Il ruggito della Leonessa
Vincendo il quarto campionato di Serie B della sua storia, il Brescia torna nella massima serie dopo otto anni.
“C’era una volta il Brescia di Carlo Mazzone, Pep Guardiola e Roberto Baggio”. Chissà quante volte il tifoso bresciano ha raccontato questa storia al figlioletto o al nipotino e, ripensando al magnifico quadriennio 2000-2004, non ha potuto evitare che sul viso gli scendesse una lacrimuccia.
Dalla retrocessione del 2005, nella prima annata successiva al ritiro del “Divin Codino”, la storia del Brescia è stata costellata di sofferenze, acuitesi dopo l’effimera promozione del 2010, seguita dall’immediata ricaduta in Serie B nell’anno del centenario. Il punto più basso viene raggiunto nel corso della stagione 2014/2015, prima con il rischio della mancata iscrizione al torneo cadetto, poi con la penalizzazione di sei punti a causa di inadempienze amministrative e di pagamenti ritardati e infine con la retrocessione in Serie C. Solo il fallimento del Parma nel corso di quell’estate, con conseguente ripescaggio tra i cadetti, ha evitato ai biancazzurri la ripartenza dalla terza serie.
La svolta arriva il 10 agosto 2017: Massimo Cellino, chiuso il controverso triennio da presidente del Leeds United, acquista da Marco Bonometti le quote del Brescia, il suo secondo club italiano dopo i 22 anni alla guida del Cagliari. La prima stagione è sofferta: la salvezza arriva solo all’ultima giornata, mentre Cellino conferma la sua nomea di “mangia allenatori”, poiché sono ben quattro gli avvicendamenti in panchina (Boscaglia, Marino, ancora Boscaglia e, per chiudere, il fido Pulga, più volte alle sue dipendenze ai tempi del Cagliari).
Nell’estate 2018, però, Cellino ha il tempo per programmare l’annata e lavora efficacemente su due fronti: innanzitutto, come fatto già nel 1995 a Cagliari, investe sul nuovo centro sportivo nel comune di Torbole Casaglia, da sempre una priorità nella visione del presidente. “Prima bisogna avere la casa, il posto dove lavorare tutti i giorni”: il primo passo è stato fatto, in attesa di poter donare all’intera città uno stadio all’altezza che possa prendere il posto del Rigamonti, definito “vecchio e scomodo”.
Dal punto di vista tecnico, Cellino costruisce una squadra forte, da subito accreditata come una delle potenziali candidate al salto di categoria, nonostante lo stesso patron, in un’intervista del novembre 2018, provveda a gettare acqua sul fuoco, affermando che “il traguardo è salire in A al terzo anno, quindi nel 2020”.
Enrico Alfonso in porta, Stefano Sabelli, Simone Romagnoli, Aleš Matějů e il rientrante Andrea Cistana in difesa, Luca Tremolada e Leonardo Morosini (ritornato a Brescia dov’era esploso tra il 2014 e il 2017) a centrocampo, e, soprattutto, Alfredo Donnarumma in attacco. Per quest’ultimo, reduce dalla strepitosa promozione con l’Empoli e dal titolo di vice-capocannoniere (23 gol, tre in meno del compagno Ciccio Caputo), Cellino non esita a spendere 1,7 milioni di euro, cifra per nulla irrisoria in Serie B.
Pur potendo contare su una rosa molto attrezzata, l’inizio di stagione è tutt’altro che esaltante: i lombardi vengono eliminati in Coppa Italia dal Novara, formazione di Serie C, e iniziano il campionato raccogliendo appena due punti in tre partite, subendo due rimonte in zona Cesarini nelle gare casalinghe con Perugia e Pescara. La mancanza di risultati porta all’esonero di David Suazo, pupillo e grande scommessa estiva di Cellino, al trentunesimo esonero da presidente. Al suo posto arriva Eugenio Corini, bresciano doc, cresciuto nelle giovanili delle “Rondinelle”, con cui ha giocato complessivamente quattro stagioni, ma proveniente da esperienze poco entusiasmanti sulle panchine di Palermo e Novara.
“Il Genio”, soprannome che ha accompagnato il tecnico da calciatore, tocca le corde giuste e trova presto il bandolo della matassa, adottando un 4-3-1-2 funzionale alle caratteristiche dei giocatori a disposizione. La risalita in classifica è repentina: seppur con qualche patema di troppo in trasferta (la prima vittoria esterna arriva solo alla 15ª giornata a Salerno), il Brescia al Rigamonti è una macchina perfetta e arriva al giro di boa al secondo posto, in coabitazione con il Pescara e a cinque punti dal Palermo capolista.
Nel girone di ritorno la corsa dei biancazzurri diventa inarrestabile: grazie al miglioramento dei risultati in trasferta (16 punti ottenuti) e complici i problemi extracalcistici del Palermo, il Brescia raggiunge la vetta in occasione del ventiduesimo turno senza più mollarla. Quasi come un rovesciamento della pena patita all’inizio della stagione e a testimonianza del gran carattere della squadra e dell’allenatore, i momenti decisivi della promozione maturano sempre a pochi istanti dal fischio finale: il pareggio di Tremolada nello scontro diretto del Barbera contro i rosanero, il gol di Bisoli a completamento dell’incredibile rimonta a Cosenza (da 2-0 a 2-3) e quello di Romagnoli a Livorno.
La rete che ha sancito il matematico ritorno in Serie A delle “Rondinelle” nel match interno con l’Ascoli è stata realizzato da Daniele Dessena, prezioso rinforzo del mercato invernale, al pari di Bruno Martella, che ha ben figurato anche in massima serie con il Crotone, e Alejandro Rodríguez, alla seconda promozione consecutiva dopo quella dello scorso anno con l’Empoli. Ulteriore testimonianza della bontà del lavoro del DS Francesco Marroccu, fedelissimo di Cellino e attento a cogliere tutte le opportunità per completare al meglio l’organico.
Tanti i protagonisti della cavalcata bresciana: dalla coppia da 37 gol Donnarumma-Torregrossa (25 il primo, 12 il secondo, entrambi mai così prolifici in Serie B), alla scoperta di Cistana, prodotto del settore giovanile, tra i migliori difensori centrali del torneo e capace di togliere il posto al capitano Daniele Gastaldello, comunque decisivo anche da rincalzo (sua la rete decisiva al 92’ contro il Lecce) e alla terza promozione in carriera in Serie A come il compagno Romagnoli.
Il fiore all’occhiello della rosa resta senza dubbio Sandro Tonali, giovanissimo play classe 2000 che gioca da veterano, già convocato in Nazionale da Roberto Mancini e nelle mire delle grandi italiane. Di alto livello anche le prestazioni dei suoi “scudieri”: Emanuele Ndoj, un passato nelle giovanili della Roma e con all’attivo quattro presenze con l’Albania, è stato il polmone del centrocampo, mentre Dimitri Bisoli, figlio di Pierpaolo, presente nell’organico del Brescia 2000/2001 che chiuse all’ottavo posto in Serie A (miglior risultato nella storia delle “Rondinelle”), ha confermato le sue qualità d’inserimento nell’area avversaria, come testimoniano le 5 reti realizzate.
“Tanti auguri per il meritato ritorno in Serie A. Brescia, una squadra e una città indimenticabili”. Pep Guardiola, che “allenerebbe anche gratis” i biancazzurri, come ha avuto modo di affermare in passato, ha voluto celebrare così la promozione della “Leonessa”.
A differenza del Brescia di inizio millennio, appare impossibile immaginare le “Rondinelle” nella parte sinistra della Serie A 2019/2020 e, ancor di più, rivedere in tempi brevi il PSG al Rigamonti, come accadde nell’estate 2001, quando solo la regola del gol in trasferta consentì ai transalpini di battere i lombardi nella finale della Coppa Intertoto.
L’obiettivo della squadra allenata da Corini dovrà essere il conseguimento della salvezza, traguardo sempre più difficile da raggiungere per le neopromosse dalla Serie B a causa del netto divario che separa le due categorie. Inoltre, la storia stessa del Brescia testimonia una certa difficoltà nel mantenimento della massima serie, essendo la formazione più volte retrocessa (12 volte su 22 partecipazioni complessive), con il picco negativo raggiunto negli anni ’90, nei quali a tre promozioni seguirono altrettanti immediati declassamenti.
Per sfatare il mito di “squadra ascensore”, il Brescia può fare affidamento su una rosa sicuramente di buon livello, ma priva di esperienza in Serie A (solo Gastaldello, Martella, Dessena e in parte Romagnoli vi hanno giocato con frequenza) anche per l’età media, la seconda più bassa dell’intero torneo dopo il Crotone. Sarà fondamentale il mercato e il lavoro del DS Marroccu, ma sempre con un occhio alla linea verde, punto focale del biennio di Cellino a Brescia.
“L’Atalanta resta un modello. Ho dovuto ricostruire il vivaio affidandolo a una persona di valore come Christian Botturi. So come cercare e costruire i giovani. Ma non c’è un complesso di inferiorità nei loro confronti: arriveremo al loro livello”. Il guanto di sfida lanciato da Cellino ai rivali storici dell’Atalanta, vicina a un possibile epilogo di stagione da sogno con l’obiettivo Champions League sempre più realistico e una finale di Coppa Italia da giocare, è l’antipasto di una delle partite più sentite della prossima Serie A, dal momento che i due club non si affrontano nel massimo campionato dal 2004/2005 e gli ultimi incroci risalgono alla Serie B 2005/2006.
Magari, tra qualche decennio, i bambini che hanno ascoltato le storie sul Brescia di Carlo Mazzone, Pep Guardiola e Roberto Baggio leggeranno a loro volta alle future generazioni un libro il cui incipit reciterà: “C’era una volta il Brescia di Eugenio Corini, Sandro Tonali e Alfredo Donnarumma”.
Stefano Scarinzi
7 maggio 2019
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