Concorrenza sleale, disarmonia fiscale e paradossi europei
Se il conflitto d’interessi investe i vertici dell’Ue
IL CASO – Il Presidente della Commissione Europea Juncker al centro di un caso che investe il Lussemburgo: trattative sottobanco con grandi gruppi mondiali per attirarli nel Granducato. L’ex premier lussemburghese garantisce imparzialità nell’indagine contro se stesso!
Il Lussemburgo ha costruito la sua ricchezza grazie a una fiscalità di vantaggio offerta a cittadini e imprese. Ma la scoperta che il piccolo Stato compreso tra Belgio, Francia e Germania abbia condotto trattative sottobanco con grandi gruppi internazionali della finanza, dei servizi e dell’industria per convincerli a trasferire le proprie sedi nel Granducato in virtù di accordi fiscali ad hoc, espone chi lo ha guidato negli ultimi venti anni in una posizione di grande imbarazzo e difficoltà. Se si aggiunge che quella persona è Jean Claude Juncker, premier dal 1995 al 2013 e già presidente dell’Eurogruppo, oggi neopresidente della Commissione Europea, è chiaro che siamo dinanzi a un autentico caso politico all’interno dell’Unione Europea.
Tutto è nato da un’inchiesta realizzata dal network di giornalisti International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) specializzato in indagini su corruzione e crimini transnazionali, nella quale sono stati svelati accordi riservati tra aziende e governo del Granducato per ottenere risparmi fiscali. I documenti pubblicati riguardano 340 società, tra cui 31 italiane, che hanno trasferito lì risorse imponenti, a scapito dei Paesi d’origine. I contratti sono tutti siglati Pricewaterhouse (Pwc), la multinazionale della revisione di bilancio e della consulenza che ha assistito le aziende nel negoziato con il governo del Lussemburgo. Grazie a queste intese, il peso delle tasse è stato ridotto in misura sostanziale, se non azzerato. Le aziende spostano nel Granducato flussi finanziari per centinaia di miliardi di dollari e in cambio hanno la possibilità di un trattamento tributario d’eccezione. A farne le spese sono i Paesi d’origine delle società, costretti a rinunciare al gettito sugli affari dirottati nel paradiso fiscale. In particolare si tratta di accordi di tax ruling che consentono alle imprese di conoscere in anticipo gli importi da pagare e organizzare la distribuzione dei profitti in modo da minimizzare l’impatto delle tasse sui profitti.
Il gruppo britannico Dyson, giusto per fare un esempio, è riuscito a ridurre gli adempimenti fiscali all’1% dei guadagni.
Un sistema ai limiti delle regole, che espone il Lussemburgo quanto meno a una indagine comunitaria per aver concesso aiuti di Stato distorsivi della concorrenza, ma che a livello politico ed etico pesa molto di più. È in gioco la credibilità dell’Unione Europea, della Commissione Europea e del suo Presidente, che avrebbe favorito azioni finalizzate all’elusione della fiscalità, in virtù di una politica fiscale particolarmente aggressiva a scapito degli altri paesi.
L’assenza di armonia fiscale in Europa, già da solo sufficiente a creare enormi distorsioni interne, è un tema che timidamente si cerca di portare sul tavolo delle riforme cui i Paesi dell’Unione Europea sono chiamati. In questo caso si è andati oltre.
PROBLEMA POLITICO – Alcuni analisti si chiedono se possa il neopresidente della Commissione europea, figura super-partes che si batte per l’armonizzazione fiscale dell’Unione, essere la stessa persona che ha guidato per 18 anni il Lussemburgo, nel corso dei quali è stato promosso un sistema che ha portato a firmare tanti contratti sottobanco con grandi multinazionali, imprese e banche dell’area euro.
Per il capogruppo dei popolari europei Manfred Weber, sarà la stessa Commissione Europea a dover investigare sulla situazione del Lussemburgo, con il Presidente Juncker che ha garantito imparzialità e un suo non intervento diretto nell’indagine.
Un conflitto d’interessi imbarazzante, che mina la credibilità della Commissione Europea strettamente correlata a quella del suo Presidente, chiamato a indagare sul suo paese e su se stesso. E mentre il commissario uscente alla tassazione, Algirdas Semeta, afferma: «Quando si abusa di regole per evitare di pagare qualunque tassa, allora dobbiamo cambiarle», Juncker dopo 18 anni alla guida di uno Stato che ha abusato di quelle regole, si appresta a guidare la Commissione con l’impegno di «combattere evasione ed elusione fiscale (…) per introdurre principi etici nello scenario fiscale europeo» sottolineando che «in tutta la mia vita ho lavorato per promuovere l’armonizzazione fiscale in Europa».
Parole e fatti, etica e politica:ancora distanti nella nuova Europa che credeva di potersi rinnovare.
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