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Con la Russia, c’eravamo tanto amati…

Russia La riflessione dell’Ambasciatore Guido Lenzi, sui rapporti tra Europa e Russia, pubblicata sulla rivista Libro Aperto.

Dopo le tante speranze di ‘fine della Storia’suscitate dall’incruenta caduta del Muro di Berlino, la geopolitica pare essere tornata alla ribalta in tutta la sua virulenza. Bloccate per decenni dallo scontro bipolare, le Nazioni Unite non sono riuscite a riappropriarsi delle loro originarie funzioni di “Parlamento dell’uomo”, nell’affrontare, gestire, tanto meno risolvere alcuna delle crisi affastellatesi, in questo dopo-Guerra fredda, in un inestricabile groviglio. Si assiste, interdetti, ad un ritorno delle antiche impostazioni antagonistiche, proprie della visione realistica invece che di quella idealistica, collaborativa, dei rapporti internazionali.
Una visione, quest’ultima, che l’Occidente aveva impostato alla luce della devastante esperienza dei due conflitti mondiali, ma che, per poter essere proposta e diffusa globalmente, non può prescindere dalla partecipazione di una Russia che,pur rinunciando all’ideologia sovietica, ha invece recuperato l’antico suo manto nazionalista. In un messianesimoche, da rivoluzionario, è diventato reazionario, nazionalista. Continuando, sia pur diversamente, a contrapporsi al resto dell’Europa della quale, come ai tempi del ‘Grande Scisma d’Oriente’ di mille anni fa, denuncia il lassismo e la depravazione dei costumi.
In Italia, per un antico riflesso condizionato, si continua a leggere i rapporti con Mosca attraverso la lente della contrapposizione bipolare con Washington, della quale l’Europa sarebbe tuttora condizionata. All’America,e all’Unione europea in posizione ancillare, si imputa da noi il deliberato tentativo di umiliare l’antico antagonista, in particolare con gli ‘sconsiderati’‘allargamenti’ della NATO e dell’Unione europea nellezone di antico predominiorusso.Al cospetto dell’atteggiamento di Mosca che turba il nostro quieto vivere, i nostri commentatori politici (da Romano a Venturini, a Caracciolo, persino al filosofo Severino; non così Panebianco) ne rimpiangono la fine. Una valutazione che contrasta con lo smarrimento di quantidella Ostpolitik dei tempi di Brandt avevano fatto la loro bandiera. Quella Ostpolitik che, anche attraverso l’Atto di Helsinki, ha gradualmente disintegrato la contrapposizione Est-Ovest.
Si trascura che il Muro non fu abbattuto da alcuna prova di forza militare, bensì crollò per lo sfinimento politico ed economico dell’Unione Sovietica; una circostanza che Gorbaciov(con accenti wilsoniani, appellandosi agli “interessi comuni dell’umanità”), Eltsin(disordinatamente, favorendo il regime degli oligarchi), e lo stesso Putin (inizialmente)riconobbero pubblicamente, sollecitando la collaborazione dell’Occidente. Incapace di riformarsi per adattarsi al corso degli eventi mondiali, la nuova Russia ha invece poi finito coll’autoemarginarsi, in un esasperato istinto difensivo diventato aggressivo.
La sola Germania, che con Mosca ha convissuto intimamente durante l’intero dopoguerra, esprime apertamente la cocente delusione che l’intera Europa risente. LaCancellieraMerkel, affranta, afferma che “la Russia è fuori della Storia”, aggiungendo che “la criminale e illegale annessione della Crimea e la guerra in Ucraina orientale hanno gravemente compromesso la nostra collaborazione”. L’inviato speciale tedesco per i rapporti con la Russia constatasconsolato che “tutto quello che abbiamo tentato di costruire in questi ultimi venticinque anni si sta dissolvendo”.Anche Washington, dopo aver invano tentato di impostare un nuovo rapporto (reset) con Mosca, si attiene alla politica del bastone e della carota (speaksoftly and carry a big stick) di Teddy Roosevelt,insistendo sulle sanzioni per l’annessione della Crimea ma continuando a tenere la porta aperta(come dimostrato in particolaredall’incontro di Kerry con Putin a Sochi, lontano dalle celebrazioni sulla Piazza Rossa disertate dagli esponenti occidentali).
Superando le tante nostre commozioni interne, il Primo Ministro Renzifa costante esplicito riferimentoal rapporto privilegiato tedesco-americano. Eppure i nostri organi di informazione, in altre faccende affaccendati, ricorrendo a scorciatoie mentali che fanno piazza pulita dei più articolati ragionamenti del tempo della guerra fredda, continuano a dissentire dall’atteggiamento prevalente fra i nostri partner. Ripetendo le solite benevole litanie nei confronti di Mosca, alimentando i serpeggianti sentimenti anti-americani e anti-tedeschi coll’imputare all’Occidente di aver intenzionalmente messo la Russia con le spalle al muro, e provocato pertanto l’attuale sua intransigente ed aggressiva reazione. Una posizione eccentrica, che ci isola da Bruxelles e da Washington, proprio nel momento in cui, nel rimescolamento delle carte a livello mondiale, avremmo maggior bisogno di procedere in loro compagnia, criticamente se necessario, ma senza dare l’impressione di indulgere nei soliti nostri ‘giri di valzer’. Dovremmo semmai poter dimostrare l’efficacia del nostro asserito rapporto privilegiato con Mosca.
La crisi ucraina non è l’unico sopravvenuto punto di attrito.Dopo aver tentato per un quarto di secolo di integrarsi all’Occidente,la Russia si è di nuovo asserragliata nella sua collocazione dicontraltare, non di anello di collegamento fra Est e Ovest.Innalzando di fattouna nuova ‘cortina’ mentre, per prosperare e contribuire ad una ricomposizione del sistema europeo e globale, la Russia e l’Europa hanno oggi più che mai bisogno l’una dell’altra.Bisognerebbe quindi mettere al bando le reciproche accuse per fare spazio ad analisi razionali su come riprendere il cammino avviato,non tanto nel lontano 1975, al momento dell’Atto di Helsinki al quale si possono attribuire le prime crepe nel Muro, quanto nel fatidico 1989 che ne vide il crollo.Un cammino che il Cremlino sembra aver deciso di non percorrere più assieme.
Lamentandosi della “ingiustizia storica” che la Russia avrebbe subito, Putin rinnega apertamente l’operato dei suoi immediati predecessori, riallacciandosi alla ferrea logica staliniana invece di procedere a quella introspezione catartica che la ‘Santa Russia’, sola fra le nazioni di questo mondo, rilutta ancora a compiere.A parte Pietro il Grande e, a suo modo, Caterina, è dai tempi di Alessandro I, ispiratore della ‘Santa Alleanza’ dopo le scorribande di Napoleone, che la Russia non partecipa più al cantiere europeo. Isolata dai movimenti,Umanesimo, Riforma, Controriforma, Illuminismo, che hanno creato la civiltà occidentale, passata bruscamente dal Medioevo al Romanticismo, la Russia è tuttora priva della linfa vitale che contraddistingue le altre nazioni europee. La sua specifica identità, la sua ‘eccezionalità’ storica e culturale (nazione o impero?), descritta dai nostri de Custine, de Maistre, Paléologue, enfatizzata nell’Ottocento dagli stessi Dostoyevski, Tolstoi e, ai nostri tempi, da Solgenitsin, viene ora rivendicata da Putin per giustificare il proprio comportamento, farsi giustizia da sé e riscuotere un ampio consenso interno, in una società civile storicamente succube, diventata clientelare. Un ripiegamento che, ai giorni nostri, comporta però l’autoemarginazione dal corso della Storia nella sua configurazione ‘post-moderna’. Dopo la prolungata devastante era sovietica, il “Che fare?” di Lenin torna a proporsi in tutta la sua drammaticità.
Gli avvenimenti recenti hanno ripetutamente dimostrato come la forza militare non è più determinante né risolutiva, e l’antico equilibrio di potenza non è pertanto più in grado di funzionare come elemento stabilizzatore. Il nuovo ‘mondo liquido’, così ben descritto da Bauman,impone la ricerca di soluzioni compartecipative, verso esiti condivisi, dalle quali grandi e piccoli possano parimenti, anche se diversamente, beneficiare. Si dovrebbe pertanto trovare il modo di tornare alla casella di partenza del 1945, quando, a San Francisco, fu firmata la Carta delle Nazioni Unite, la cui ragion d’essere Mosca continua a rinnegare.
Senza lasciarci coinvolgere nel dibattito stantio, e strumentale, di chi abbia provocato chi e
cosa, può valer la pena di ripercorrere il corso degli eventi che hanno fatto seguito alla caduta del Muro e ai conseguenti reciproci comportamenti. Uscire dal pot-pourri di considerazioni, alimentate da Mosca, che obnubilano la retta via.Una scorsa alla cronologia che compare alla fine di queste considerazioni dovrebbe rinfrescare la memoria.
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Non militarmente sconfitta ma politicamente ridimensionata nelle sue ambizioni di politica estera, la nuova Russia aveva inizialmente cercato nella collaborazione con l’Occidente le formule per salvaguardare altrimenti la sua parità di status nel nuovo assetto strategico europeo. Basterebbe rileggere le ripetute affermazioni di Gorbaciov sulla necessità di contribuire alla ricomposizione del sistema internazionale: da quelle del 7 dicembre 1988 alla tribuna delle Nazioni Unite, quando affermò la sua dedizione al sistema multilaterale invece che bipolare, fino al 25 dicembre del 1991 quandosi dimise dalla Presidenza dell’URSS. Eltsin ne seguì le orme (“che le varie regioni si approprino di tutte le libertà che ritengono di poter ingurgitare”), nel tentativo, soltanto parzialmente riuscito, di tener in piedi un qualche sistema federativo.
Individuare l’origine del contrasto fra Mosca e Washington nel mancato rispetto dell’impegno di non estendere l’ambito della NATO trascura il fatto che esso fu preso nei confronti dell’Unione Sovietica prima che la sua dissoluzione alterasse radicalmente la situazione politico-strategica europea, inducendo una serie di Stati a rivolgersi all’Alleanza atlantica a protezione della loro nuova indipendenza (oltre che all’Unione europea per la loro prosperità). Se lo schieramento euro-americano può attribuirsi qualche colpa nella conduzione del post-Guerra fredda, si dovrebbe semmai argomentare che ebbero l’ingenuità di prendere alla lettera i pronunciamenti di Gorbaciov (Premio Nobel per la Pace nel 1990) prima e dopo la caduta del Muro e del suo successore Eltsin, quando invocavano la reintegrazione continentale, basata sui condivisi valori e propositi politici della “ritrovata comune civiltà europea”. Concetti politici registrati dall’OSCE nella ‘Carta di Parigi per una Nuova Europa’ del 1990, subito dopo la caduta del Muro, e ribadite nella ‘Carta per la Sicurezza Europea’ adottataad Istanbul nel 1999, subito prima dell’avvento di Putin.Due date che delimitarono un idillio presto svanito.
Con gli Stati Uniti, Gorbaciov aveva avviato un dialogo politico globale e con l’Europa intrapreso la strada verso quella che lui stesso aveva definito la ricostruzione di una “casa comune”. Le dichiarate intenzioni della sua perestroika, che non avrebbe potuto realizzarsi se non in collaborazione con l’occidente euro-americano, vennero subito raccolte. La Russia fu inclusa in tutti (dicesi tutti) i gruppi ristretti destinati a ricomporre il sistema internazionale: da quello ‘di contatto’ nei Balcani al ‘quartetto’ (comprendente Russia, USA, ONU e UE) per il Medioriente, al 5+1 con l’Iran. Gorbaciov vennesubito invitato al G7 di Londra del 1991, Eltsin a quelli di Monaco di Baviera del 1992 e di Tokyo del 1993, sia pure soltanto per scambi di vedute a riunione conclusa. Nel 1994, sotto Presidenza italiana,venne associata alla parte politica di quello di Napoli, che avviò il G8. Dal canto suo, nel giugno di quel medesimo anno, al Vertice di Colonia, l’Unione europea impostò con Mosca un ‘partenariato strategico per la pace e sicurezza in Europa e nel mondo’.Nel 1996,venne ammessa nel Consiglio d’Europa, l’organizzazione che custodisce e promuove il diritto pubblico continentale.
Le cose si complicaronodurante la crisi in Jugoslavia, deteriorandosi bruscamentenel 1999 con la guerra in Kosovo. E’ nei Balcani occidentali piuttosto che lungo la sua ‘fascia di sicurezza’ in Europa orientale, che Mosca ha risentito il trauma maggiore del post-guerra fredda. Mentre il Consiglio europeodichiarava “indispensabile” una stretta collaborazione con Mosca, e il Segretario generale della NATO Robertsonla giudicò “assolutamente positiva”,gli accordi di Rambouillet imposti al serbo Milosevic provocarono un sussulto al Cremlino: la secolare solidarietà della Russia con il mondo serbo-ortodosso si ritenne lesa da quella che venne considerata una imposizione militare occidentale in una regione di suo storico precipuo interesse.La presenza di Mosca nel ‘gruppo di contatto’ per le questioni balcaniche le avrebbe consentito di farlo valere, ma non se ne avvalse: traumatico a tale proposito fu l’episodio dell’occupazione dell’aeroporto di Pristina ad opera del contingente russo, poi ritiratosi dalla partecipazione all’intera operazione multilaterale nella regione.
Al suo avvento, anche Putin aveva dichiarato il suo attaccamento all’Europa, che definì “culla della democrazia e della civiltà, uno dei più importanti poli dell’emergente mondo multipolare” e, in quanto tale, “partner strategico della Russia”. Un’attenta analisi dell’evoluzione dei rapporti con la Russia dalla perestroika in poi dovrebbe dimostrare che l’inversione di rotta operata da Putin è da attribuire al fatto che, incapace di adattarsi alla risistemazione continentale, limitandosi a reagire alle iniziative altrui, il Cremlino ha finito col trovarsi in quella posizione subordinata che ora imputa alle ‘prevaricazioni occidentali’. Sullo stesso piano interno, Putin si rese presto conto della difficoltà di procedere a quelle riforme istituzionali che, sole, avrebbe potuto consentire alla Russia di tenere il passo con i tumultuosi cambiamenti continentali. Ci siamo ormai resi conto che vi sono delle aree nel mondo dove soltanto una autocrazia (la ‘autonomia sovrana’, si dice a Mosca) può assicurare un certo grado di stabilità e prevedibilità; non staticamente, però, bensì purché convergano verso un qualche scopo comune. Lo ha capito Pechino; lo stanno capendo il mondo arabo e quello africano; dovrebbe rendersene conto anche Mosca.
Vi fu un momento in cui le cose parvero potersi rimettere in carreggiata. Nel suo interregno dopo il secondo quadriennio di Putin, Medvedev affermò la necessità di eliminare la corruzione, diversificare l’economia, costruire lo stato di diritto e garantire la libertà di espressione, affermando che “la Russia deve diventare un paese nel quale la popolazione assuma un ruolo più attivo nella vita politica nazionale”. Nel 2011, con accenti gorbacioviani, propose all’UE un ‘partenariato per la modernizzazione’, dicendo che “la nostalgia non deve guidare la nostra politica estera; il nostro scopo strategico di lungo termine è la modernizzazione della Russia; sulla maggior parte delle questioni abbiamo posizioni identiche o molto vicine all’Europa”. A tale proposito, il nuovo Presidente russo affiancò la proposta di una ‘nuova architettura di sicurezza europea’, che avrebbe dovuto sostituirsi alla NATO. Un’operazione che avrebbe dovuto semmai essere adeguatamente predisposta, anche in ambito OSCE, organizzazione nella quale Mosca dispone di una posizione di assoluta parità (e che rimane l’unico suo residuo appiglio all’Europa). L’intervento in Georgia nell’agosto del 2008 mandò il tutto a gambe all’aria.Senza seguito si rivelò l’intenzione dichiarata da Obama e Medvedev di reset i reciproci rapporti.
Pretestuosoè che la Russia abbia invocatoil ‘precedente’ dell’indipendenza kosovara come giustificazione per i suoi interventi in Georgia e poi in Ucraina, con le secessioni territoriali che ha provocato. Incurante del fatto che in Kosovo era in atto la persecuzione di una minoranza etnica;che si trattò di un intervento multilaterale, comprendente anche la Russia, con il concorso di tutte le organizzazioni internazionali, ONU, UE, NATO, OSCE, Consiglio d’Europa, che continuano a prodigarvisiassicurando la legittimità della presenza internazionale;che nessuno ha annesso quel territorio: circostanze tutte che non hanno alcuna corrispondenza con quelle strumentalizzate unilateralmente da Mosca in Georgia e in Ucraina. Si dovrebbe semmai ricordare che laguerra in Cecenia,considerata (pro bono pacis!)‘questione interna’, non provocòinterferenze occidentali. E comunque che nel 1991 una riunione della CSCE, proprio a Mosca, aveva registrato che “gli affari interni di uno Stato non sono materia di sua esclusiva competenza”!.
Resuscitando l’antica psicosi nazionale dell’accerchiamento,dal suo ritorno al Cremlino nel 2012 Putin ha ostentatamente voltato le spalle all’Europa. Le pretese russe sul proprio ‘estero vicino’, definito ‘zona di influenza privilegiata’, paiono voler riesumare la dottrina brezhnevianadella ‘sovranità limitata’.Strumentalizzando a tal fine, in un evidente divide et impera, le varie crisi finora meramente ‘congelate’ lungo la nuova fascia di contiguità con l’Europa, in Moldova, Armenia, Georgia, in Nagorno-Karabakh, mantenendole inistato di precaria instabilità.Rifiutando il tentativo dell’UE, nel 2004,di elaborare un’agenda comune nei quattro ‘spazi comuni’ (economico; di libertà e giustizia; di sicurezza esterna; di ricerca e istruzione) del progetto di ‘accordo di partenariato strategico’ con Mosca. Dichiarazioni d’intenzioni reciproche che avrebbero potuto dare l’avvio alla politica estera e di sicurezza che molti invocano dall’UE, ma che non può certo dispiegarsi senza la corrispondenza del necessario interlocutore nella reintegrazione politica e strategica continentale. E’a Washington che Mosca continua a rivolgersi, anche attraverso l’’Unione europea, nel tentativo di dividere il campo occidentale e riesumarel’antico condominio esterno sulle questioni europee. Ma l’America guarda ormai altrove.
Messo alle strette, l’autocrate al Cremlino fa pertanto appello all’atavico animo russo, all‘antica eccezionalità della ‘Terza Roma’: “ci siamo resi conto –ha affermato- di quanto le nazioni euro-atlantiche stiano rinnegando le loro radici, ivi incluse i valori cristiani, e come invece la Russia sia ancora una civiltà di Stato, tenuta assieme dal popolo russo, dalla sua cultura e dalla Chiesa ortodossa”. Negli stessi libri di storia patria, Putin recupera l’eredità stalinista, nella scia della sua affermazione che la fine dell’Unione Sovietica è la più grande catastrofe del secolo scorso. Uno ‘scontro di civiltà’ fra europei, quindi! Un nuovo muro fra due concezioni filosofiche, con la cristianità ortodossa eretta ancora una volta a comune denominatore delle rinnovate ambizioni imperiali russe. Un filone identitario che si rifà alle antiche radici nazionali, riesumato dai ‘nuovifilosofi’ al Cremlino, quali Igor Sechin, Vladislav Surkov e Alexander Dugin, che le assurde polemiche occidentali sul rispetto dell’omosessualità in occasione dei giochi invernali di Sochi e a favore delle ‘Pussy Riot’ hanno inopportunamente alimentato, facilitando la denuncia del lassismo morale e politico dell’Occidente. Contro il quale la Russia si erge a difensore della Cristianità!(Si racconta però che, nel corso della sua seconda visita in Vaticano, Papa Francesco ha avrebbe detto a Putin “Le suggerirei di essere più sincero”).
Nel medesimo spirito è stata presentata la ‘guerra ibrida’ nell’Ucraina occidentale, che ha preso apretesto l’asserita tutela delle minoranze russe o russofone ovunque si trovino (anche nei Paesi baltici, in Moldova, in Asia centrale?). In Russia si fa inoltre leva sul contrasto, non più fra capitalismo e comunismo, bensì fra liberalismo e autocrazia, oltre che fra capitalismo di Stato e finanza globale. La spregiudicatezza di Putin ha finito col corteggiare persinogli estremisti e populisti di destra, in Francia, Spagna e Italia, oltre che nella Grecia ortodossa, incurante delle accuse di fascismo riversate sui ribelli ucraini di Piazza Maidan.Così facendo, e cercando sponde in Turchia, Cipro, Egitto, Mosca accentua il suo distacco dall’Europa, ricompatta la NATO sulle sue funzioni originarie, consolida la solidarietà in ambito UE. Ma indebolisce le Nazioni Unite, pur sollecitandone proformail concorso per poter meglio ostruirne l’azione, consapevole com’è di essere indispensabile per la soluzione delle varie crisi internazionali.
Continua comunque a non fare i conti con la propriastoria passata, anzi la esalta, senza alcuna introspezione autocritica e catartica, dimostrandosi anzi sprezzante delle considerazioni altrui. Il suo Vice Primo MinistroRogozin (già rappresentante presso la NATO) dichiara pubblicamente che “gli europei non ci accordano i visti di ingresso, ci comminano le sanzioni, ma i carri armati non hanno bisogno di visti”.L’apparentemente più mite Ministro degli Esteri Lavrov si limita ad affermare che “non riteniamo che il desiderio dei nostri vicini di rafforzare i legami con l’Europa sia una tragedia, purché non danneggino gli interessi russi”: una implicita ammissione delle divergenze fra questi ultimi e quelli del resto dei paesi europei. In politica estera quel che si dice è altrettanto importante di quel che si fa; o non si fa.
Le intenzioni della ‘nuova Russia’,giàesplicitate nel 2008 in Georgia, epoi ricorrentemente con la spada di Damocle commerciale ed energetica anche nei confronti della Moldova e dell’Ucraina, hanno avuto ripercussioni anche sulle nostre economie.Letanto contestate sanzioni deliberate dagli Stati Uniti e dall’Unione europea sono l’unico modo disponibile di esprimere la riprovazione della comunità internazionale al comportamento russo in violazione di tutte le norme di comportamento internazionali. Che esse ledano coloro che le hanno decretate ne rafforza il valore morale, se non necessariamente l’efficacia. Anche se a decretare l’ammissibilità dell’atteggiamento dei singoli Statici pensa ormai lo spread, non bisogna dimenticare che la legittimità del ricorso a tale strumento di pressione internazionale è comunque consacrata dallo Statuto dell’ONU.
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La crisi in Ucrainaha posto termine al ventennio di tentativi occidentali per reintegrare la Russia nel sistema di rapporti collaborativi a livello continentale e globale. In Ucraina, come sei anni prima in Georgia, l’Occidente si è dimostratoindisponibile a reagire colpo su colpo.Forse anche memore delle conseguenze delle mobilitazioni a catena di cent’anni fa,declassa tale ’guerra ibrida’da aggressione a incursione o invasione, sotto il ‘radar’ dell’Art.5, per non dover mettere in ‘codice rosso’ le predisposizioni della NATO. Si limita a disporre lo schieramento avanzato, a rotazione, di contingenti di intervento rapido,in funzione di rassicurazione e dissuasione, senza fornire alcun pretesto per un aggravamento della situazione sul terreno nel quale truppe prive di mostrine (“volontari in ferie”) si stanno invischiando.Nemmeno nel pieno della Guerra fredda, d’altronde, durante le crisi di Berlino, di Budapest, di Praga, lo schieramento occidentale accettò lo scontro frontale, fidando nell’opera di ‘contenimento’ propugnata da Kennan, che Obama definisce ora ‘pazienzastrategica’: “non vogliamo una guerra con la Russia –ha detto- ma dobbiamo esercitare una pressione costante”.
Mosca si inorgoglisce di aver dimostrato l’inconsistenza dell’embrionale ‘politica estera e di sicurezza’ dell’UE e di aver messo all’angolo un Presidente americano titubante. Dimentica però che la guerra fredda non è stata vinta da nessuno: è terminata per sfinimento. Nessuna resa senza condizioni, nessuna pretesa di riparazioni (piuttosto il contrario), nessuna amputazione territoriale. Ci si adoperò invece subito per distribuire i ‘dividendi della pace’, ricostruire la fiducia reciproca, ristabilire rapporti collaborativi a livello continentale, quali premesse per l’ulteriore gestione condivisa delle sopravvenute questioni trasversali (che della caduta del muro erano state la concausa).Il sistema globale evolve su binari ben diversi. Una convinzione alla quale l’Occidente e gli ‘Stati emergenti’ paiono volersi attenere; alla quale Putin tarda ad associarsi.
Il fatto fondamentale è che Mosca e l’Occidente sono ormai su due lunghezze d’onda diverse. Va peraltro considerato che il Cremlino teme non già la presunta aggressività militare della NATO, bensì la contaminazione socio-economica dell’Unione europea, portatore sano di molte malattie democratiche. Chi si preoccupa oggi di ricordare che l’allargamento dell’Unione a Ventotto è avvenuto a scapito dell’approfondimento dei suoi legami istituzionali interni,appesantendo il cammino verso una ‘sempre più stretta unione’ e complicando il sistema decisionale comune, allo scopo di colmare il vuoto strategico e politico verificatosi con la caduta del Muro. Ciò dovrebbe dimostrare la sua raggiunta consistenza politica (con i contraccolpi interni che esulano da queste considerazioni). Si trattò di un atto dovuto, stabilizzatore, imposto dalla disintegrazione del blocco sovietico; non, come il Cremlino ora sostiene, del deliberato proposito di Bruxelles di mortificarlo. Chi l’avrebbe mai detto che l’imbelle Unione europea sarebbestata accusata di aggressività, al punto di indurre la Russia a opporsi frontalmente all’intenzione dell’Ucraina di aderirvi!
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Alla luce di quanto precede, appare difficile accusare l’Occidente euro-americano di aver antagonizzato la Russia, al punto di averla indotta ad intervenire in Ucraina (e annettere la Crimea). Poco persuasivo è il ragionamento di chi sostiene che Putin continua a perseguire un rapporto paritario con l’Europa e l’Occidente. Specie da quando ha presentatoil progetto di ‘Unione euroasiatica’ (con Bielorussia, Kazakhstan, Armenia e Kirghizistan) e il rapporto con Pechino nel ‘Gruppo di Shanghai’(nel quale è evidente ‘socio di minoranza’) come alternative ai rapporti euro-americani che imputano all’Ucraina, alla Georgia, alla Moldova di voler perseguire a danno degli interessi strategici russi. Vi è da chiedersi in che modo, lungi da fungere come anello di collegamento fra Est e Ovest, la ricerca diuna alleanza politica alternativa con il gigante cinese possa corrispondere ai suoi interessi di lunga durata in Asia Centrale, l’altro suo vicinato, e nel mondo.
Geograficamente,è stato detto, Russia e Unione europea sono vicini di casa, ma sul piano geopolitico vivono in due secoli diversi. In altre parole, mentre l’Europa occidentale (con l’America) si proietta nel post-moderno, la Russia vive ancora in un’era pre-moderna, bloccata com’è fra Medioevo eRomanticismo, nella più tossica commistione fra le due epoche. Da nazione ridimensionata e in transizione, come tutte ormai, la Russia si è dichiaratamente posta ‘fuori legge’, in apertamente contestazione delle norme di comportamento generalmente accettate (persino dalla Cina). Uno Stato-rendita che, da co-protagonista quale vorrebbe tornare ad essere, si sta riducendo a fragile potenza regionale, rinchiusa in un vittimismo forse utile come mastice interno, ma poco adatto ad affrontare l’attuale situazione internazionale. Regredendoad un nazionalismo di stampo ottocentesco. Non più capofila della defunta Internazionale comunista, parrebbe volersi presentare come leader di un Terzo mondo disorientato dalle pressioni della globalizzazione, che afferma le sue diverse identità nazionali in opposizione al modello liberista e permissivista occidentale. Ma sempre in una posizione di preminenza nella stanza dei bottoni. Che gli stessi Stati asseritamente ‘emergenti’, i BRICS, non sono disposti a riconoscergli.
Abile tattico piuttosto che avveduto stratega, giocatore di poker piuttosto che di scacchi, Putin è ormai prigioniero di un avventurismo che compromette la sua ambizione di restituire alla Russia lo status di grande potenza. Revisionista non propositivo, in un mondo diventato multilaterale, in movimento, si è irrigidito a difesa di un potere anacronistico, solitario, apparentemente refrattario (non in grado?) di tenere il passo con l’andamento della Storia.Ragione di più per cercare modi e forme di collaborazione internazionale che nessuno al giorno d’oggi, né in Europa né altrove, potrebbe negargli.La sua apparente imperturbabile ostinazione denota una mancanza di quella politica multiforme, articolata, che i tempi richiedono, per non dover reagire caso per caso alle iniziative altrui. L’Occidente ha perso il suo principale interlocutore: la peggior situazione che poteva capitare a quella diplomazia del dialogoche molti invocano.
“Tutto della Russia – dice Kissinger- il suo assolutismo, le sue dimensioni, ambizioni e insicurezze globali,rappresenta una implicita sfida al concetto tradizionale europeo di ordine internazionale, costruito sull’equilibrio e il riserbo”.Ma l’Occidente, lo abbiamo detto, più che imbelle, non è più sulla lunghezza d’onda del Cremlino. Paradossalmente il problema, per Mosca, è come uscire dal vicolo cieco nel quale si è cacciato.In una società internazionale ormai spalancata, non è più questione di diatribe fra occidentalisti e slavofili, né tanto meno fra russi, russofoni e russofili. Le sollecitazioni del mondo circostante dovrebbero poter stanare col tempo ‘madre Russia’ dalle sue antiche psicosi. Per il momento, in Europa, come con un orso capitato chissà come in salotto, bisogna trattarlo con tutti i riguardi ad evitare che provochi troppi danni.
Bisogna quindi tentare di andare oltre la Crimea, dove la Russia si è impantanata, sollecitandone l’attivo coinvolgimento in altre questioni internazionali dove il suo contributo è essenziale; in particolare nell’ambito del Consiglio di Sicurezza, del quale è membro permanente, specie nei confronti del rebus mediorientale (ciò che corrisponde d’altronde all’altra sua antica ambizione di raggiungere i mari caldi). L’attributo di una grande potenza consiste nella capacità di influenzare gli eventi, non di ostruirli con atteggiamenti intimidatori, antagonistici.
A meno che non ci si voglia rassegnare alla visione apocalittica evocata nel romanzo “Senza Cielo” di Surkov (alias AslambekDudayev), considerato il “Rasputin di Putin”, il quale, con lo pseudonimo di Natan Dubovitski, evoca una guerra totale, non lineare, di tutti contro tutti. Quella che l’ISIS islamico già prefigura.

Guido Lenzi

CRONOLOGIA

1985:
– Marzo: Gorbaciov diventa Segretario Generale del PCUS, avvia perestroika eglasnost.

1988
– 7 dicembre: all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Gorbaciov dichiara la sua conversione al multilateralismo collaborativo.

1989
– Le truppe sovietiche si ritirano dall’Afghanistan.
– Maggio: le Chiese cristiane in Russia riacquistano la libertà di culto.
– luglio: invitato al Consiglio d’Europa, Gorbaciov invoca una “casa comune europea, intera e libera”.
– ottobre: Gorbaciov prospetta la privatizzazione delle industrie di Stato sovietiche.
– 9 novembre: caduta del Muro; il Pres. Bush raccomanda di evitare reazioni sconsiderate (“notoverreact”).
– agosto: assicurazioni di Baker a Sheverdnadzesulla non dislocazione avanzata della NATO.
– 1° dicembre: Gorbaciov incontra Giovanni Paolo II, a coronamento dellaOstpolitik di Casaroli.

1990
– febbraio:la NATO afferma di non avere “alcun programma, né alcuna intenzione” di espandersiad Est.
– le Repubbliche baltiche dichiarano la loro ‘sovranità’.
– luglio: sciolto Patto di Varsavia, la NATO propone a Mosca un “partenariato strategico” (che il Ministro degli esteri Andrei Kozyrev accoglie con favore).
– conclusione del Trattato sulle Forze convenzionali in Europa (CFE).
– 3 ottobre: riunificazione della Germania.
– 15 ottobre: Gorbaciov riceve il Premio Nobel per la Pace.
– novembre:la “Carta di Parigi,” proposta da Gorbaciov, viene firmata dagli allora 34 partecipanti all’OSCE (in essa si invoca, fra l’altro, “una nuova qualità nei nostri rapporti di sicurezza, nel pieno rispetto della libertà di scelta di ognuno”).

1991
– guerra del Golfo, in Kuwait.
– 17 marzo: referendum sul “mantenimento delle repubbliche Socialiste dell’Unione Sovietica sotto forma di una federazione rinnovata fra repubbliche sovrane paritetiche”. Le Repubbliche baltiche, quelle del Caucaso meridionale e la Moldavia boicottano la consultazione.
– giugno: Eltsin viene eletto Presidente della Repubblica di Russia.
– 1° agosto: il Pres. Bush, a Kiev, auspica un rapporto federativo fra l’Ucraina e la Russia.
– 19agosto: Tentato colpo di Stato contro Gorbaciov, sventato da Eltsin.
-dicembre: Eltsin, con i Presidenti di Bielorussia e Ucraina, decreta la dissoluzione dell’URSS.
– 23 dicembre: Riconoscimento europeo della Croazia e della Slovenia.
-25 dicembre: Gorbaciov si dimette da Presidente dell’URSS (che poco dopo Eltsin, suo successore, scioglierà).

1992
– febbraio: il Trattato di Maastricht entra in vigore.
– Nuova dottrina di politica estera russa: “assicurare condizioni favorevoli di sviluppo; apertura all’Occidente; stabilimento di rapporti con la NATO e l’UE; adesione all’INF e alla Banca Mondiale; ecc.
– Eltsin propone un Consiglio di Sicurezza europeo.
– istituzione della CIS- Confederazione di Stati Indipendenti (ex-membri dell’URSS).

1993
– Nuova dottrina militare russa:considera la progettata espansione della NATO come “fonte di minacce”.
– settembre: il Pres. Clinton propone una ‘Comunità delle Democrazie’.

1994.
-gennaio: al Vertice di Bruxelles, la NATO avvia il ‘partenariato per la pace’ (pfp), al quale aderiscono subito tutti i nuovi Stati europei, Russia compresa.
-prima guerra in Cecenia.
– ritiro delle truppe di occupazione americane, britanniche e russe dal territorio tedesco.
– il Ministro degli esteri Kozyrev afferma che non la NATO bensì i principi della CSCEhanno determinato la fine della Guerra fredda.
– su iniziativa italiana, alla riunione di Napoli, Mosca viene inclusa nel G7, che diventa G8, a vocazione anche politica.
– giugno: al Vertice europeo di Corfù viene annunciato un ‘Accordo di partenariato e cooperazione’ con laRussia, inclusa nei programmi di assistenza economica TACIS, con prospettive di libero scambio, liberalizzazione dei visti, ma anche di una “workingrelationship” in materia di conflitti congelati.
– dicembre: il Memorandum di Budapest, fra Russia, USA e Regno Unito, dispone la denuclearizzazione dell’Ucraina, con il corrispettivo del “rispetto della sua indipendenza e sovranità, e delle sue frontiere esistenti”.

1995
– Crisi in Bosnia: bombardamento di Belgrado; la Russia partecipa poi all’operazione IFOR dell’ONU.

1996
– inizia la crisi delKosovo; la Russia fa parte del relativo ‘gruppo di contatto’.
– ammissione della Russia al Consiglio d’Europa, organizzazione garante dei valori europei.

1997
– Eltsin firma a Parigi l’Accordo fondamentale (FoundingAct) che istituisce il‘Consiglio NATO-Russia’, ottenendo l’assicurazione che “nella situazione di sicurezza attuale e prevedibile, la NATO non dislocherà permanentemente sostanziali forze da combattimento nel vicinato della Russia”.
-1 dicembre: Accordodi ‘partenariato e cooperazione’ (APC)fraUEe Russia, della durata decennale.

1998
– La Russia accredita un proprio Rappresentante diplomatico presso la NATO a Bruxelles.

1999
– marzo: inizia la guerra del Kosovo; l’allora Primo Ministro Primakov fa invertire la rotta all’aereo che lo portava a Washington; Mosca congela la collaborazione con la NATO, ma partecipa alla KFOR delle Nazioni Unite.
– maggio: la Duma concede pari diritti a “tutti coloro che condividono la lingua e la cultura russa, ovunque risiedano”.
– giugno: al Consiglio europeo di Colonia, l’UE approva una ‘strategia comune’ verso la Russia.
– agosto: Putin nominato Primo Ministro da Eltsin
– settembre: seconda guerra in Cecenia.
-novembre:il Vertice di Istanbul dell’OSCE adotta la “Carta per la Sicurezza europea”;

2000
– gennaio: il nuovo ‘Concetto di politica estera’ russo si esprime contro l’unilateralismo e la forza militare, e a favore di collaborazione in ambito ONU e OSCE, in un ‘sistema multipolare che rifletta la diversità e la varietà degli interessi esistenti nel mondo moderno”.
– maggio: Putindiventa Presidente della Federazione russa e dichiara l’intenzione di sviluppare un partenariato strategico con la NATO (non escludendo l’adesione).
– maggio: Vertice UE-Russia‘Concetto di Politica Estera’ russo, che esalta il sistema multipolare, basato sul rispetto dei rispettivi interessi, i meccanismi di risoluzione pacifica delle controversie e la democratizzazione dei rapporti internazionali.
– novembre: Putin definisce la Russia “un perno di collegamento fra Asia, Europa e America”.

2001
– marzo: al Vertice europeo di Stoccolma, Putin afferma che le azioni russe in Cecenia corrispondono a quelle occidentali nei Balcani.
-luglio: al G8 di Genova, Putin propone di creare uno ‘Spazio comune di sicurezza europeo’, dissolvendo la NATO e includendovi la Russia..
– settembre: attacco alle Twin Towers a New York;intervento americano in Afghanistan.

2002
– Dichiarazione americano-russa sui nuovi rapporti strategici basati su “valori comuni, amicizia, collaborazione, fiducia, trasparenza e prevedibilità”.
– Bruxelles riconosce alla Russia lo status di ‘economia di mercato’.
– maggio: a Pratica di Mare, la NATO accoglie la Russia come ‘partner’, in un ‘Consiglio di Cooperazione’ su base paritaria.

2003
– Washington si ritira dal Trattato anti missili balistici (ABM); Mosca ratifica lo START 2.
– intervento americano in Irak, dopo chela Russia, assieme a Francia e Germania, si era opposta all’adozione di un’appositaRisoluzione del Consiglio di Sicurezza.

2004
– allargamento dall’Unione a dieci Stati dell’Europa dell’Est e del Mediterraneo.
– definizione dei quattro ‘spazi comuni’ dell’Accordo di Partenariato e Collaborazione con l’UE.
– elezioni presidenziali russe: rielezione di Putin.
– ‘rivoluzioni colorate“ in Ucraina e Georgia.
– la UE annuncia la sua ‘Politica di Vicinato’.

2007
– febbraio: alla Wehrkunde, annuale Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera, Putin esprime la sua disillusione per lo svolgimento della situazione in Europa, accusando esplicitamente la politica americana e l’impostazione dell’OSCE.
-marzo: la Duma approva la continuazione della collaborazione con la NATO.
– novembre: Obama viene eletto Presidente degli Stati Uniti.

2008
– aprile: Vertice NATO a Bucarest, alla presenza di Putin.
– ennesimo ‘Nuovo concetto di Politica estera’ russo afferma che “le nuove sfide transnazionali non posso essere affrontate dalle tradizionali alleanze militari e politiche”, e che “nuove reti diplomatiche basate su forme flessibili di partecipazione in strutture internazionali sono necessarie per la ricerca di soluzioni condivise a compiti comuni”.
– 5 giugno: a Berlino, il Pres.Medvedev, appellandosi alla “civiltà comune”, invoca il rispetto del diritto internazionale in un sistema policentrico imperniato sulle Nazioni Unite, e propone una ‘nuova architettura di sicurezza europea’.
– Partenariato bilaterale fra Germania e Russia (altri verranno poi conclusi con Francia, Danimarca e Finlandia).
– 7 agosto:intervento militare russo in Georgia; Medvedevdichiara che la Russia rivendica ‘zone di interesse privilegiato” nel suo ‘estero vicino’.
– crisi finanziaria mondiale.
– novembre: il Pres.Medvedev, al ventiduesimo Vertice UE-Russia, ripropone una ‘nuova architettura di sicurezza’ paneuropea, “da discutere sotto l’egida dell’OSCE e con la partecipazione della NATO, dell’UE, della CSTO (Organizzazione del ‘Trattato di sicurezza collettiva’) e della CIS (Confederazione di Stati indipendenti)”.
– novembre: primo Vertice del G20 a Washington.

2009
– aprile: il Pres.Medvedev, a Helsinki, definisce l’Atto di Helsinki “uno dei più importanti strumenti giuridici del ventesimo secolo,la pietra angolare per costruire uno spazio comune di sicurezza euro-atlantico”.
– l’UE,nell’ambito della sua ‘politica di Vicinato’, propone un “Partenariato orientale”a Bielorussia, Ucraina, Moldova, Georgia, Armenia e Azerbaigian.
-10 settembre: Medvedev proponeall’UE un “Partenariato per la modernizzazione e la democratizzazione”.
– novembre: Obama propone alla Russia di ‘resettare’ i reciproci rapporti; viene istituitauna Commissione Presidenziale bilaterale.

2010
– il Primo Ministro Putin, in un articolo sul New York Times, propone l’istituzione di “una comunità economica da Lisbona a Vladivostok”.
– 8 aprile: Obama e Medvedev firmano il ‘nuovo Trattato START’
– 1° Giugno: Vertice (il venticinquesimo) tra UE e Russia.
– novembre: al Vertice di Lisbona, la NATO si ridefinisce ‘organizzazione di sicurezza’ invece che di difesa; la Russia riafferma la necessità di creare uno ‘spazio comune di pace, sicurezza e stabilità’.
– L’Ucraina rinnova la concessione della base di Sebastopoli alla Russia fino al 2042.

2011
– dicembre: la Russia è ammessa alla Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO).

2012
– Di nuovo Presidente, Putin dichiara di voler “collegare l’Europa e la dinamica regione dell’Asia-Pacifico… sulla base dei principi universali di libertà, democrazia e mercato…in partenariato con l’Unione europea…nell’instaurazione di un partenariato globale, multivettoriale”.

2014
– dimostrazioni a Kiev a favore dell’Accordo di associazione con l’UE osteggiato da Mosca.
– 20 marzo: con 445 voti a 1,la Duma approva l’annessione della Crimea alla Russia (mandato d’arresto contro l’unico dissenzienteIlyaPonomariov, che riesce ad emigrare negli Stati Uniti);
– il Consiglio d’Europa sospende il diritto di voto della Russia.
– per la quarta volta nella sua storia, (le altre tre furono ad opera della Turchia)l’art.4 della NATO viene invocato per consultazioni sulla minaccia alla pace.
– giugno: firma dell’Accordo di associazione fra l’UE e Ucraina, Moldova e Georgia.
– luglio: l’Unione Europea e gli Stati Uniti impongono sanzioni alla Russia.
– ottobre: Putin si reca in visita in Serbia.
– 4 dicembre: discorso di Putin alla Duma, dai forti accenti nazionalistici e spirituali.
– 15 dicembre: in una conferenza stampa, Putin afferma “stiamo attraversando un periodo difficile: non direi una crisi, chiamatela come volete… i problemi economici non vanno considerati come la conseguenza di una punizione, bensì come il prezzo pagato per difendere la sovranità nazionale”.
– a fine anno: Ad Ankara, Putin annuncia l’abbandono del progetto di gasdotto South Stream (compromesso comunque da crisi del 2008 in Georgia)
-26 dicembre: una nuova dottrina militare russa sottolinea“la rivalità con l’Occidente nell’orientamento dei valori e dei modelli di sviluppo”; modifica la definizione dei rapporti con gli US da ‘partenariato’ a ‘pari collaborazione’;ammonizioni sul possibile rischio di uso nucleare; il bilancio militare, dal 2,6% nel 2007, raggiunge il 4,2% del PIL (mentre i Paesi NATO lo riducono drasticamente da anni).
– 29 dicembre: l’Ucraina annulla il suo status di neutralità.

2015
– 1gennaio: avvio della ’Unione euro-asiatica’ (Russia, Bielorussia, Kazakhstan e in prospettiva Armenia e Tagikistan), in contrapposizione all’UE.
– febbraio: il Rappresentante Permanente dell’UE Mogherini presenta alcuni ‘elementi di riflessione’ per riprendere il dialogo con Mosca.

Bibliografia sommaria
-Gorbachev, Leonid, Memoirs, 1996.
– Gudkov, Lev e Zaslavski, Victor, La Russia, da Gorbaciov a Putin, Il Mulino. Bologna, 2010.
– Politovskaja, Anna, La Russia di Putin,Adelphi, Milano, 2007
– Pomerantsev, Peter, Nothingistrue and everythingispossible,: the surrealheart of the new Russia, Public Affairs, New York, 2015.
– Sarotte, Mary Elise, The collapse, Basic Books, New York, 2014.
– Strada, Vittorio, Europe, Marsilio, Venezia, 2014.
– Trenin, Dmitri, Getting Russia right,Carnegie, Washington, 2007.
-Zelikov, Philip e Rice, Condolezza, Germany Unified and Europe Transformed, Harvard UP, 1999.
– Zonova, Tatiana e Reinhart , Roman, Mainvectors of Russia’sForeign Policy (1991-2014), in Rivista di Studi Politici Internazionali , ott-dic 2014.

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