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Dr. Jekyll e Mr. Hyde

allegriGiocando la partita perfetta, la Juventus ribalta l’Atlético Madrid e torna di prepotenza nel novero delle favorite per la vittoria della Champions League.

Diceva Agatha Christie: “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”.
E, nell’intricato caso della “Vecchia Signora”, gli indizi erano proprio tre: il primo, scatenante, ha una data, un orario e un luogo precisi: 20 febbraio 2019, ore 23, stadio Wanda Metropolitano di Madrid, dove l’Atlético ha appena sconfitto con un netto 2-0 la Juventus; il secondo, probabilmente causato dal primo, è di tipo tecnologico e consiste nella chiusura dei propri profili social da parte di Massimiliano Allegri, da sempre molto attivo sui mezzi di comunicazione, ma, a detta di tanti, stanco dei continui insulti ricevuti; il terzo riguarda le dichiarazioni rilasciate nella conferenza stampa successiva alla gara di campionato con l’Udinese, ultimo match prima del ritorno con i Colchoneros, dallo stesso allenatore livornese: “Il rapporto con la Juve è intatto, ma le storie prima o poi finiscono. Dopo quattro anni al Milan è finita, sono qui da cinque. Spero di continuare, ma vedremo”.

Ed ecco moltiplicarsi le voci sui suoi possibili sostituti sulla panchina bianconera: Pep Guardiola, Zinédine Zidane, Jürgen Klopp, addirittura Antonio Conte, colui che Allegri sostituì, tra il malcontento generale, nell’estate 2014, a ritiro precampionato già iniziato. E pazienza se in poco meno di cinque anni alla Juventus Max abbia vinto quattro (quasi cinque) scudetti, quattro Coppe Italia di fila e due Supercoppe Italiane, portando inoltre la Vecchia Signora due volte in finale di Champions, come lui stesso ha tenuto a ribadire in queste ultime tumultuose settimane: “Quando sono arrivato, c’era gente che aveva paura di giocare con il Malmö”.

Troppo pesante il KO del Wanda Metropolitano, troppo deprimente l’idea di dover abbandonare la competizione più importante d’Europa agli ottavi di finale proprio nell’anno in cui la società ha investito tanto per portare a Torino Cristiano Ronaldo, padrone indiscusso della competizione che spesso aveva fatto male alla Juve e ad Allegri. Nemmeno l’ottavo scudetto consecutivo conquistato a suon di record sarebbe bastato a cancellare la ferita di un’eventuale eliminazione così precoce.

Le premesse in vista del ritorno contro la squadra del “Cholo” Simeone, dunque, erano tutt’altro che positive, anche per le modalità con cui era maturata la sconfitta di Madrid, con il tecnico livornese salito sul banco degli imputati. Difficile da spiegare la rinuncia a João Cancelo in luogo di Mattia De Sciglio, soprattutto in considerazione delle dichiarazioni di Allegri di appena 24 ore prima: “Mi aspetto un gol, meglio se sono due”. Il 2-0 finale, anche stretto per Griezmann e compagni, è stato figlio principalmente dell’atteggiamento delle due squadre, con l’Atlético che ha manifestato di avere gli attributi mostrati da Simeone dopo il momentaneo 1-0 di Giménez e con la Juve, al contrario, che ha fatto fatica a imbastire azioni offensive, lasciando isolato in attacco CR7.

Eppure nel calcio basta poco per cancellare ciò che si è fatto fino a quel momento, nel bene e nel male. I 90 minuti di Torino hanno permesso alla Juve di togliersi di dosso tutte quelle “scorie” (come le aveva chiamate Allegri) del post Madrid che avevano condizionato anche i successivi impegni di campionato, in cui, pur vincendo e di fatto chiudendo definitivamente il discorso scudetto, i bianconeri avevano sofferto molto a Bologna e a Napoli sia a livello fisico sia a livello mentale.

“Dopo parecchie ore di lavoro accanito e penoso, lo spirito creatore si libera ad un tratto dal peso di tutti gli ostacoli, e diventa, in qualche modo, la preda di una strana spontaneità di concezione e di esecuzione. La mano che scrive sembra staccarsi dal corpo e si prolunga in libertà assai lungi dal cervello, che, anch’esso in qualche modo staccato dal corpo e divenuto aereo, guarda dall’alto, con una terribile lucidità, le frasi inattese che escono dalla penna”. La citazione di uno dei tre “manifesti tecnici” futuristi redatti da Filippo Tommaso Marinetti oltre un secolo fa esprime alla perfezione il miglior pregio che caratterizza Massimiliano Allegri: l’intuizione.

Ecco servite allora le mosse decisive nel 3-0 all’Atlético: innanzitutto, la posizione di Emre Can, che ha disputato la miglior gara della sua stagione affiancando Bonucci e Chiellini in un’inedita difesa a 3. Questa mossa ha garantito maggiore copertura in fase difensiva, con costanti raddoppi sull’ex Morata, ma, soprattutto, ha esponenzialmente aumentato la qualità della circolazione palla dal basso, eliminando in tal modo le difficoltà evidenziate nella gara di andata. Si è vista, pertanto, una squadra fluida, partita con un teorico 3-4-1-2, ma capace di adattarsi a ogni esigenza richiesta dalla partita.

La seconda intuizione è stata la scelta di Leonardo Spinazzola, all’esordio assoluto in Champions League e con alle spalle appena quattro presenze stagionali. L’ex giocatore dell’Atalanta, insieme a Cancelo, ha dato ampiezza all’intera manovra, allargando le maglie difensive dei Colchoneros. Qualità e quantità: 32 cross complessivi nell’area avversaria, di cui la metà effettuati dai due terzini (8 a testa).

Infine, la scelta di Federico Bernardeschi, anch’egli alla miglior gara della sua carriera. L’assist dell’1-0 per Cristiano Ronaldo, la spettacolare azione che ha portato lo stesso CR7 sul dischetto per il definitivo 3-0, e, in generale, una presenza continua che ha messo in enorme difficoltà l’intero sistema difensivo della squadra del “Cholo”.

Inoltre, a differenza delle trasferte a Monaco di Baviera nel 2016 e a Madrid nel 2018, universalmente riconosciute come le migliori performance europee della sua Juve, Allegri ha mostrato maggior coraggio nelle sostituzioni e nella lettura della gara. Se contro Bayern e Real il tecnico livornese, dopo essere andato in vantaggio, aveva attuato una tattica attendista, portando la squadra ad abbassare eccessivamente il proprio baricentro e a subire beffarde eliminazioni a pochi secondi dalla fine, nel match con l’Atlético, anche dopo il 2-0, l’atteggiamento è sempre stato volto alla ricerca del gol qualificazione, come dimostrano gli ingressi di Dybala al posto di uno stremato Spinazzola e del giovanissimo Moise Kean, in gran forma dopo la doppietta all’Udinese, per Mandžukić, a cui Max non rinuncia praticamente mai.

Ritmo, intensità, tecnica e dominio del gioco: riuscire ad avere queste prerogative in entrambe le partite a eliminazione diretta potrebbe essere il giusto viatico per arrivare fino in fondo e provare a tramutare la magnifica ossessione in un sogno, riportando nella bacheca juventina una coppa che manca ormai da 23 anni.

Stefano Scarinzi
17 marzo 2019

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