicano chiaramente il definitivo superamento della fase di impasse delle economie di questi paesi, dovuta agli accadimenti della c.d. Primavera Araba.
Oltre al commercio e all’integrazione produttiva che favorisce gli scambi “reali” tra i paesi del Mediterraneo, un ulteriore fattore di sviluppo delle relazioni tra l’Europa e il Mediterraneo è rappresentato dai flussi finanziari, anche in questo caso bi-direzionali, che transitano attraverso le due sponde del Mediterraneo, quella settentrionale e quella meridionale; da un lato, infatti, i Fondi Sovrani mediterranei trovano nell’Europa una delle aree privilegiate per l’investimento delle loro ingenti risorse; dall’altro, l’interesse di organismi quali la BERS (Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo) e il FEMIP (Fondo Euro-Mediterraneo di Investimento e Partenariato) verso l’area arabo-mediterranea cresce in misura proporzionale alle richieste di maggiore giustizia sociale che vengono dalle popolazioni dei paesi dell’area; si stima che le risorse finanziare che dall’Europa saranno veicolate verso i paesi dell’area arabo-mediterranea potranno toccare i 4 miliardi di euro annui, tra interventi a favore dell’occupazione e investimenti per garantire uno sviluppo sostenibile; quanto ai flussi in direzione opposta – gli investimenti dei Fondi Sovrani dell’area MENA diretti verso l’Europa – questi potrebbero raggiungere, entro cinque anni, i 20 miliardi di euro annui, con una quota destinata all’Italia compresa tra 1 e 1,5 miliardi di euro.
Anche in questo caso si tratta di flussi consistenti che potrebbero raggiungere l’Italia, a patto di creare condizioni interne favorevoli allo sviluppo degli investimenti; il nostro Paese si trova nelle migliori condizioni possibili per intercettare tali risorse, potendo offrire opportunità che altri paesi europei non possono garantire, come la disponibilità di una naturale piattaforma logistica al traffico di merci che attraversano il Mediterraneo; oltre il 70% dei flussi commerciali che interessano i paesi che si affacciano sul Mediterraneo (circa 40 miliardi di euro) avviene, infatti, via mare e l’Italia ne rappresenta il baricentro. Oltretutto, i flussi intraregionali in direzione nord-sud risultano in crescita come riflesso dello sviluppo economico dei Paesi della Sponda Sud Est e della politica europea di impulso allo Short Sea Shipping (navigazione marittima a corto raggio).
Insieme ai traffici marittimi e alla portualità, l’Osservatorio Mediterraneo di SRM segue con attenzione la tematica relativa allo sviluppo delle energie rinnovabili. SRM vuole lanciare un messaggio strategico sull’argomento: il Mediterraneo si prepara a giocare un ruolo decisivo per lo sviluppo del settore energetico dei prossimi anni.
Il sistema è, infatti, caratterizzato da una domanda crescente di energia e autorevoli stime affermano che al 2030 la capacità addizionale richiesta dai Paesi del Southern Med potrebbe comportare investimenti pari a 320 miliardi di euro, di cui circa la metà in fonti rinnovabili; inoltre, la realizzazione di nuove infrastrutture e soprattutto di nuove interconnessioni sarà necessaria non solo per i collegamenti sub-regionali tra paesi della sponda Sud del Bacino ma anche per esportare il futuro surplus di elettricità rinnovabile verso i mercati europei: una duplice, straordinaria, opportunità di sviluppo, per le imprese del settore e per l’economia europea nel suo complesso.
Nel 2011 si ponevano una serie di interrogativi circa i possibili esiti della c.d. Primavera araba e l’impatto che avrebbe avuto sulle relazioni economiche con l’Europa; a distanza di un anno molti degli interrogativi sono ancora senza risposta: i cambi di regime in Tunisia, Libia ed Egitto hanno condotto ad elezioni democratiche molto partecipate, ma le aspre contrapposizioni tra laici e fondamentalisti che ancora dividono le popolazioni in quei paesi segnalano che il processo di normalizzazione è ancora in corso, nonostante la ripresa dei rapporti commerciali con l’Europa. In un tale contesto di incertezza e di aspre contrapposizioni sia nei paesi che hanno sperimentato cambi di regime, sia laddove le rivolte non hanno ottenuto di cambiare lo status quo, è quanto mai necessario un rinnovato impegno politico dell’Europa verso questi territori e risorse finanziarie adeguate che, nel “nuovo” Mediterraneo che verrà fuori dalla fase attuale, dovranno incidere direttamente sulle condizioni di vita delle popolazioni.
Purtroppo, però, questo è un tasto dolente per l’Europa, alle prese con la crisi economica più grave dal dopoguerra che, naturalmente, riduce le risorse pubbliche disponibili per la cooperazione e lo sviluppo nei paesi del Mediterraneo.
C’è quindi bisogno di mobilitare risorse private che vanno opportunamente indirizzate, offrendo loro possibilità di valorizzazione: investire nei paesi emergenti del Mediterraneo, laddove sono maggiori le opportunità di affari, è un occasione di crescita per le imprese italiane e del Mezzogiorno in particolare ma anche per i territori che le ospitano; visti i forti legami con il Mediterraneo, le regioni meridionali potranno beneficiare per prime e in modo maggiore di una ripresa dell’economia dell’area. L’Osservatorio di SRM vuole contribuire con il proprio lavoro di analisi a individuare le aree geografiche e i comparti produttivi con le maggiore possibilità di valorizzazione degli investimenti, in una logica di co-sviluppo che possa contribuire al superamento dell’attuale fase di crisi che attraversa il nostro Paese.
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