Il piccolo principe – Dalla conferma alla gloria
Alla soglia dei trentaquattro anni, Claudio Marchisio ha annunciato il suo ritiro dal calcio giocato.
La svolta, per Marchisio e per la Juve, avviene nell’estate 2011. Il corso della storia bianconera cambia con l’arrivo in panchina di Antonio Conte, proveniente dal Siena, con cui ha festeggiato la promozione in Serie A (la seconda in carriera per il tecnico pugliese dopo quella del 2009 con il Bari).
Nonostante la pochissima esperienza nel massimo campionato italiano (appena tredici panchine con l’Atalanta tra il settembre 2009 e il gennaio 2010), il credito che Conte può vantare con i tifosi della “Vecchia Signora” risale ai tredici anni, di cui cinque da capitano, vissuti con la maglia della Juve dal 1991 al 2004.
Fin dall’inizio del ritiro estivo di Bardonecchia, Conte, consapevole di ereditare una squadra depressa dagli anni bui successivi a Calciopoli, lavora molto sull’aspetto mentale, puntando forte sulla voglia di rivalsa dei senatori, di cui ormai anche Marchisio fa parte, dopo le parole rilasciate da Andrea Agnelli al termine della pessima annata precedente: “C’è tanta delusione perché alla fine di questo campionato è emerso che una serie di giocatori arrivati non hanno capito cos’è la Juventus e i giocatori che avevamo lo hanno dimenticato”.
Marchisio inizia la stagione da titolare nel 4-2-4, modulo di riferimento del Conte allenatore. A far coppia con il “Principino” c’è Andrea Pirlo, arrivato a parametro zero dal Milan, dove troppo frettolosamente era stato ritenuto finito.
Sebbene l’avvio del campionato della nuova Juve sia incoraggiante, ben presto il tecnico leccese smentisce la fama di integralista tattico, passando prima al 4-3-3 e poi al 3-5-2 sia per la bocciatura delle ali a disposizione (Miloš Krasić, impiegato solo nove volte nell’intera annata, ed Eljero Elia, pagato 9 milioni all’Amburgo e utilizzato in appena cinque occasioni tra campionato e Coppa Italia) sia per trovare spazio in pianta stabile ad Arturo Vidal, giunto a Torino in sordina dal Bayer Leverkusen, ma da subito fondamentale nel garantire qualità e quantità con il suo dinamismo e i suoi inserimenti al centrocampo bianconero.
I benefici di tale cambiamento sono immediati: Pirlo, maggiormente coperto da due mezzali, è libero di mostrare tutta la sua genialità, dimostrandosi con ogni probabilità il giocatore che ha maggiormente cambiato gli equilibri della Serie A nel nuovo millennio; Marchisio, chiamato a meno lavoro difensivo da mezzala sinistra, può far valere la sua miglior qualità, l’inserimento in area avversaria, come risulta evidente in occasione del big match contro il Milan del 2 ottobre 2011, deciso dalla sua doppietta (la prima in carriera) negli ultimi minuti.
La sfida con i rossoneri campioni in carica rappresenta il manifesto della perfetta applicazione dei princìpi di gioco ricercati da Conte, con il 2-0 ottenuto solo nel finale che non rende giustizia alla netta supremazia della “Vecchia Signora”.
La prima parte di stagione di Marchisio è folgorante: la rete al Palermo è la quinta in campionato e, dopo appena dieci partite, gli permette di superare il precedente record personale, stabilito nel 2010/2011. Tra le tante vittime di Claudio c’è di nuovo l’Inter, battuta a Milano grazie al suo gol del definitivo 1-2.
Prima della sosta natalizia, il “Principino” risulta decisivo anche in Coppa Italia, dove, entrando dalla panchina, sigla la sua prima marcatura nella competizione durante il primo tempo supplementare contro il Bologna, dando ai bianconeri il passaggio del turno.
Da gennaio la sua media realizzativa cala, ma chiude comunque il campionato con nove reti, secondo miglior marcatore della squadra con Mirko Vučinić dietro soltanto ad Alessandro Matri, contribuendo in maniera decisiva alla vittoria dello scudetto della Juve (che finisce imbattuta), il primo nella carriera di Claudio.
La straordinaria annata permette a Marchisio di riguadagnare la piena titolarità nella Nazionale italiana, persa nel primo anno da CT di Cesare Prandelli. Il gol realizzato a Belgrado contro la Serbia il 7 ottobre 2011 è il primo con gli azzurri e certifica il grande inizio di stagione vissuto dal centrocampista.
Gli Europei del 2012 rappresentano ancora oggi il punto più alto toccato dall’Italia dopo il trionfo mondiale del 2006 e Marchisio è imprescindibile nel rombo di centrocampo impostato da Prandelli, con Pirlo a fungere da vertice basso e Riccardo Montolivo alle spalle delle due punte, Antonio Cassano e Mario Balotelli. Il “Principino”, insieme a Daniele De Rossi, gioca da mezzala e, con il suo dinamismo, permette di sopperire alla mobilità non elevata del centrocampo e dell’attacco italiano, restando in campo per tutti i 570 minuti disputati dall’Italia nella competizione.
Pur non accreditati tra i favoriti al successo, gli azzurri giungono fino alla finale di Kiev, eliminando l’Inghilterra ai quarti e la Germania in semifinale, prima di arrendersi all’imbattibile Spagna di quegli anni, al terzo titolo consecutivo dopo Euro 2008 e il Mondiale 2010.
“Il rimpianto? Quello di non vincere la Champions con la Juve e l’Europeo con la Nazionale. Sono i miei due rimpianti più grandi”. La mancata affermazione internazionale a livello di club e di Nazionale resta l’unico vuoto nella bacheca di Marchisio, il quale, a partire dal 2012, non smette più di vincere in Italia.
La stagione 2012/2013 è quella della conferma per lui e per la Juve, che conquista agevolmente il secondo scudetto consecutivo, ben figurando anche in Champions League, dove la corsa si arresta all’altezza dei quarti di finale per mano del Bayern Monaco.
Proprio in Europa, nella gara casalinga con i danesi del Nordsjælland vinta 4-0, Marchisio sblocca il risultato con il classico inserimento sottoporta, siglando il suo primo gol nelle competizioni continentali, seguito, nel febbraio 2013, dalla rete nello splendido palcoscenico del Celtic Park di Glasgow contro i padroni di casa biancoverdi.
In campionato il “Principino” trova il primo sigillo, decisivo, solo alla settima giornata, all’Artemio Franchi di Siena, ma il 1° dicembre 2012 vive una delle serate più belle dell’intera carriera: dopo oltre tre anni si gioca di nuovo il derby della Mole, che per la prima volta dal 1960 è di scena sul campo di una sola delle due squadre, lo Juventus Stadium (al battesimo assoluto nella stracittadina). Marchisio va a segno due volte e, in mezzo alle sue due marcature, trova la gioia del gol anche Giovinco, rientrato a Torino per raccogliere la pesantissima eredità di Del Piero. Il 3-0 inflitto ai granata di Gian Piero Ventura è dunque interamente firmato da calciatori torinesi provenienti dal settore giovanile bianconero.
Nella parte finale dell’annata, per trovare spazio all’astro nascente Paul Pogba e per ovviare alla scarsa prolificità dell’attacco, Conte decide di passare al 3-5-1-1 e Marchisio ancora una volta mostra la sua duttilità, giocando da trequartista alle spalle di Vučinić.
L’esplosione di Pogba, unita all’infortunio al legamento collaterale patito nella Supercoppa Italiana dell’estate 2013 con la Lazio, spinge Marchisio fuori dall’undici titolare della stagione successiva, al punto che il primo gol arriva soltanto alla diciannovesima giornata a Cagliari. Nella seconda parte dell’annata, che vede i bianconeri laurearsi per la terza volta di fila campioni d’Italia alla quota record di 102 punti, Claudio torna ad avere un buon minutaggio, anche se, come già avvenuto nei big match casalinghi di campionato contro Napoli e Roma, entra solo nel finale della semifinale di ritorno di Europa League con il Benfica, che preclude alla Juve la possibilità di disputare in casa l’ultimo atto della seconda competizione continentale.
La vigilia del Mondiale brasiliano è animata da grandi speranze in casa Italia, specialmente per le buone impressioni suscitate agli Europei del 2012 e alla Confederations Cup del 2013.
Marchisio ha nuovamente un ruolo di primo piano nel centrocampo tecnico di Prandelli e realizza la sua prima rete in un Mondiale nella gara inaugurale contro l’Inghilterra. Il destro dal limite dell’area con cui batte il portiere dei Three Lions Joe Hart è un saggio delle sue capacità balistiche e illude un’intera nazione, che sogna di vivere altre notti magiche.
Il brusco risveglio è dato dal sorprendente Costa Rica, che sconfigge gli azzurri e li costringe a giocarsi il passaggio del turno nell’ultima partita con l’Uruguay. In quello che ha tutte le sembianze di uno spareggio, la Nazionale di Prandelli ha due risultati su tre a disposizione, ma l’espulsione severa di Marchisio intorno all’ora di gioco facilita gli attacchi della Celeste, che trova il gol qualificazione a dieci minuti dal termine con Diego Godín.
La gara con gli uruguaiani è l’ultima di Marchisio in una grande manifestazione per nazionali, perché la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro rimediata il 17 aprile 2016 lo avrebbe escluso dagli Europei del 2016. Sempre contro gli uomini di Óscar Tabárez, il 7 giugno 2017, Marchisio giocherà la 55ª e ultima gara con l’Italia, l’unica durante la gestione Ventura, ma l’ennesimo infortunio lo costringerà ad abbandonare il campo dopo soli diciotto minuti.
La delusione del Mondiale viene scacciata via nel corso della stagione 2014/2015, che inizia con il clamoroso divorzio tra Conte e la Juve e la nomina di Massimiliano Allegri come nuovo allenatore. E per gli infortuni sempre più frequenti in cui incappa Pirlo e per il cambio di sistema di gioco voluto dal tecnico livornese (dal 3-5-2 al 4-3-1-2 per sfruttare appieno la qualità di tutti i centrocampisti a disposizione), Marchisio ritrova la titolarità e disputa una delle sue migliori annate, venendo schierato spesso davanti alla difesa, in una posizione per lui del tutto inedita fino ad allora.
La Juve si conferma campione d’Italia per la quarta volta consecutiva, vince la Coppa Italia a vent’anni di distanza dalla precedente affermazione e, soprattutto, dopo le difficoltà iniziali, torna in finale di Champions League, estromettendo nella fase a eliminazione diretta Borussia Dortmund, Monaco e Real Madrid, detentore del trofeo. Il KO nella finale di Berlino contro il Barcellona impedisce ai bianconeri di tornare sul tetto d’Europa, ma non cancella la cavalcata della “Vecchia Signora” e di Marchisio, che viene inserito dalla UEFA nella squadra ideale della competizione.
Tra i tanti messaggi arrivatigli dopo l’annuncio del ritiro, uno dei più toccanti è stato quello di Andrés Iniesta, rivale di Claudio nelle finali di Euro 2012 e della Champions 2015, il quale ha voluto rendergli omaggio con queste parole: “Mi è piaciuto vederti giocare, ma ancor più competere contro di te. Oggi il calcio è un po’ meno calcio. Grazie di cuore per tutto”.
La centralità di Marchisio nel suo nuovo ruolo traspare con evidenza agli albori dell’annata successiva. La Juve, fortemente rivoluzionata in estate dal calciomercato, inizia malissimo il campionato, totalizzando soltanto dodici punti nelle prime dieci giornate e apparendo già fuori dalla lotta scudetto. In quest’arco di tempo, il “Principino”, fermato da una serie di guai muscolari, scende in campo in appena tre gare, costringendo Allegri a schierare davanti alla difesa Simone Padoin e gli ultimi arrivati, Hernanes e Mario Lemina, ottenendo, però, risultati mediocri.
Il rientro in pianta stabile di Claudio, non a caso, coincide con la prima delle quindici vittorie consecutive dei bianconeri, che passano dall’12° al 1° posto nello spazio di tre mesi e mezzo.
A differenza di Pirlo, trasferitosi nell’estate 2015 al New York City, Marchisio non ha nelle proprie corde il lancio illuminante del regista bresciano, ma dà maggiore equilibrio alla squadra principalmente per merito della sua straordinaria capacità di lettura preventiva del gioco. Inoltre, rispetto all’ultima versione juventina del “Maestro”, è perfetto nella funzione di schermo difensivo per l’alta percentuale registrata nei tackle vinti, negli intercetti e nelle chiusure.
Anche se per la prima volta dalla stagione di esordio nella massima serie con l’Empoli resta a secco di gol, l’apporto di Marchisio è preziosissimo nel secondo double nazionale consecutivo della “Vecchia Signora”, impreziosito in campionato dai 974 minuti di imbattibilità di Buffon, nuovo record nella storia della Serie A.
Tuttavia, l’annata del “Principino” si conclude anzitempo, al 16’ dell’incontro casalingo con il Palermo: il grave infortunio al ginocchio cambia l’orizzonte suo e della Juve, costretta a muoversi sul mercato per cercare di rimediare alla prolungata assenza del proprio numero 8.
Stefano Scarinzi
18 gennaio 2020
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