Miseria e nobiltà
Qualificazioni insperate ed eliminazioni brucianti: la prima parte di stagione delle squadre italiane nelle competizioni continentali è stata contraddistinta da una continua altalena di emozioni.
Chorda semper oberrat eadem è una delle locuzioni più celebri dell’Ars Poetica di Quinto Orazio Flacco e, letteralmente, significa sbaglia sempre la stessa corda, intendendo una persona che reitera un errore già commesso in precedenza.
La “corda” della Champions League 2019/2020 è identificabile con l’Inter, eliminata dalla massima competizione continentale in maniera molto simile a quanto avvenuto appena dodici mesi fa, con l’aggravante, in questa stagione, di avere il destino nelle proprie mani.
In entrambe le situazioni, il comun denominatore è stato il Barcellona: nel dicembre 2018, i blaugrana, bloccando sul pareggio il Tottenham, avevano offerto un ottimo assist ai nerazzurri, incapaci, però, di andare oltre l’1-1 casalingo contro il PSV Eindhoven; un anno dopo, invece, pur schierando una formazione infarcita di riserve e giovani canterani, il Barça ha violato per la prima volta nella sua storia il San Siro interista, costringendo la squadra di Antonio Conte al terzo posto e alla conseguente retrocessione in Europa League a favore del non irresistibile Borussia Dortmund di Lucien Favre.
Tanti i rimpianti per il club della famiglia Zhang: il pareggio interno all’esordio con lo Slavia Praga ha immediatamente messo in salita il girone; la rimonta subita in Germania dopo aver chiuso il primo tempo in vantaggio di due reti, oltre a incidere pesantemente sull’esito della qualificazione, verrà ricordata per il duro sfogo di Conte sulla presunta inadeguatezza numerica della rosa a sua disposizione, inadatta a competere sia in campionato sia in Champions.
Questa precoce eliminazione ha nuovamente alimentato le perplessità sul difficile rapporto tra il tecnico pugliese e la manifestazione europea. Quattro partecipazioni tra Juventus, Chelsea e Inter con due eliminazioni nella fase a gironi e il quarto di finale raggiunto nel 2013 come picco più alto.
Quando Ansu Fati (autore del decisivo 1-2 nella gara di Milano e più giovane marcatore nella storia della Champions League) nasceva (31 ottobre 2002), era in pieno svolgimento la miglior stagione delle rappresentanti italiane nella massima competizione continentale, conclusasi con la storica finale tra Juve e Milan.
L’estromissione dell’Inter ha impedito all’Italia di ripetere l’en plein di qualificate alla seconda fase registrato diciassette anni fa, ma la presenza agli ottavi di finale di tre compagini del Bel Paese rappresenta comunque il miglior risultato dal 2011/2012 a oggi.
L’Atalanta è senza dubbio la sorpresa più grande dell’attuale Champions, essendo stata capace di ottenere un insperato passaggio del turno dopo aver perso le prime tre partite del girone (seconda squadra a riuscirci dopo il Newcastle nel 2002/2003).
La “Dea”, unica esordiente assoluta di questa edizione (il Red Bull Salisburgo, infatti, ha già partecipato alla Coppa dei Campioni come Austria Salisburgo), dopo un inizio shoccante (tre sconfitte con 11 reti subite), ha preso le misure alla competizione, imponendo il pareggio al Manchester City di Pep Guardiola e, soprattutto, dominando e vincendo le due sfide decisive contro la Dinamo Zagabria e lo Shakhtar Donetsk (23 tiri totali con i croati, 17 con gli ucraini).
Gli orobici, accolti da circa 1.500 tifosi all’aeroporto di Orio al Serio al ritorno dalla trasferta ucraina, hanno ulteriormente confermato che gli ottimi risultati conseguiti dall’arrivo in panchina di Gian Piero Gasperini (estate 2016) non possono essere semplicemente etichettati come una favola, ma sono frutto dell’oculata programmazione della società bergamasca, da sempre punto di riferimento in Italia e in Europa per la qualità del vivaio e con ampi margini di crescita garantiti dai proventi della Champions League e del rimodernato Atleti Azzurri d’Italia (ribattezzato Gewiss Stadium).
Juventus e Napoli, seppur in modi differenti, hanno rispettato i pronostici che le vedevano come favorite per il passaggio del turno nei rispettivi gironi.
La “Vecchia Signora” ha mostrato la sua versione migliore nelle notti europee, vincendo agevolmente il gruppo come mai le era accaduto negli anni più recenti (neanche con Massimiliano Allegri, arrivato due volte in finale, i bianconeri avevano blindato qualificazione e primo posto con un turno d’anticipo).
“Le motivazioni in Champions sono maggiori” ha affermato Maurizio Sarri al termine del match di Torino con l’Atlético Madrid in risposta a chi gli faceva notare i differenti approcci dei bianconeri tra le gare di campionato e quelle europee, in cui, come evidenziato dalla doppia sfida contro i Colchoneros, sembrano finora aver maggiormente attecchito i princìpi di gioco dell’allenatore toscano, che richiedono una notevole disponibilità da parte dei calciatori.
Per trovare un’identità ancor più definita che possa portare la Juve a essere una seria pretendente al successo finale, sarà necessario recuperare i lungodegenti Giorgio Chiellini e Douglas Costa, migliorare la condizione fisica degli uomini a disposizione e integrare al meglio gli acquisti dell’ultima estate, considerando le prestazioni fin qui altalenanti di Matthijs de Ligt, Adrien Rabiot e Aaron Ramsey.
Senza dimenticare la suggestione del tridente da sogno composto da Paulo Dybala, Gonzalo Higuaín e Cristiano Ronaldo, soltanto intravisto in questi primi mesi, che potrebbe essere la mossa a sorpresa in grado di valorizzare l’enorme potenziale offensivo bianconero.
Reduce da tre eliminazioni nella fase a gironi nelle ultime quattro partecipazioni alla massima competizione continentale, il Napoli è finalmente riuscito a tornare tra le prime sedici squadre d’Europa. Ciononostante, il cammino è stato agrodolce, dal momento che i due pareggi con Genk e Salisburgo hanno costretto i partenopei ad accontentarsi del secondo posto, malgrado i quattro punti conquistati tra andata e ritorno contro il Liverpool campione in carica, con il forte rischio di un incrocio proibitivo negli ottavi di finale.
Restituire serenità all’intero ambiente, in fibrillazione da mesi per i mancati rinnovi di contratto dei senatori José María Callejón e Dries Mertens e scosso dalla decisione dei calciatori di non tornare in ritiro dopo l’1-1 del San Paolo con il Salisburgo del 5 novembre, è il difficile compito che spetta al nuovo allenatore Gennaro Gattuso, chiamato a sostituire Carlo Ancelotti, esonerato nelle ore immediatamente successive alla vittoria con il Genk.
Se riuscisse in tale proposito, “Ringhio” potrebbe risollevare il Napoli nella corsa per entrare nelle prime quattro posizioni in Serie A, cercando al contempo di imitare il percorso europeo del Tottenham, accreditato da pochi addetti ai lavori, ma giunto fino in finale nella scorsa edizione della Champions League.
Per quanto riguarda l’Europa League, i cammini di Lazio e Roma hanno certificato il cattivo feeling tra le compagini italiane e la seconda competizione continentale.
I biancocelesti, terzi in campionato e con una striscia aperta di sette successi consecutivi in campionato (compreso il 3-1 alla Juve), hanno mancato la qualificazione in un girone ampiamente alla portata, perdendo quattro delle sei partite complessive con Cluj, Celtic (andata e ritorno) e Rennes. Addurre come giustificazione la volontà di concentrarsi pienamente sul raggiungimento di un posto in Champions League per la prossima stagione non è certamente da grande squadra e, inoltre, rievoca il lassismo che ha spesso caratterizzato nel nuovo millennio le formazioni italiane impegnate nella manifestazione.
Non esaltante neanche il percorso della Roma, qualificatasi soltanto come seconda a causa dell’inopinato 2-2 casalingo contro il modesto Wolfsberger, che già in Austria aveva bloccato gli uomini di Paulo Fonseca sul pareggio.
I giallorossi possono sicuramente recriminare per il clamoroso errore dell’arbitro William Collum in occasione del match interno con il Borussia Mönchengladbach (il rigore assegnato al 95’ ai tedeschi per un presunto fallo di mano di Chris Smalling, il quale, in realtà, era stato colpito in piena faccia dal pallone), ma hanno bisogno di trovare maggiore continuità per poter far strada in Europa, tenendo conto che la seconda posizione nel proprio raggruppamento potrebbe costringerli ad affrontare una big all’altezza dei sedicesimi.
Atalanta, Juventus e Napoli in Champions League, Inter e Roma in Europa League. È affidato a loro il compito di provare a spezzare il lungo digiuno italiano nelle due competizioni, che perdura dal 2010 in Champions e addirittura dal 1999 in Europa League, all’epoca denominata ancora Coppa UEFA.
Stefano Scarinzi
13 dicembre 2019
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