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La panca che scotta

Real Madrid's Brazilian defender Marcelo (L) is hugged by Real Madrid's Spanish coach Julen Lopetegui as he leaves the pitch during the Spanish league football match between FC Barcelona and Real Madrid CF at the Camp Nou stadium in Barcelona on October 28, 2018. (Photo by Josep LAGO / AFP) (Photo credit should read JOSEP LAGO/AFP/Getty Images)

Julen Lopetegui è stato esonerato da Florentino Pérez dopo il rovescio subito nel Clasico. La panchina dei Blancos affidata momentaneamente a Santiago Solari dopo l’inaspettato rifiuto di Antonio Conte.

Nel 1958 usciva nei cinema La gatta sul tetto che scotta. 60 anni dopo il capolavoro di Richard Brooks, vincitore di sei Premi Oscar, a sostituirsi metaforicamente alla gatta Elizabeth Taylor e al tetto sono rispettivamente gli allenatori e la panchina del Real Madrid.

Non che la cosa rappresenti una novità, dato che da sempre chi guida le Merengues è al centro del mirino della critica, del presidente e dell’esigentissima tifoseria madrilena.

Basta ricordare il destino di Fabio Capello, esonerato nonostante la fresca vittoria della Liga 2006/2007. Il motivo? Il gioco poco spumeggiante mostrato nel corso della stagione, che spinse l’allora massimo dirigente Ramón Calderón a sostituirlo con Bernd Schuster. Restando a tempi più recenti, lo stesso Zinédine Zidane, reduce da otto titoli vinti in due anni, è stato vicinissimo all’esonero lo scorso gennaio, a causa dell’ingente distacco accumulato dalla vetta in campionato e della prematura eliminazione in Coppa del Re. Solo il passaggio del turno contro il PSG negli ottavi di Champions League ha permesso a Zizou di puntellare la panchina e di volare verso la terza Coppa dei Campioni consecutiva sua e del Real.

Ma, paradossalmente, la profonda crisi attuale dei tredici volte campioni d’Europa affonda le radici proprio nella notte di Kiev. Le dichiarazioni rilasciate a caldo da Cristiano Ronaldo dopo il fischio finale hanno accesso la miccia, divenuta un vero e proprio incendio prima con le dimissioni di Zidane, poi con la cessione di CR7 alla Juventus e infine con il mal di pancia di Modrić, a lungo avvicinato all’Inter durante l’estate. Tutti segnali del probabile esaurirsi dello strepitoso ciclo dei Blancos, ma che Florentino Pérez non è stato in grado di cogliere.

Julen Lopetegui si è ritrovato catapultato in una situazione di difficile gestione, con un organico quasi immutato rispetto agli scorsi anni, eccezion fatta per Courtois (schierato, però, solo in Liga, dal momento che in Europa il titolare è Keylor Navas), Odriozola, costato 30 milioni, e Mariano Díaz, riacquistato dal Lione e incautamente designato come erede della maglia numero 7 di Ronaldo.

Il primo campanello d’allarme era suonato già a metà agosto, con la prima finale internazione persa dopo 18 anni nel derby di Supercoppa Europea contro l’Atlético. Il successivo avvio zoppicante in Liga, culminato con la débâcle del Camp Nou, terza sconfitta consecutiva e quarta nelle ultime cinque giornate (nel mezzo anche il KO di Mosca contro il CSKA in Champions), ha posto fine alla terza avventura madrilena (portiere e allenatore sia del Castilla sia del Real) di Lopetegui, il quale ha chiuso nel peggiore dei modi quattro mesi e mezzo da incubo: il 13 giugno era arrivato un altro esonero, deciso dalla Federazione Spagnola ad appena due giorni dall’esordio mondiale delle Furie Rosse proprio per via dell’ufficializzazione dell’accordo tra le Merengues e il tecnico, sebbene quest’ultimo, imbattuto nelle venti panchine con la Roja, avesse da poco prolungato il contratto con la Nazionale.

Al suo posto Pérez aveva deciso di ingaggiare Antonio Conte, al quale sarebbe stato offerto un triennale da circa 10 milioni a stagione. Il tecnico italiano corrispondeva pienamente all’identikit necessario per provare a dare nuova linfa al Real: grinta, carattere, etica del lavoro e la comprovata capacità di rilanciare situazioni considerate disperate, come dimostrato con le vittorie juventine post Calciopoli, con l’impresa sfiorata agli Europei del 2016 alla guida di una modesta Nazionale italiana e con la Premier conquistata al Chelsea, giunto decimo nell’annata precedente.

Apparentemente una proposta irrinunciabile, rifiutata, tuttavia, da Conte. La causa del “no” risiede nelle parole pronunciate da Sergio Ramos dopo il 5-1 subito dal Barça: “Conte? Il rispetto si guadagna, non si impone. Abbiamo vinto tanto con allenatori che conoscete bene. Alla fine la gestione dello spogliatoio è più importante delle conoscenze tattiche di un allenatore”. Un giudizio netto quello esposto dal capitano dei Blancos, maturato dopo aver parlato con i compagni di Nazionale Álvaro Morata e Diego Costa (messo fuori rosa proprio dall’allenatore pugliese lo scorso anno al Chelsea) e con Courtois, un altro che con il tre volte vincitore della Panchina d’Oro non ha avuto un buon rapporto nel biennio Blues.
Inoltre, Conte non sarebbe stato del tutto convinto dalla possibilità di prendere a stagione in corso una squadra al nono posto in Liga e già a 7 punti dal Barcellona capolista, con la prospettiva, dunque, di avere tutto da perdere e di bruciarsi la possibile chiamata della vita da un top club europeo.

Sfumato l’italiano, la possibilità più concreta per Pérez si chiama Roberto Martínez, attuale CT del Belgio, con cui è giunto terzo all’ultimo Mondiale, anche se il sogno del presidente, in realtà, è José Mourinho, già sulla panchina del Real tra il 2010 e il 2013 e ormai al capolinea della sua esperienza al Manchester United.

In attesa di dipanare l’intricata matassa, la panchina è stata affidata a Santiago Solari, promosso dal Castilla come avvenne nel gennaio 2016 per Zidane.
E chissà che proprio il ricordo dei successi dell’inesperto Zizou o del traghettatore del Bosque, subentrato a Toshack nel novembre 1999 e confermato dopo aver regalato l’ottava Champions League ai madrileni nel maggio successivo, non spinga Florentino a rendere definitiva la nomina di Solari. Si sa che nel calcio la cabala e la superstizione hanno sempre avuto un peso enorme.

Stefano Scarinzi
31 ottobre 2018

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