Da Matera a Nova Gorica, passando per Procida 2022: le Capitali della cultura fra Italia ed Europa
Articolo di Francesco Pascuzzo
Inserendosi cronologicamente nell’esatto intermedio tra le ECoC Matera 2019 e Gorizia-Nova Gorica 2025, Procida 2022 è la prima isola ad aggiudicarsi il titolo a livello nazionale proponendo al Ministero dei Beni Culturali un ventaglio di idee e progetti da avviare per porsi così quale interlocutore necessario del cambiamento sociale in senso interculturale.
L’arma vincente si è indubbiamente rivelata la progettualità originale ed innovativa contenuta nel dossier di candidatura di Procida Capitale italiana della cultura 2022, sintetizzata dallo slogan ‘La cultura non isola’.
Non isolare, ma coinvolgere; non dividere, ma unire; non escludere, ma accogliere; avvicinare e non allontanare. Sono questi alcuni dei temi attorno ai quali Procida 2022 riuscirà a tessere la tela dell’innovativo progetto, che parte dal suo essere isola ed al contempo regno dei doppi.
L’opportunità dell’isola come prospettiva privilegiata per sperimentare le contraddizioni continue, l’eterna battaglia tra il senso di appartenenza e il bisogno di dichiarare la propria differenza, sono esperienze che emergono all’interno dell’isola e dall’isola, in cui gli elementi della natura e l’espressività culturale sono gli strumenti di un progetto umano evolvente.
I progetti hanno un doppio livello di esplorazione. Ad un primo livello, orizzontale, descrivono la superficie creativa dell’isola come appare, con il ciclo delle sue manifestazioni vitali e culturali. Questo itinerario, però, ha una profondità verticale che configura un autentico viaggio, una miniatura del potenziale contemporaneo in cui l’idea del progresso, della scienza e della tecnologia collocano l’uomo al centro della propria memoria e, quindi, della propria capacità di presa verso il futuro, sviluppando la coscienza di essere abitanti e non di mero passaggio.
Procida inventa, ispira, include, innova, impara. Le sezioni del Programma presentato nel dossier di candidatura che lo scorso 18 gennaio 2021 ha ottenuto il definitivo placet del Mibact riallacciano il filo conduttore della cultura inclusiva ed innovativa a quanto si è detto all’inizio per Matera 2019 in un contesto europeo di condivisione dell’esperienza culturale.
Quanto alle opzioni che derivano dalle già rodate esperienze di scambio introdotte da Creative Europe 2014-2020, poi, la fase 2021-2027 di fondi Ue avrà quale scopo il perfezionamento delle attività di networking culturale attuate in buona parte durante il periodo di programmazione conclusosi col 2020.
Networking che Procida ha generato ancora prima di partire ufficialmente con il calendario culturale del 2022, attraendo progetti non solo dal grande fascino culturale ma anche dal risvolto turistico notevole e di ampio respiro in ambito euromediterraneo.
Da dove nasce l’iniziativa Capitali europee della Cultura?
È utile, a proposito dell’esperienza europea, tracciare una breve cronistoria delle ECoC.
Dal 1985, anno della sua introduzione nell’agenda europea, ad oggi, la Capitale della cultura ha onorato oltre 40 città, offrendo opportunità non solo di rilancio occupazionale ed economico ma anche di riscatto internazionale – come avvenuto per Matera 2019.
La procedura di scelta, che ha inizio sei anni prima rispetto all’anno di candidatura, porta a delle progressive scremature delle città idonee da parte della commissione deputata a tale giudizio in sede europea.
Inoltre, con la Decisione n. 1622/2006/CE di Parlamento e Consiglio, sono state fissate le condizioni per detenere il titolo di Capitale europea della cultura fino al 2019 incluso.
Nel 2015 l’iniziativa europea della Capitale della Cultura annuale ha compiuto i suoi 30 anni, con ottimi risultati in termini di miglioramento delle relazioni culturali ed economiche anche al di fuori dei confini comunitari.
Attraverso successivi atti di diritto comunitario derivato, si è data la possibilità di nomina a Capitale della Cultura anche a città di Stati europei ancora non facenti parte dell’Unione ma ad essa vicini, in quanto membri dell’accordo commerciale EFTA/SEE.
Nell’ultimo decennio, infatti, è stata posta una pietra miliare nella gestione delle future Capitali della cultura – dal 2020 al 2033 – all’insegna della più stretta cooperazione internazionale ed in funzione di prossimi allargamenti dell’UE.
La Decisione UE adottata da Parlamento e Consiglio dell’Unione Europea 2017/1545 ha apportato delle modifiche alla precedente Dec. UE 2014/445, in materia di nuovi Paesi ospitanti di città Capitali della Cultura Ue.
In particolare, si sottolinea che le Capitali europee della cultura contribuiscono in modo determinante a promuovere i valori dell’Unione, ovvero la ricchezza e la diversità di culture.
Cogliendo pertanto l’occasione per valorizzarne la varietà accrescendone il senso di appartenenza, tuttavia, ad un sistema di valori tipici di un’area culturale comune, incoraggiando la cooperazione reciproca ed il dialogo interculturale.
Ecco perché, visti nell’insieme, i due atti normativi dell’Ue appena citati rappresentano la chiave di volta di un processo importantissimo, che si riflette nel percorso che l’iniziativa ultra trentennale delle Capitali della cultura avrà dal 2020 al 2033, in un’ottica di lungo periodo.
Si mira essenzialmente ad istituire un’azione comune aprendo a Paesi europei partner commerciali strategici dell’Ue, appunto membri dell’Associazione europea di libero scambio che sono parti dell’accordo sullo Spazio economico europeo (1994), a differenza della precedente Dec. 445 del 2014 con la quale si limitava la possibilità di nominare capitali della cultura ai soli Stati membri, candidati o potenziali candidati all’adesione all’Ue.
Nella prospettiva di un rafforzamento dei legami culturali tra paesi dell’EFTA/SEE e l’Unione Europea, questa “azione” è stata dunque aperta alle città di tali Stati aderenti, in conformità con il predetto accordo sullo Spazio economico europeo di libero scambio.
Tutto ciò è avvenuto nel corso di anni in cui la Programmazione di fondi comunitari 2014-2020 agli Stati membri stava portando a compimento diversi progetti per lo sviluppo culturale, primo fra tutti ‘Europa Creativa’.
Nella sua prima versione 2014-2020, il Programma Europa Creativa ha infatti destinato una buona fetta del bilancio Ue a ciò dedicato al suo sottoprogramma denominato CULTURA.
Tale sottoprogramma, nello specifico, comprendeva azioni e progetti di cooperazione transnazionale tra organizzazioni attive nei settori culturali e creativi, reti europee miranti a creare competenze e forza lavoro nei diversi ambiti della cultura, esperienze di cooperazione culturale internazionale e nuove opportunità professionali.
È con tali premesse che si muovono anche progetti culturali di crescita comune europea quali appunto le Capitali, tanto da arrivare all’adozione, il 22 maggio 2018, da parte della Commissione della nuova Agenda europea per la cultura, in sostituzione della precedente risalente al 2007.
Al centro di tale Agenda europea 2018 vi è, tra l’altro, l’obiettivo strategico della coesione sociale attraverso la cultura e dell’incremento delle relazioni culturali internazionali dell’Ue.
Riallacciando il discorso a quanto detto nel Cap. 1 a proposito dei valori culturali europei nel Trattato di Lisbona (confluiti nel TFUE), ci troviamo dunque ad analizzare una fase nuova, in cui l’Europa post 2020 è proiettata alla crescita delle relazioni culturali al di fuori dei suoi confini.
Pertanto, assume un ruolo fondamentale quanto contenuto non solo nella Decisione del 2017 appena citata, ma anche quanto previsto successivamente da Parlamento e Consiglio negli stanziamenti bilancio Ue 2021-2027 in favore del rinnovato Programma Europa Creativa, per il quale la Commissione aveva già proposto nel 2018 un regolamento dei fondi in linea con la nuova Agenda culturale dell’Unione Europea.
Il 2018 è stato, inoltre, l’Anno europeo del patrimonio culturale, proprio nella stagione legislativa in cui il Parlamento, in qualità di colegislatore, approvò la proposta della Commissione di aprire ai paesi EFTA per l’azione capitali europee della cultura.
Un passo decisivo, quest’ultimo, nell’ottica della diplomazia culturale quale concetto scaturente dalla cooperazione e già analizzato in partenza, specialmente dopo che, nel 2016, il Parlamento ebbe adottato la Risoluzione sul dialogo interculturale.
Provvedimenti e atti normativi dell’Ue, quelli appena descritti, che muovono nella direzione – nuova – aperta dalla comunicazione congiunta di Commissione Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE) “Verso una strategia dell’Unione europea per le relazioni culturali internazionali” del 2017.
La candidatura congiunta di Gorizia e Nova Gorica a Capitale europea della cultura 2025 è stata ufficialmente approvata, ponendo così un tassello importante nella prosecuzione dei rapporti italo-balcanici verso scenari futuri.
Il caso è emblematico poiché le due città, rispettivamente l’italiana Gorizia e la slovena Nova Gorica, sono separate idealmente da un confine politico che ne taglia in due l’abitato, con al centro la ferrovia, segnando in maniera impercettibile il limite fra due città e due Stati che, però, dopo gli accordi di Shengen hanno definitivamente abbattuto la singolare frontiera che li separava.
La Slovenia e l’Italia, così, hanno nuovamente una loro Capitale della cultura a livello internazionale, riportando il baricentro dell’attenzione nel contesto geopolitico – per fortuna meno turbolento rispetto al XX secolo – dei Balcani.
Non è purtroppo andata bene alla croata Rijeka, visto l’anno tremendo che il 2020 ha rappresentato a causa del covid e che comporterà una proroga al 2021 assieme all’irlandese Galway (nominata come Rijeka per il 2020).
In virtù del la citata Decisione Ue del 2014 modificata nel 2017, l’apertura della Capitale europea della cultura a paesi in pre-adesione o facenti parte dell’accordo EFTA vede un’altra città balcanica quale prossima a beneficiare di tale titolo, sempre in coabitazione, nel 2022.
La serba Novi Sad, capoluogo della regione settentrionale della Vojvodina, a nord di Belgrado, avrà infatti accesso al prestigioso titolo di Capitale europea della cultura nel 2022 anziché, come previsto inizialmente, nel 2021 in corso proprio in funzione della proroga accordata a Rijeka 2020 causa covid.
La Serbia è uno degli Stati dell’ex federazione jugoslava ad essere uscita dal conflitto degli anni ’90 con l’immagine forse più compromessa delle altre neonate repubbliche, a livello internazionale, a causa delle ben note vicende di pulizia etnica e dei massacri compiuti dalle milizie comandate dal presidente Milosevic in Bosnia, Croazia e Kosovo.
Gorizia e Nova Gorica, tornando a fatti recenti, hanno da tempo avviato una intensa progettualità in vista della loro candidatura 2025, che come sappiamo si è poi rivelata la carta vincente della competizione addirittura nei confronti delle città slovene rivali come Lubiana, Piran e Ptuj.
Come si apprende da Informest – l’ente incaricato di fornire supporto al partenariato territoriale per l’attuazione della strategia Europa 2020 e fra i principali attori della politica di cooperazione transfrontaliera in Friuli Venezia Giulia – la realtà goriziana è riuscita ad attuare il progetto di unica città transfrontaliera attraverso il GECT GO: il Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale che sintetizza nella sigla GO le realtà locali riunite sotto il nome di Territorio dei comuni di Gorizia, Mestna obcina Nova Gorica e Obcina Šempeter-Vrtojba.
Il GECT GO ha presentato le principali sfide legate ai progetti ITI Isonzo-Soca e Salute- Zdravstvo ed ha appoggiato negli anni scorsi la candidatura di Nova Gorica e Gorizia a ECoC 2025 : quanto al primo progetto menzionato, l’Isonzo rappresenta il patrimonio di identità condivisa per Gorizia, Nova Gorica e Sempeter-Vrtojba e il progetto mira restituire il fiume alle città accrescendo la sua attrattività dal punto di vista turistico e ricreativo; mentre la costruzione di un network di servizi sanitari transfrontalieri del progetto Salute- Zdravstvo è primo tentativo di comparazione, analisi e ricerca di sinergie tra i servizi socio-sanitari italiano e sloveno che intende migliorare la qualità degli stessi e la qualità della vita nell’area dei tre comuni.
“Go!Borderless” è invece il Programma di candidatura di Nova Gorica e Gorizia a Capitale europea della cultura 2025
con cui la felice accoppiata delle due realtà di frontiera hanno dimostrato di poter costruire un progetto di lungo termine attraverso lo strumento fondamentale della cooperazione.
Dal confronto tra le esperienze di Capitale europea della cultura, passate, presenti e future, emerge un dato, rapportato ovviamente alle relazioni fra Unione Europea, Italia e Balcani.
Ognuno dei rispettivi progetti, sintetizzati da un motto o slogan di richiamo evocative dello scopo centrale dell’intero programma culturale, denota un evidente proiezione in ottica futura.
Chi tramite la sua apertura al future in senso di sviluppo territoriale dopo anni di immobilismo ed arretratezza (Matera 2019); chi in senso di apertura alla tolleranza reciproca ed al riconoscimento delle diversità culturali, etniche e linguistiche (Rijeka-Fiume 2020-21); chi attraverso la costruzione di spazi ad hoc per l’arte durante la pandemia, per ben 40mila mq fra una sponda e l’altra del Danubio (Novi Sad 2022); chi infine andando oltre le frontiere di un tempo, unendo storia e cultura comune nel segno della cooperazione, dell’abbattimento di confine sia fisici sia morali tra popoli e nazionalità (Gorizia-Nova Gorica 2025).
Tracciando una linea del tempo ideale è possibile cogliere il dato più importante fra tutte queste esperienze di ECoC dal 2019 al 2025: tutte hanno un programma proiettato al futuro, in un modo o nell’altro votato allo sviluppo di relazioni culturali, allo stimolo verso il confronto continuo, allo scambio di buone prassi come strumento di crescita.
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