Road to Mosca
Russia-Arabia Saudita dà il via alla 21° edizione del Mondiale. La Germania campione in carica, il Brasile e la Spagna sono le favorite. Ma occhio all’Argentina di Messi, alla Francia di Griezmann e alle immancabili sorprese e favole che la rassegna iridata riserva.
Caccia alla Germania. Ѐ questo l’obiettivo delle trentuno rivali della Mannschaft, che brama, invece, di bissare il titolo del 2014 e raggiungere il Brasile in testa all’albo d’oro della competizione, staccando così l’Italia. Già, l’Italia. Dopo 60 anni il Mondiale non avrà ai nastri di partenza la Nazionale azzurra, sconfitta nel play-off dalla Svezia e appena ripartita con Roberto Mancini alla guida.
L’assenza dell’Italia non è l’unica a far rumore. Mancano, infatti, altre tre big del palcoscenico planetario: l’Olanda, tre volte finalista perdente, il Cile, bicampione del Sudamerica in carica, e gli Stati Uniti, alla costante e affannosa ricerca di un consolidamento della propria reputazione anche nel settore calcistico.
Ma si sa, gli assenti hanno sempre torto. Meglio, quindi, concentrarsi sulle selezioni presenti.
Doveroso partire dai campioni in carica. Come sempre, la Germania di Joachim Löw parte in prima fila. Tanti i motivi: il primo è il CT. In sella dal 2006 (nello staff dal 2004 come vice Klinsmann), Löw, l’unico dei trentadue commissari tecnici ad aver già vinto la competizione, è sempre arrivato in fondo a ogni competizione, confermando in pieno il dna tedesco, con le ciliegine del quarto titolo mondiale e della Confederations Cup conquistata proprio in Russia un anno fa con una nazionale sperimentale. L’11 titolare può contare su tanti campioni e anche le alternative sono di prim’ordine, tanto che il CT ha potuto lasciare a casa il talento purissimo di Leroy Sané, giovane stella del Manchester City.
Non mancano, però, alcuni punti interrogativi. In primis, i dubbi sulle condizioni fisiche di Manuel Neuer. Il portierone del Bayern Monaco, probabilmente il maggior artefice del trionfo brasiliano, dopo il grave infortunio al piede dell’aprile 2017, ha disputato appena quattro gare con la corazzata bavarese. Löw ha deciso comunque di puntare sul suo capitano, preferendolo a Marc-André ter Stegen, da due anni uno dei migliori interpreti del ruolo.
Qualche ombra aleggia anche sullo zoccolo duro della squadra. Nonostante l’età media non sia di certo alta, alcuni pilastri sembrano decisamente in fase calante e reduci da annate sottotono, mentre altri non hanno mantenuto del tutto le attese dopo gli sfolgoranti esordi. Inoltre, dopo il ritiro di Klose, miglior marcatore nella storia della competizione, né l’incostante Timo Werner né il veterano declinante Mario Gomez sembrano offrire grandi garanzie nel ruolo di prima punta.
Guardando il tabellone, immaginare una semifinale con la Spagna o con l’Argentina non è affatto sbagliato.
La Spagna è la favorita numero uno insieme al Brasile. Archiviato il difficile biennio 2014-2016, che ha visto chiudersi l’epoca della generazione dei fenomeni, le “Furie Rosse” sono ripartite dai migliori talenti che avevano conquistato due Europei Under 21 consecutivi nel 2011 e nel 2013. La squadra è completa in ogni reparto, può contare sul perfetto mix di esperienza e gioventù e permettersi di fare a meno di Álvaro Morata, non convocato dopo l’annata altalenante vissuta con il Chelsea.
Il grosso problema è rappresentato dall’esonero di Julen Lopetegui, imbattuto nelle sue venti panchine con la Spagna, ma colpevole, secondo la Federazione, di aver ufficializzato la sua firma con il Real Madrid a soli tre giorni dall’esordio mondiale e senza nessun preavviso.
In ogni caso, l’obiettivo è regalare l’ultima grande gioia ad Andrés Iniesta, al passo d’addio con la Roja dopo dodici anni di successi in serie.
L’Argentina, invece, è un vero e proprio rebus. Neanche Jorge Sampaoli, vincitore della Coppa America con il Cile nel 2015 proprio a scapito dell’Albiceleste, sembra aver trovato la quadra.
Il nodo portiere non è stato risolto, anzi, con la rinuncia a Sergio Romero, titolare indiscusso dal 2009, il problema si è ingigantito. Tra i pali dovrebbe esserci Willy Caballero, 37 anni a settembre e da quattro anni riserva prima nel Manchester City e poi nel Chelsea. Anche la difesa e il centrocampo non scoppiano di salute. Mascherano ha ormai dato il meglio e non a caso a gennaio ha lasciato il Barcellona per emigrare in Cina. Biglia, fulcro del centrocampo, è reduce da un’annata negativa con il Milan, conclusa con un infortunio alla schiena che aveva messo in dubbio la sua presenza in Russia.
A far da contraltare a queste lacune, un attacco stellare. Soluzioni infinite a disposizione di Sampaoli, che ha lasciato a casa Mauro Icardi, capocannoniere dell’ultima Serie A, e tenuto in ambasce fino all’ultimo Paulo Dybala, per poi convocarlo verosimilmente come vice Messi. Proprio “La Pulga” sarà l’osservato speciale dell’intera competizione. Al quarto e (forse) ultimo Mondiale, Leo ha l’occasione di imprimere il suo marchio anche con la Selección. Vincere vorrebbe dire riscattare le tre finali consecutive perse tra il 2014 e il 2016 (una mondiale e due continentali), scrollarsi definitivamente di dosso l’ingombrante ombra di Diego Armando Maradona e conquistare probabilmente il sesto Pallone d’Oro della sua favolosa carriera, evitando il sorpasso dell’eterno rivale Cristiano Ronaldo.
L’altra grande favorita, come detto, è il Brasile. La Seleção arriva in Russia con un organico decisamente più forte e completo rispetto a quattro anni fa. Tanti i meriti del CT Tite, arrivato nel 2016 dopo il fallimentare ritorno di Dunga e capace di qualificare i verdeoro con largo anticipo. L’obiettivo dichiarato è tornare sul tetto del mondo dopo sedici anni e riscattare il mondiale casalingo e l’umiliante 1-7 subito in semifinale dalla Germania.
Unici nei: l’infortunio di Dani Alves, assente in Russia, e il lungo stop di Neymar, senza gare ufficiali da quattro mesi. Difficile, comunque, trovare punti deboli non solo nell’11 di partenza, ma in tutti i ventitré convocati, considerando che potrebbero restare fuori dai titolari giocatori come Marquinhos, Willian, Coutinho, Douglas Costa, Firmino e Gabriel Jesus, solo per citarne alcuni. Pensare che nel 2014 il peso dell’attacco era sulle spalle di Fred fa capire quanto siano cresciuti i pentacampioni.
Infine, a chiudere il novero delle superpotenze, la Francia di Didier Deschamps. I vicecampioni d’Europa vogliono rinverdire i fasti della Nazionale capitanata proprio dall’attuale CT, capace di conquistare la “doppietta” Mondiale-Europeo. Le potenzialità ci sono tutte, essendo poche le nazionali in grado di unire la qualità e la quantità dei transalpini. Pogba (nonostante il difficile biennio al Manchester United), Mbappé e Griezmann le stelle più attese. La forza dei Blues si nota anche dai talenti rimasti a casa, segno di una ritrovata grandeur che ha solo bisogno di essere certificata dal titolo.
Difficile che la coppa vada fuori da questa ristretta cerchia di nazionali. Dietro di loro fari puntati su Cristiano Ronaldo e il suo Portogallo, campione d’Europa a sorpresa due anni fa in Francia. La squadra è rimasta sostanzialmente invariata, lecito aspettarsi organizzazione e disciplina tattica, imprescindibili per il CT Fernando Santos, che quattro anni fa sfiorò l’approdo ai quarti di finale sulla panchina della Grecia. Molto dipenderà da CR7, all’ennesima trionfale stagione con il Real Madrid, finita, però, con il fiatone per l’infortunio patito nel Clásico di un mese e mezzo fa. Qualche perplessità desta anche il pacchetto di difensori centrali, basato ancora sui “vecchi” Bruno Alves, Pepe e José Fonte, reduci da avventure in campionati non troppo probanti.
Tra le nazionali candidate a recitare un ruolo da protagonista, impossibile non menzionare il Belgio di Roberto Martínez. Dopo le due eliminazioni ai quarti sia ai Mondiali 2014 sia agli Europei 2016, i “Diavoli Rossi” sono chiamati a raccogliere i frutti del lavoro avviato a inizio millennio con il cosiddetto “Patto di Brecht”. Da quel momento, il Belgio è diventato una fucina continua di talento, fantasia e creatività. Al tecnico spagnolo il compito di amalgamare l’immensa qualità a sua disposizione, riuscendo dove ha fallito il suo predecessore Marc Wilmots.
Grande curiosità intorno alla giovane Inghilterra di Gareth Southgate. L’ex CT dell’Under 21 ha deciso di dare un taglio netto con alcuni protagonisti delle ultime deludenti competizioni. Su tutte, spicca l’esclusione del portiere Joe Hart, reduce da un biennio difficile tra Torino e West Ham dopo essere stato messo da parte da Pep Guardiola al Manchester City.
Squadra di corsa, come nella tradizione inglese, dove non mancano sprazzi di fantasia, che dovranno essere garantiti dalla stellina del Tottenham Dele Alli. Tutti al servizio di Harry Kane, nominato capitano lo scorso ottobre e giunto in Russia forte dei suoi 41 centri stagionali con la maglia degli Spurs.
La sensazione è che questo Mondiale rappresenti per i Three Lions il primo passo verso la rinascita. Impressione corroborata dai successi dell’Under 17 e dell’Under 20 nei rispettivi Mondiali di categoria del 2017.
Altra europea ricca di talento è la Croazia. Tanta Serie A nella rosa della nazionale a scacchi: ben sette i rappresentanti del campionato italiano. Il reparto più forte è il centrocampo. Modrić, Rakitić, il Brozović visto nel finale di stagione con l’Inter, Kovačić e Badelj sono un lusso per gran parte delle partecipanti. Malgrado la tanta qualità a disposizione, la Croazia ha spesso disatteso le aspettative e anche questa volta sembra difficile ipotizzare un exploit come il terzo posto di Francia ’98.
Argentina, Nigeria e Islanda, che già ha costretto i croati a passare attraverso i play-off per qualificarsi, sono ossi duri e, in caso di passaggio del turno, sembra probabile un incrocio agli ottavi con la Francia.
A chiudere la seconda fila due sudamericane: l’Uruguay e la Colombia.
La Celeste, da dodici anni in mano al “Maestro” Tabárez, vuole chiudere al meglio il ciclo avviato con il quarto posto di Sudafrica 2010 e proseguito con la 15° Coppa America conquistata nel 2011.
L’età media è alta, ma i due volte campioni del mondo possono vantare due coppie fenomenali: Godín-Giménez, insieme anche nell’Atlético Madrid, al centro della difesa e Cavani-Suárez in attacco.
Il girone abbordabile e la tipica garra uruguaiana gli altri fattori che fanno sorridere Montevideo e dintorni.
I Cafeteros, invece, affidati ancora alla sapiente regia di José Pekerman, al suo terzo Mondiale, non hanno confermato le buone impressioni di Brasile 2014, ma hanno giocatori in grado di fare la differenza in qualsiasi momento, soprattutto negli ultimi 30 metri. Da Cuadrado a Muriel, passando, soprattutto, per James Rodríguez e Radamel Falcao, grande assente quattro anni fa.
E le altre? Partiamo dalla Russia padrona di casa. Squadra modesta, come confermato anche dalla Confederations Cup dello scorso anno, e priva del proprio miglior giocatore, Alexsandr Kokorin. Probabile che si giochi il passaggio del turno nello scontro diretto del 19 giugno con l’Egitto di Héctor Cúper. Facile prevedere che l’intera nazione tifi affinché Mohamed Salah, miglior giocatore dei “Faraoni”, non recuperi dall’infortunio alla spalla patito durante la recente finale di Champions League.
Diverse le nazionali che si candidano al ruolo di sorprese. La Danimarca di Christian Eriksen, desiderosa di rivivere le emozioni del 1992, quando, tra lo stupore generale, conquistò il titolo europeo; la Serbia di Sergej Milinković-Savić, l’uomo mercato dell’estate 2018, vogliosa di smentire la fama di squadra incostante per eccellenza; il Messico di Rafa Márquez, arrivato a 39 anni al suo quinto Mondiale (raggiunti in testa a questa speciale classifica il connazionale Antonio Carbajal, Lothar Matthäus e Gianluigi Buffon), che cercherà di scavallare finalmente lo scoglio degli ottavi, divenuti una vera e propria maledizione per El Tricolor; la Polonia di Robert Lewandowski, a caccia della definitiva consacrazione dopo il buon Europeo di due anni fa.
Difficile, invece, immaginare il Mondiale 2018 come quello del tanto sospirato salto di qualità per l’Africa. Detto dell’Egitto, di nuovo alla fase finale dopo ventotto anni, le due rappresentanti più forti del Continente Nero hanno la sfortuna di ritrovarsi in gironi molto duri. La Nigeria dovrà vedersela con Argentina, Croazia e Islanda, mentre il Senegal, ritornato al Mondiale sedici anni dopo l’incredibile quarto di finale di Corea-Giappone 2002, affronterà Polonia, Colombia e Giappone, in quello che appare come il raggruppamento più equilibrato dell’intera manifestazione. Pochissime chance per Marocco e Tunisia.
Altra Nazionale che torna a giocare la Coppa del Mondo dopo tanti anni è il Perù, assente addirittura da Spagna 1982. La Blanquirroja, giustiziera del Cile nelle qualificazioni, dall’arrivo in panchina di Ricardo Gareca nel 2015, ha conosciuto una fase di crescita impetuosa, iniziata con il terzo posto della Coppa America 2015 e culminata con la qualificazione al Mondiale.
I pretoriani del selezionatore argentino sono gli esperti Jefferson Farfán, oggi alla Lokomotiv Mosca, e Paolo “El Barbaro” Guerrero, al primo posto nella classifica all-time della Nazionale peruviana, ma che ha rischiato di non partire per la Russia a causa di una squalifica di 14 mesi inflittagli dal Tas di Losanna per la positività a un controllo antidoping. Lo stop, però, è stato “congelato” fino al termine della rassegna iridata.
Nello stesso girone del Perù troviamo l’Australia di Bert van Marwijk, CT dell’Olanda finalista nel 2010 e artefice della qualificazione dell’Arabia Saudita, con cui ha rotto dopo il raggiungimento del traguardo. Quarto mondiale consecutivo per i “canguri” e per Tim Cahill. 39 anni a dicembre, l’ex stella dell’Everton, già a bersaglio nel 2006, nel 2010 e nel 2014, vuole trovare almeno un gol per raggiungere Uwe Seeler, Pelé e Miroslav Klose in testa alla classifica di chi ha segnato in più edizioni.
Per concludere, spazio alle cenerentole Islanda e Panama, che fanno il loro esordio in un Mondiale.
Gli Strákarnir okkar (“i nostri ragazzi”), che rappresentano anche il più piccolo paese di sempre presente a una Coppa del Mondo, vogliono continuare a vivere la loro favola. Dopo aver conquistato l’illustre scalpo dell’Inghilterra a Euro 2016, Aron Gunnarsson e compagni non vorranno perdere l’opportunità di mostrare al mondo intero lo spettacolo del loro celebre “Geyser sound” con i tifosi.
Discorso diverso per la Nazionale panamense. Qualificatasi in virtù dell’harakiri americano contro Trinidad e Tobago, l’obiettivo della selezione centroamericana sarà quello di divertirsi e godersi il viaggio in Russia, evitando figuracce e goleade.
31 giorni, 64 partite, 11 città, 12 stadi e 32 Nazionali. Ma solo una potrà fregiarsi del titolo di Campione del Mondo. Per avere la risposta, appuntamento allo Stadio Lužniki di Mosca il 15 luglio.
Stefano Scarinzi
14 giugno 2018
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