Guardare avanti per non restare indietro: un dibattito sul lavoro del futuro
La sintesi di Saro Freni della tappa romana di presentazione del Volume “Europa 4.0 Il futuro è già qui” della Collana Europalab di Prospettiva Europea.
Europa ed innovazione. Sono state le parole più citate, durante la presentazione del libro Europa 4.0. Il futuro è già qui, che si è tenuta il 3 luglio a Roma presso la sede del Sindacato Libero Scrittori Italiani.
Roberto Giuliani – che ha curato il volume, assieme a Paolo Carotenuto – ha voluto illustrare il senso generale del progetto, di cui questa pubblicazione è solo un passaggio: “Questo volume è il primo di una collana: la collana Europalab, che abbiamo fatto insieme alla casa editrice Livingston, del gruppo Caffè Orchidea, una start up della provincia di Salerno.” Giuliani è presidente di Prospettiva Europea, un’associazione che “nasce nel 2011 e mette insieme un gruppo di professionisti con diverse esperienze, con diversi background formativi.”
Il libro rispecchia questa impostazione. È un volume collettaneo, nel quale la questione dell’innovazione viene affrontata da punti di vista diversi, e con diversi strumenti interpretativi. “Abbiamo venti saggi per analizzare questo futuro che è già qui. Sono trasformazioni in atto, sono trasformazioni che hanno già avuto il loro impatto. Probabilmente, non è facile leggerlo, questo impatto. Con questo libro vogliamo dare il nostro piccolo contributo a questa lettura. E lo facciamo da differenti angolazioni: parliamo di innovazione, di una nuova cultura del lavoro, di come cambia il lavoro, come cambia la formazione: oggi parliamo soprattutto di nuove competenze, perché quando parliamo di nuovo scenario e di nuove opportunità, è fondamentale cogliere quali sono le competenze necessarie per poter accogliere questa sfida.”
Giuliani ha poi affrontato il tema della progettazione, un’attività che “richiede competenze trasversali, perché fondamentalmente bisogna mettere insieme un gruppo di lavoro attorno ad obiettivi comuni, prendere un’idea, un’intuizione, e trasformarla in una concreta progettualità.” Quanto all’importanza della dimensione europea, Giuliani ha spiegato che esistono, a suo giudizio, “tre livelli di identità: locale, nazionale, europea. Non sono assolutamente in contraddizione. L’Europa – ne siamo convinti – è la culla dell’innovazione. Jeremy Rifkin – autore che citiamo spesso nel libro – sottolinea, pur essendo americano, come sia l’Europa l’area fondamentale in questo ambito, nonostante molti suoi connazionali la considerino solo un bel museo da vedere per le vacanze.”
Giacomo Bandini – direttore di Competere – ha parlato dei quattro macro-trend in atto che emergono dalla lettura del libro: l’economia on demand; l’interconnessione; lo sviluppo delle nuove competenze, senza le quali l’industria 4.0 non può funzionare; la cybersecurity. “L’Europa non deve porsi come gigante che impone delle policy che gli stati devono seguire, omogeneizzando tutto il sistema produttivo europeo.” Al contrario, è opportuno “valorizzare le identità nazionali: il sistema produttivo italiano sarà necessariamente diverso dal sistema produttivo portoghese o spagnolo o francese o polacco. E cercare di omogeneizzare il tutto con una serie di politiche non è neanche funzionale a creare competitività all’interno del sistema, e di conseguenza anche all’esterno.” Quanto all’Italia, per Bandini bisogna scardinare cattive abitudini e radicate prevenzioni. “In economia c’è un termine – path dependency, ovvero la dipendenza dal sentiero – che spiega molto bene perché alcuni stati non riescano a stare al passo di altri per delle resistenze interne che ostacolano il cambiamento. In Italia, è una pratica diffusa: la nostra path dependency ha fatto sì che sviluppassimo un sistema che, nel tempo, ci ha resi sempre meno competitivi.”
Ciro Cafiero – avvocato giuslavorista e docente di diritto del lavoro – si è soffermato sulla questione del decent work, il lavoro dignitoso, che in Italia “non è possibile garantire, per una serie di lacci e lacciuoli.” Questo tema si intreccia con quello dell’innovazione e si connette con le “tutele che l’Europa sta offrendo, perché i lavoratori della nuova era sono proprio quei lavoratori che cercano quelle tutele basilari – perché svolgono attività di lavoro disintermediato dalla tecnologia – che il nostro ordinamento non riesce ancora ad offrire, se non grazie all’Europa.”
Cafiero ha fatto un accenno al problema demografico, “che richiederà un’attività di servizi molto spinta, perché – se la natalità decresce, non ci sono figli e il nostro paese sceglie di non investire in robotica, per quella che si chiama la roboetica, una scienza che cerca di contemperare le esigenze della macchina con quelle dell’uomo e di evitare il prevalere della macchina sull’uomo – dovrà servirsi delle giovani leve – che non ci sono – per assistere gli anziani.” Da questo punto di vista, secondo Cafiero, la gig economy potrà giocare un ruolo rilevante, perché “l’anziano, connesso ad una piattaforma, potrà richiedere con un semplice clic tutti i servizi di assistenza di cui ha bisogno.”
Mario Angiolillo – direttore dell’osservatorio relazioni EU-UK-USA di The Smart Institute – ha parlato delle “prospettive di sviluppo offerte alle piccole e medie imprese dall’internazionalizzazione e dalle nuove tecnologie.” Ha messo anche in luce l’insufficiente livello di capitalizzazione delle aziende e le difficoltà legate all’accesso al credito: due fattori che le penalizzano anche nella competizione internazionale. Questo problema può essere risolto – a suo giudizio – attraverso dei sistemi di equity crowdfunding o di lending peer to peer. Sono strumenti nuovi, che potrebbero determinare “una crescita del settore industriale”, anche perché “la piccola e media impresa italiana sopravvive e cresce quando è in grado di rendersi attuale, sia in termini di utilizzo delle nuove tecnologie sia in termini di penetrazione di nuovi mercati. Invece soccombe quando si chiude all’interno del mercato domestico.” Da questo punto di vista, è importante aggiornarsi e adeguarsi alle nuove esigenze, anche attraverso un appropriato percorso di formazione in azienda e ricorrendo quando necessario a consulenze esterne.
Vittorio Calaprice – membro della rappresentanza della Commissione europea in Italia – ha affermato che “l’innovazione fa parte del Dna delle politiche dell’Unione Europea.” Si è poi augurato che nella prossima programmazione ci sia la massima attenzione a questi temi. Per far ciò, è necessario un impegno dei decisori politici.
In conclusione, è intervenuto Franco Chiarenza, a lungo giornalista della Rai, che ha evidenziato i limiti strategici e culturali delle classi politiche al governo – di oggi ma non solo di oggi – che preferiscono “guardarsi indietro, invece di guardare avanti. Io sono uno storico, e so che nella storia hanno sempre vinto quelli che erano capaci di guardare avanti, oltre gli interessi immediati.” Ha poi parlato di “un cambiamento epocale, che non si può frenare, perché è un fenomeno culturale, che va interpretato, governato, cercando delle soluzioni che siano compatibili con queste nuove culture emergenti, che sono anche le culture dei nostri giovani.” L’innovazione potrebbe poi essere uno strumento di riscatto per il nostro sud. “È l’unica speranza per il mezzogiorno, che altrimenti diventerà un parco turistico. E rischia di non essere neanche questo, nel futuro, perché anche per gestire un parco turistico bisogna avere delle visioni innovative.”
Saro Freni, iliberali.org
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