Programmazione Europea: un cambio di paradigma per l’Europa del futuro
A cura di Roberto Giuliani e Paolo Carotenuto – Associazione Prospettiva Europea
Il rilancio del cammino d’integrazione europea in una prospettiva federale passa inevitabilmente dal recupero dello spirito europeista delle origini e dalla condivisione nell’opinione pubblica dei paesi dell’UE di un più forte senso di appartenenza, ma al tempo stesso passa dalla convinzione che tale processo garantisca nel tempo la crescita dell’economia europea, lo sviluppo dei territori dell’Unione e il benessere dei suoi cittadini.
In tale chiave assume un’importanza cruciale la formulazione in sede europea della Strategia per la crescita economica e il costante monitoraggio del graduale raggiungimento, in termini sia quantitativi che qualitativi, di obiettivi e priorità prefissate in fase di programmazione e la pianificazione di eventuali aggiustamenti di rotta e manovre correttive.
Ed è fondamentale la connessione tra le linee guida formulate a Bruxelles e la loro concreta attuazione sui territori attraverso il coordinamento delle attività di progettazione: il miglior antidoto a demagogie e populismi che descrivono l’Unione Europea come un qualcosa di lontano e ostile, causa di tutti i mali, è dimostrare in modo chiaro quanto essa sia invece vicina e possa impattare positivamente sul benessere dei cittadini e sullo sviluppo del territorio, attraverso un adeguato utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla programmazione comunitaria.
In tale ottica dobbiamo oggi chiederci se l’attuale Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, quadro di riferimento di tutte le progettualità a livello locale, nazionale ed europeo nel decennio che volge al termine, sia stata idonea a superare le carenze strutturali dell’economia europea, migliorarne la competitività e porre le basi per una solida e sostenibile economia sociale di mercato.
Il primo interrogativo a cui rispondere è il seguente: l’economia europea alle soglie del 2020 è più intelligente? È pronta per cogliere le opportunità della comunicazione digitale per la realizzazione di grandi progetti innovativi di impatto trans-settoriale e transnazionale? C’è una maggiore coerenza tra gli indirizzi della politica economica europea e le nuove dinamiche della globalizzazione?
In merito alla seconda priorità dobbiamo valutare se l’attuale livello di crescita economica nell’area europea sia sostenibile, ovvero idoneo a garantire un benessere duraturo per i cittadini e adeguate prospettive per le attività d’impresa e lo sviluppo locale, unitamente ad un efficiente ed equilibrato utilizzo delle risorse.
In riferimento infine alla terza priorità, l’Europa oggi è più inclusiva? E’ in grado di attenuare le differenze di carattere sociale e territoriale, rafforzando il processo di coesione tra le diverse aree dell’Ue?
Non è possibile rispondere a queste domande in modo univoco, in quanto si registrano risultati molto differenti nei vari ambiti di intervento, come confermano i dati Eurostat (pubblicazione “Smarter, greener, more inclusive – 2017 edition) relativi al raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020. Molti progressi sono stati riscontrati in riferimento ai target in materia di clima, energia e istruzione, mentre gli obiettivi prefissati nei campi della lotta alla povertà, occupazione e investimenti in ricerca e sviluppo, sono ancora piuttosto lontani.
Dal fronte dello sviluppo sostenibile in chiave ambientale, sono emersi già dal 2015 i dati più confortanti e coerenti con gli obiettivi “20/20/20” prefissati in riferimento ai principali indicatori dell’uso efficiente delle risorse energetiche, quali la riduzione dei gas serra e la percentuale di utilizzo delle fonti rinnovabili.
Le rilevazioni Eurostat 2015 su energia e cambiamenti climatici hanno registrato infatti una riduzione del 22,1% dei gas serra rispetto ai livelli del 1990 e una quota di utilizzo delle fonti rinnovabili del 15,7% (percentuale quasi raddoppiata rispetto a quella del 2004 pari al 8,5%).
Dati in linea con le aspettative della Commissione e distribuiti in tutti i principali comparti produttivi, a dimostrazione dell’impatto ampio e trans-settoriale delle politiche in materia di ambiente, premessa per una sostenibilità non solo in senso ambientale ma anche nell’accezione più ampia di creazione della condizioni per uno sviluppo strutturato e duraturo.
Di segnale opposto sono le notizie provenienti dal fronte delle rilevazioni relative al differenziale di crescita del Pil tra i 28 paesi dell’UE, dove si riscontra il permanere di gravi sperequazioni con ampie sacche di povertà all’interno di determinate aree, nonostante i pesanti investimenti nella gestione indiretta, quella delegata ai governi degli stati membri e alle autorità regionali proprio per intervenire nelle aree maggiormente svantaggiate con interventi mirati a colmare il gap con le regioni avanzate. Situazione aggravata dal persistere di alti tassi di disoccupazione: la percentuale di occupati nella fascia d’età 20-64, seppur in leggero aumento resta al 71%, 4 punti sotto il target. Le differenze registrate in tale ambito tra gli Stati membri sono particolarmente marcate: i tassi di occupazione vanno dall’81,2% della Svezia al 56,2% della Grecia. Inoltre, il raggiungimento degli obiettivi occupazionali nazionali è avvenuto in soli sette Paesi (Lituania, Germania, Repubblica Ceca, Svezia, Irlanda, Estonia e Lettonia), mentre si è ben lontani dai target nella regione d’oltremare e nella parte meridionale dell’Europa mediterranea, dove le regioni italiane Campania, Calabria e Sicilia registrano i tassi più bassi nell’UE (meno del 45% dell’occupazione). Ed ancora, tra il 2008 e il 2016, i cambiamenti nei tassi di occupazione rivelano che le persone colpite più duramente dalla crisi economica e finanziaria sono state le regioni della Grecia con riduzioni dell’8% o più del loro tasso di occupazione e, in misura minore, Spagna, Portogallo, Cipro e Sud Italia. Rispetto ad altre grandi economie del mondo, il tasso di occupazione dell’UE è in ritardo rispetto ad alcuni paesi come il Giappone, gli Stati Uniti, la Russia e la Cina.
Da questi feedback emerge la necessità di un cambio di paradigma nella formulazione delle future strategie che dovranno guidare l’Europa verso una prospettiva di federazione di stati. Una visione diversa che inizi a considerare l’Unione Europea come una realtà unitaria passa da una formulazione delle politiche di indirizzo economico maggiormente omogenea che non guardi alla prossima programmazione settennale come mera distribuzione di risorse finanziarie tra stati membri e regioni ma la consideri invece apripista per nuove progettualità di impatto veramente europeo.
Una nuova visione necessaria per rafforzare la coesione europea, valorizzando le peculiari specificità territoriali nell’ambito di un quadro di azione unitario, intervenendo laddove necessario per colmare eventuali gap di sviluppo e stimolare una crescita diffusa e armoniosa dello spazio europeo.
La diffusa percezione nell’opinione pubblica di una lontananza delle istituzioni europee, di un’Europa lontana ed estranea al proprio vissuto se non addirittura ostile, denota un profondo problema di comunicazione nella diffusione della Strategia e dei suoi risultati.
Una lontananza confermata dalla consultazione pubblica su Europa 2020 promossa dalla Commissione Europea e svolta tra il 5 maggio e il 31 ottobre 2014 per raccogliere pareri sui primi anni di attuazione e suggerimenti per le ulteriori future evoluzioni.
La consultazione ha raccolto, complessivamente, 755 contributi da 29 paesi dell’Europa, provenienti soprattutto dal Belgio, dove risiedono i maggiori gruppi d’interesse, mentre molto bassa è stata la partecipazione dei paesi dell’Europa centrale e orientale. Le categorie che hanno risposto maggiormente sono state le parti sociali, gruppi d’interesse, organizzazioni non governative, governi/autorità pubbliche degli Stati membri, think tank, università, fondazioni e imprese.
Ne emerge chiaramente la necessità di una forte azione di comunicazione sui territori, sia in termini di dissemination dei risultati prodotti che in termini di diffusione di obiettivi, priorità e impatto atteso delle future strategie, per stimolare il coinvolgimento di sempre più ampia parte della popolazione europea in un condiviso cammino di crescita e costruzione della casa comune.
Oltre agli inevitabili margini di miglioramento vanno tuttavia evidenziati i dati positivi della strategia dell’ultimo decennio: pensiamo in particolare alle iniziative faro Unione dell’Innovazione e Youth on the Move.
Dai risultati relativi al 2016 del quadro europeo di valutazione dell’innovazione, del quadro di valutazione regionale e dell’Innobarometro emerge che nell’Unione europea l’innovazione guadagna terreno rispetto al Giappone e agli Stati Uniti, e la Svezia si conferma leader dell’innovazione dell’UE, seguita da Danimarca, Finlandia, Germania e Paesi Bassi.
Un quadro positivo se si riconosce l’innovazione come fattore chiave per competere nello scenario globale e come volano per il rilancio dell’economia europea puntando in particolare sui settori della new economy e sulle nuove professionalità e al tempo stesso inserendo nei comparti tradizionali l’aggiunta di elementi innovativi di prodotto e di processo e nuove dinamiche nella gestione delle risorse umane e nelle relazioni industriali. Tuttavia l’UE è ancora in ritardo rispetto ai suoi concorrenti asiatici e americani in termini di intensità di R & S.
In questo ambito la sfida fondamentale dei prossimi anni sarà la diffusione dell’innovazione in tutti i territori europei attraverso la formazione dei giovani, lo sviluppo delle competenze e capacità imprenditoriali, la divulgazione dei casi di best practices e il trasferimento di strumenti e metodologie del modello di “Impresa 4.0” a quelle realtà produttive ancora confinate in circuiti locali per farle crescere verso una dimensione europea e internazionale.
La dimensione “Impresa 4.0” è strettamente connessa a quella del “Lavoro 4.0” che comporta una formazione adeguata ad affrontare le sfide del mercato globale e al tempo stesso stimoli nelle nuove generazioni di europei lo sviluppo di una visione unitaria fatta di condivisione dei valori e della storia europea ma anche di strumenti per accompagnare a tale visione ideale una prospettiva chiara sul futuro che si intende costruire.
In tale ottica, segnali positivi giungono e dall’implementazione dell’altra iniziativa strategica per il futuro dell’Europa: “Youth on the move” che ha prodotto il programma Erasmus+ per la formazione istruzione e gioventù.
Erasmus+ prende il nome dal programma europeo indiscutibilmente di maggiore successo, giunto al trentesimo compleanno e principale artefice della creazione di una generazione di cittadini europei. Una generazione che attraverso la possibilità di scambi formativi in altri paesi europei ha potuto crescere in una nuova dimensione senza steccati e maturare una visione capace di valorizzare gli elementi unitari d’Europa in antitesi ad una percezione divisiva tipica di chi non avendo avuto tale possibilità resta confinato negli angusti confini del proprio vissuto.
Il futuro cammino verso gli Stati Uniti d‘Europa dipende dalla capacità delle politiche europee oggi, in fase di programmazione del prossimo decennio di gettare le basi per nuove progettualità idonee a conferire al disegno unitario un quadro strategico indispensabile per il consolidamento dell’identità europea e la condivisione del senso di appartenenza tra i suoi cittadini.
Fonti
http://ec.europa.eu/eurostat/web/europe-2020-indicators/europe-2020
http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Energy_from_renewable_sources
http://ec.europa.eu/growth/industry/innovation/facts-figures/innobarometer_en
www.politicheeuropee.it
www.europa.formez.it
Roberto Giuliani – Laureato in Economia Aziendale presso l’Università di Napoli Federico II, Master in Gestione delle Risorse Umane. Progettista della Formazione, ha operato presso aziende ed enti di formazione, tra i quali Consorzio Elis, Ericsson Telecomunicazioni spa, Fondimpresa. Dal maggio 2011 ricopre il ruolo di Presidente dell’Associazione Prospettiva Europea, nell’ambito della quale cura la progettazione e organizzazione di percorsi formativi incentrati sulle metodologie di europrogettazione e le attività dei gruppi di lavoro impegnati nel monitoraggio dei bandi comunitari e la successiva elaborazione di proposte progettuali. Coordina i laboratori di approfondimento dell’Associazione e i cicli di Seminari della Rivista Europalab, di cui è direttore editoriale.
Paolo Carotenuto – Giornalista pubblicista, opera nel settore della comunicazione e della formazione. Amministratore unico dell’Agenzia di comunicazione Medinapoli, nella quale cura servizi di ufficio stampa e comunicazione politica. Nell’ambito dei laboratori di giornalismo promossi dalla società, coordina gruppi di lavoro per l’approfondimento di tematiche legate all’attualità politica ed economica europea. Nell’Associazione Prospettiva Europea, ricopre il ruolo di Vicepresidente e di Direttore della Rivista Europalab, cura le attività di comunicazione, la gestione della piattaforma web, la pubblicazione di ricerche, articoli e papers.
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