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I Bisogni Educativi Speciali (B.E.S. )

viviana-miele-profilo-europrogettazioneRelazione di Viviana Miele sul tema delle normative in materia Bisogni Educativi Speciali (B.E.S)

La definizione dei Bisogni Educativi Speciali è parte di un processo lungo ed accurato che va oltre la comprensione dell’acronimo B.E.S. (1). I Bisogni Educativi Speciali, in effetti, non possono ridursi a delle mere strategie applicative, ma affondano la loro ontologia, la loro stessa natura, nella conoscenza della condizione di partenza del discente. Vengono generalmente indicati come B.E.S. gli alunni per i quali viene applicato il diritto alla personalizzazione dell’insegnamento sancito dalla Legge 53/2003. Tale categoria di studenti non rientra nelle misure previste dalla Legge 104/92 sulla disabilità o dalla Legge 170/10 sui Disturbi Specifici
dell’Apprendimento (DSA); tuttavia anche alunni con certificazione di disabilità o con diagnosi DSA possono manifestare uno specifico bisogno educativo.
In una condizione “normale”, o per meglio dire ottimale, un soggetto in età evolutiva necessita il soddisfacimento di alcuni Bisogni Educativi Normali (B.E.N.), quali lo sviluppo di competenze, l’appartenenza sociale, l’accettazione, la valorizzazione e la stima di sé ai fini della costruzione di un’identità autonoma. In presenza di deficit motori o cognitivi oppure di difficoltà familiari o culturali il normale sviluppo di tali bisogni viene ostacolato: si generano dunque
situazioni di disagio e/o di deficit nell’apprendimento. Tali “difficoltà evolutive di funzionamento possono essere permanenti o transitorie e richiedono interventi educativi speciali e individualizzati”.

Classificazione dei B.E.S.
Le situazioni negative che possono provocare, direttamente o indirettamente, le diverse tipologie di difficoltà di apprendimento in età evolutiva sono molteplici: basso rendimento scolastico; disturbi specifici dell’apprendimento (lettura, scrittura, calcolo); disturbi del linguaggio; disturbi di attenzione (con o senza iperattività); ritardo mentale; disturbi di personalità; disabilità plurime; sordità e ipoacusie. Le classificazioni più in uso fanno riferimento al DSM-IV/Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association (1996) e al modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning)
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che considera la persona nella sua totalità, in una prospettiva bio-psico-sociale.
Le macroaree individuate nell’ambito dell’analisi dei Bisogni Educativi Speciali sono tre:
– quella degli alunni con disabilità previste dalla legge 104/1992;
– quella degli alunni con disturbi evolutivi specifici, ossia disturbi dell’apprendimento, deficit del linguaggio o della coordinazione motoria (DSA-ADHD) previsti dalla legge 170/2010;
– quella degli alunni con svantaggio socio-economico, linguistico o culturale previsto dalla direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 e dalla circolare n. 8 del 6 marzo 2013.

Normative di riferimento
Alla base del sistema di istruzione italiano si trovano principi di tipo inclusivo, che portano ad intendere la scuola come luogo di conoscenza, crescita e socializzazione per tutti.
Essendo il diritto allo studio uno dei principi fondamentali e inalienabili della persona sancito dalla nostra Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell’Onu, è dovere della scuola pubblica garantirlo a tutti i suoi cittadini. Considerata la molteplicità dei B.E.S., nel tempo sono state elaborate peculiari disposizioni normative. Lo Stato italiano ha predisposto adeguate misure di sostegno, alle quali sono chiamati a concorrere anche gli Enti locali e il Servizio Sanitario Nazionale.

Normativa per B.E.S.
L’espressione Bisogni Educativi Speciali (B.E.S.) fa riferimento alla Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica, dove si afferma che «L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse» (2).
Una delle categorie B.E.S. è quella del ritardo mentale: esso è caratterizzato da un funzionamento intellettivo generale significativamente al di sotto della media (misurabile attraverso test sul Quoziente Intellettivo) e da considerevoli limitazioni nel comportamento adattivo dell’individuo (autonomia personale e sociale). Il disturbo si articola in quattro livelli, ognuno dei quali corrispondenti al grado di compromissione intellettiva:
– Ritardo mentale lieve (QI compreso tra 50-55 e 70);
– Ritardo mentale medio (QI tra 35-40 e 50-55);
– Ritardo mentale grave (QI tra 20-25 e 35-40);
– Ritardo mentale gravissimo (QI inferiore a 20-25). (3)
Per disturbi generalizzati dello sviluppo si intende una grave distorsione nello sviluppo di molte funzioni basilari. A tale categoria diagnostica appartengono i disturbi dello spettro autistico: si tratta di disturbi pervasivi che si manifestano entro il terzo anno di età con deficit in diverse aree (comunicazione; interazione sociale; immaginazione; espressione delle emozioni).
Un’ulteriore categoria diagnostica è quella legata ai disturbi del comportamento, che si possono riscontrare nelle tre condizioni più frequenti:
• disturbi da deficit di attenzione con iperattività;
• disturbi della condotta;
• disturbo oppositivo – provocatorio.

Esistono anche molti alunni con Bisogni Educativi Speciali che non hanno una diagnosi psicologica e/o medica. Una situazione molto diffusa è quella definita come
«svantaggio e deprivazione sociale»: essa si riferisce ad alunni che, pur non presentando deficit intellettivi o disturbi dell’apprendimento, sono svantaggiati in quanto cresciuti in contesti degradati e in situazioni familiari/sociali povere, marginali, con un background cognitivo, linguistico e sociale ridotto.

Alunni con disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici (DSA-ADHD)
Relativamente ai DSA (disturbi dell’apprendimento, del linguaggio e della motricità) esistono diverse tipologie:
– disturbi di sviluppo della lettura; disturbo di sviluppo del calcolo;
– disturbo di sviluppo dell’espressione scritta;
– disturbo di sviluppo dell’articolazione della parola;
– disturbo di sviluppo del linguaggio espressivo;
– disturbo di sviluppo nella comprensione del linguaggio; disturbo di sviluppo della coordinazione.
La Legge n° 170/10 riconosce i disturbi specifici dell’apprendimento che si manifestano «in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza (quindi) di patologie neurologiche e di deficit sensoriali», che però compromettono il pieno e autonomo svolgimento delle normali attività didattiche. In aggiunta, la legge tiene sempre presente che i DSA possono esistere separatamente o anche contemporaneamente. In materia di misure educative e di supporto didattico sono fruibili interventi volti alla flessibilità didattica per l’intero percorso di formazione scolastica. Ciò significa aprire le strade ad una nuova tipologia di didattica, individualizzata e personalizzata a seconda dei deficit riscontrati.
La Legge 8 ottobre 2010, n. 170 Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico stabilisce l’obbligo di redigere un Piano Didattico Personalizzato per gli alunni che presentano adeguata documentazione medica, ovvero una diagnosi clinica di disturbo specifico (DSA).

Normativa per alunni disabili
La disabilità viene definita come «minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione». Ad introdurre il concetto di integrazione scolastica è la legge n. 517 del 1977 con la quale si stabilisce il principio dell’inclusione per tutti gli alunni disabili. Successivamente diviene punto di riferimento normativo la Legge 104 del 1992 che «riconosce e tutela la partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità, in particolare nei luoghi per essa fondamentali: la scuola
durante l’infanzia e l’adolescenza e il luogo di lavoro nell’età adulta« (4). La Legge inoltre individua la Diagnosi Funzionale (DF), il Profilo Dinamico Funzionale (PDF) e il Piano Educativo Individualizzato (PEI) come strumenti necessari alla effettiva integrazione degli alunni con disabilità (5).
Più tardi il DPR del 24 febbraio 1994 precisa che è compito della scuola, in collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale e con i familiari degli alunni, individuare le potenzialità funzionali dell’alunno con disabilità e costruire adeguati percorsi di autonomia, di socializzazione e di apprendimento. L’impegno della comunità scolastica e dei servizi locali mira al raggiungimento della «piena partecipazione della persona con disabilità alla vita sociale, eliminando tutti i possibili ostacoli e le barriere, fisiche e culturali, che possono frapporsi fra la partecipazione sociale e la vita concreta delle persone con disabilità».

Normativa per alunni stranieri
Un’altra tipologia di alunni in difficoltà sono quelli con provenienza e bagaglio linguistico e culturale diversi: alunni figli di migranti, profughi, rifugiati, immigrati di recente stabilizzazione; alunni con lingua e cultura diverse; alunni con situazioni familiari e abitative precarie; alunni provenienti da famiglie multiproblematiche produttrici di patologie. Per i minori stranieri arrivati in Italia legalmente o clandestinamente il diritto all’istruzione scolastica è
garantito sia dalla Costituzione Italiana – che sancisce il principio secondo cui «la scuola è aperta a tutti» – sia dalla Convenzione per la Salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in base alla quale «a nessuno può essere interdetto il diritto all’istruzione» (6).
Inoltre, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali dell’ONU prevede «Speciali misure di protezione (che) devono essere prese in favore di tutti i fanciulli e di adolescenti senza discriminazione alcuna per ragioni di filiazione o per altre ragioni. I fanciulli e gli adolescenti devono essere protetti contro lo sfruttamento economico e sociale» (7).
Le normative di riferimento che mirano a facilitare l’ingresso degli alunni stranieri all’interno del sistema scolastico italiano sono: il DLGS n. 286 del 1998, la C.M. n. 24 del 1/3/2006, la C.M. n. 2 dell’8 gennaio 2010, la C.M. n. 4233 del 19/2/2014 e la nota prot. n° 7443 del 18/12/14. Esse mirano a stimolare un clima di accoglienza e di integrazione e a promuovere la comunicazione tra scuola e famiglia, identificando quali punti cruciali le attività di sostegno linguistico, l’uso di materiali plurilinguistici, la presenza di mediatori linguistici e/o culturali, la creazione di reti socio-educative affrontate in un’ottica di interculturalità.

Conclusioni
La scuola del XXI secolo – caratterizzata dalla globalizzazione e dalla diversità intesa come potenziale elemento di arricchimento personale – si basa sui seguenti principi: inclusione, accoglienza e rispetto reciproco.
Nell’attuale scenario degli istituti scolastici italiani la complessità delle classi, sempre più segnate dal fenomeno dell’interculturalità e dal crescente
numero di sfaccettature socio-psicologiche dei suoi ‘abitanti’, richiede notevoli sforzi e interventi da parte di tutti gli educatori.
Riconoscere i Bisogni Educativi Speciali non vuol dire identificare alunni diversi per poi emarginarli o discriminarli; significa piuttosto individuare le varie difficoltà in modo da saper rispondere ad esse in maniera efficace ed adeguata. Le strategie da adottare possono essere ‘‘molto tecniche’’ oppure ‘‘molto informali’’: l’identificazione delle tipologie di intervento può essere effettuata dai Consigli di classe sulla base di considerazioni psico-pedagogiche e/o didattiche.
Ai fini del miglioramento e del potenziamento delle performance degli alunni con ‘bisogni educativi speciali’ risulta indispensabile adottare un approccio didattico capace di selezionare strategie e metodologie di intervento legate ad esigenze educative specifiche.

NOTE
1 AA. VV., La rete della didattica, Pensa Multimedia, Lecce 2001
Noto G. (a cura di), La formazione che cambia, Franco Angeli, Milano 2001
2 Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012
3 Dispense Master B.E.S. Icotea
4 Legge 104 del 1992
5 Elaborare il PAI. Riferimenti normativi su www.icfscuola.it
6 Convenzione per la Salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
7 Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali dell’ONU

Bibliografia
– dispense Master B.E.S. Icotea
– AA. VV., La rete della didattica, Pensa Multimedia, Lecce 2001
– Noto G. (a cura di), La formazione che cambia, Franco Angeli, Milano 2001
– Tabarelli S., Pisanu F., I quaderni della ricerca n.3. Elementi generali di approfondimento sui
Bisogni Educativi Speciali nel contesto italiano, Loescher Editore, Torino, 2013
– http://www.miur.gov.it
– http://www.icfscuola.it

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