L’impatto dell’Euro nella percezione dell’opinione pubblica
L’analisi di Antonio Saggese, sulla base di inchieste di Eurobarometro, sulle evoluzioni della percezione nell’opinione pubblica circa la moneta unica, le istituzioni ed le percezioni sulla costruzione dell’UE, discussa nell’ambito dell’incontro “Ripensare l’idea d’Europa 60 anni dopo” -VI Ciclo di Seminari a cura di Prospettiva Europea – Napoli Spazio Guida 11/04/2017.
Quando fu introdotto l’Euro, la fiducia e le aspettative dell’opinione pubblica furono favorevoli, infatti la moneta unica riscuoteva il favore del 70% della popolazione dei paesi che avevano deciso di aderirvi, a fronte del 20% dei contrari. L’Italia guidava la classifica degli “entusiasti”, con l’88% della popolazione favorevole. Maggioranze schiaccianti si rilevavano pure in Lussemburgo, Olanda, Irlanda, Grecia, Belgio, Francia e Spagna. Finlandia, Austria e Portogallo registravano maggioranze più esigue: intorno al 60%. In Germania, infine, la popolazione appariva più divisa: con il 54% a favore e il 32% contraria.
Nell’insieme dell’Unione europea, l’Euro poteva comunque contare sul favore del 64% della popolazione. Anche in Svezia e in Danimarca – che avevano già deciso di non aderire alla moneta unica – oltre il 40% della popolazione si esprimeva a favore dell’euro. Nel caso del Regno Unito, tuttavia, tale percentuale scendeva ben al di sotto del 40%.
Si riteneva, quindi, che l’euro avrebbe prodotto benefici come: la riduzione dei costi di cambio, una maggiore ed agevole circolazione delle persone e delle merci, maggiore economicità nel fare impresa nell’Area ed una maggiore stabilità dei mercati valutari, ma un blando impatto sulla crescita e sulla occupazione.
Le allora perpelesse opinioni pubbliche nazionali, come quella tedesca, individuavano quali possibili rischi connessi alla moneta unica: un freno alla crescita economica, difficoltà di adattamento alla nuova moneta, perdita di sovranità, perdita di indipendenza nella politica monetaria.
Da quel periodo ad oggi, il panorama socioeconomico dell’Unione è sostanzialmente cambiato sia con l’Allargamento ad Est (2004) che ha prodotto modifiche sostanziali e funzionali nelle istituzioni, sia con la crisi economica (2009). Ma intanto l’Eurozona si espande da 11 a 18 membri.
In coincidenza con l’allargamento, infatti, le rilevazioni di Eurobarometro registrano una sensibile diminuzione della percentuale di popolazione europea a favore della moneta unica.
Nei paesi di nuova adesione, sia pure con vistose eccezioni, l’opinione pubblica è mediamente meno convinta dei benefici di una rapida introduzione dell’euro. L’atteggiamento di cautela dei nuovi stati membri rispetto all’introduzione dell’euro emerge ancor più chiaramente dalle inchieste ad hoc condotte per conto della DG ECFIN (si veda in particolare Flash EB 165) che dà un quadro leggermente diverso del posizionamento del pubblico rispetto alla moneta unica nei nuovi stati membri. L’atteggiamento prudente dell’opinione pubblica nei paesi di nuova adesione è peraltro condiviso in ambito istituzionale, dove in genere si ritiene che occorra dar tempo al processo di convergenza prima di procedere all’allargamento dell’Eurozona.
Analizzando il rapporto tra il trend che correla la fiducia sull’euro e l’inflazione ravvisiamo che negli anni immediatamente successivi all’introduzione della moneta l’interdipendenza tra la percezione dell’euro e l’incremento dei prezzi è pressocchè unanime nella popolazione dell’eurozona ma le cause sono diverse. Infatti nell’opinione pubblica tedesca sin dall’introduzione della moneta c’é stata la preoccupazione su un possibile effetto inflattivo.
In materia di crescita ed occupazione inoltre l’opinione pubblica dell’eurozona ha avuto divergenze nelle aspettative: il Nord e la Germania, nutriva timori mentre il Sud e l’area mediterranea nutriva speranze.
Nel periodo iniziale fino al 2009 la crisi finanziaria non pareva incidere sull’opinione pubblica, ma dal 2010 con l’acuirsi della crisi, vi è stato un doppio impatto sul livello e la geografia del consenso dell’euro.
In primo luogo la crisi determina una sensibile erosione del gradimento dell’euro nell’opinione pubblica ed infatti, analizzando i dati statistici, notiamo che tra il 2010 ed il 2013 la fiducia nell’euro ha un crollo di un 10% giungendo al minimo storico del 51%. Nel frattempo il fronte dei perplessi passa dal 33% al 42% anche se il trend negativo nell’eurozona é meno pronunciato (si passa da un 69% ad un 63%) per il passaggio della Germania dai paesi euroscettici ai paesi favorevoli (70%).
In secondo luogo la crisi finanziaria accellera le tendenze nate negli anni precedenti con un divario Nord-Sud dell’Unione con un sostanziale ribaltamento circa il gradimento dell’euro rispetto al periodo dell’introduzione.
In realtà, nel periodo della crisi finanziaria oltre alla percezione dell’euro e delle istituzioni dell’UE, subisce un crollo senza pari anche la percezione del futuro nell’Unione.
Nel decennio che va dal 2003 al 2013, e considerando i dodici paesi di prima adesione all’euro, le rilevazioni mostrano, per l’insieme dei paesi, valori che fluttuano intorno al 50% fino al 2009 per poi inabissarsi, senza soluzione di continuità, fin sotto il 30%.
Se prendiamo i dati statistici del fenomeno l’erosione della gradimento dell’euro e la caduta di fiducia nelle istituzioni e li correliamo al fine di comprenderne l’esistenza un nesso di causalità si rileva che il principale risultato è che nella media dei dodici paesi considerati esite una forte interdipendenza tra i fenomeni ma non si può identificare alcun nesso di causa-effetto unidirezionale. Ciò vale anche per la media dei paesi del Centro-Nord. Invece, nella media dei paesi del Sud l’inadeguatezza della risposta delle istituzioni spiegherebbe la disaffezione e i dubbi sulla sostenibilità della moneta unica.
L’evidente correlazione tra sfiducia del pubblico alla moneta unica e il pessimismo sul futuro dell’Unione si presta a un’ovvia interpretazione. Infatti se una nutrita parte della popolazione avverte nella moneta unica una causa importante delle difficoltà economiche e se consolida sepre più la sfiducia verso le istituzioni, prevale inevitabilmente la percezione di insostenibilità dell’intera costruzione europea, e dunque un sostanziale pessimismo sul futuro dell’Unione.
Dunque l’opinione pubblica nazionale ed europea attuale è sostanzialmente perplessa circa l’euro, l’Unione e un futuro condiviso secondo le cause socioeconomiche sopra rilevate, rispetto alle quali esiste in qualche misura un’ipotetica sottovalutazione nelle scelte politiche delle élites dirigenti nazionali in ambito europeo, ed è difficile scongiurare il rischio di una risposta politica inadeguata al malessere espresso dai paesi in maggiore difficoltà, e dunque il rischio di deriva dell’Unione.
Fonte: Antonia Carparelli e Giovanni Ferri. L’euro, l’opinione pubblica e il futuro dell’Europa. La difficile eredità della crisi, 2013.
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