L’uscita di scena
Il M5S dal trionfo al rischio di sparire nell’arco di una legislatura
Il pessimismo riguardo al successo e alla sopravvivenza del M5S è stato di rigore anche nel momento del trionfo alle elezioni politiche. Gridarlo sui tetti sarebbe stato tuttavia sconsigliabile, perché in palese contraddizione con gli umori dell’elettorato, tanto da apparire una negazione della realtà. Attualmente invece quella formazione politica mostra vistose crepe e dunque, se non si arrischia qualche timida previsione ora, si potrà poi apparire profeti del passato.
Ciò che rende vitale e longevo un partito è una bandiera leggibile.
La Democrazia Cristiana ha prosperato per mezzo secolo solo perché sentita come anticomunista. Molta gente ne era disgustata, sapendo quanto poco cristiana e quanto poco anticomunista fosse, ma lungo i decenni milioni di italiani hanno continuato a “turarsi il naso e votare Dc”. Né diversamente andavano le cose per il Pci: essendo il vessillifero del marxismo, ha proposto un diverso modello di produzione e di società. Un modello fallimentare, ma tanto è forte il richiamo di una speranza e perfino di un’illusione. Anche la rozza Lega Nord si è data un’immagine riconoscibile, costituita da un paio di idee correnti nei bar, come l’uscita dall’euro, la stanchezza di svenarsi per il Sud, l’insofferenza per gli immigranti illegali: dei programmi populistici, se si vuole, ma non un semplice rifiuto dell’esistente. E per questo ha successo.
Il M5S è partito perdente perché la sua bandiera contiene un monosillabo: “No”. E col “no” non si va da nessuna parte. Negare tutto, disprezzare tutto, voler distruggere tutto è un moto di malumore, non un programma politico. E se un giorno, spinti dall’insofferenza, si può votare per chi grida “vaffanculo”, presto si vede che l’invettiva in sé è una parola vuota. La caratteristica del movimento lanciato da Beppe Grillo è la più totale assenza di programmi, mitigata dalla presenza di alcuni progetti economicamente assurdi, come il reddito di cittadinanza.
La posizione di voluta estraneità alla comunità politica è stata inoltre premessa di insuccesso assicurato: infatti, se il M5S si fosse associato con l’implorante Pd di Pierluigi Bersani, si sarebbe compromesso col sistema. Non avrebbe più potuto dire semplicemente “no”, avrebbe dovuto dire dei “sì”, e si sa che i “sì” spesso producono fatalmente l’opposizione di chi avrebbe voluto qualcos’altro. Se viceversa non si fosse associato con nessuno, sarebbe rimasto fedele al suo schema di partenza, ma sarebbe diventato folcloristico e irrilevante. Come di fatto è divenuto.
Di tutto ciò s’è reso conto lo stesso Grillo, quando ha vagheggiato di ottenere il 51% dei voti, per governare da solo e cambiare l’Italia nella direzione (quale?) da lui voluta. Ma questa affermazione è velleitaria. Forse ha potuto servire da alibi per la raggiunta irrilevanza, ma ignora volutamente che gli elettori sono tutt’altro che disposti a votare coralmente per un solo partito, soprattutto senza neanche sapere quali programmi concreti poi applicherebbe. E giustamente ne diffidano. A queste insuperabili aporie si aggiungono le gaffe, le espulsioni, le beghe miserelle. Tutta una serie di fatti che, giorno dopo giorno, hanno mostrato i “grillini” come dei rumorosi rompiscatole senza importanza. Non è facendosi espellere dall’aula che si guida la nazione.
Il Movimento è nato morto. Mancando di spina dorsale, la facile previsione era che si sarebbe a poco a poco sgonfiato. Alle elezioni europee si è avuta la prima riprova di quanto s’è detto. Il centro-destra, proprio in quei giorni, sembrava anemico e difficilmente guaribile, e dunque la paura di un autentico e ancor maggiore successo del M5S ha spinto moltissimi a votare per il partito che sicuramente sarebbe stato – per consistenza – in grado di sbarrargli la strada: il Pd. In questo senso l’interpretazione che Renzi ha sempre dato del suo famoso “quaranta per cento” è discutibile. La Democrazia Cristiana è vissuta per mezzo secolo del pericolo comunista e, caduto il Muro di Berlino, è caduta anch’essa. Nello stesso modo, il successo di Renzi non si ripeterà, quando il pericolo grillino sarà passato di moda. Ché anzi, il quasi venti per cento raggiunto dal Movimento in occasione delle europee è stato l’ultimo miracolo. Oggi, prevedibilmente, la tendenza delle percentuali dovrebbe continuare a subire molto l’influenza della forza di gravità. Le stesse ultime espulsioni somigliano al delirio di onnipotenza di chi, mentre la nave affonda, crede di poter dare ordini alla tempesta.
Naturalmente, tutte queste argomentazioni valgono quello che valgono. Il futuro è sempre imprevedibile e quello che s’è detto potrebbe benissimo essere smentito dai fatti. Se avverrà, lo si riconoscerà umilmente.
Gianni Pardo, pardonuovo@myblog.it
30 novembre 2014
You must be logged in to post a comment Login