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Le principali gallerie di Napoli! Stato di abbandono vergognoso.

Tra il 1882 e il 1929 Napoli visse un periodo importante di investimenti destinati a rendere più fluido e veloce il collegamento tra le varie zone della Città, al tempo “ostacolato” da promontori e colline. Gli interventi avrebbero reso la città più unitaria e collegata e le avrebbero dato anche una sorta di unità sociale cittadina.

La prima galleria ad essere costruita fu quella chiamata “Grotta nuova” in quanto parallela alla Crypta Neapolitana di origine romana che entrò in disuso appena fu aperta la nuova galleria data la maggiore praticità e larghezza di quest’ultima. Appena conclusi i lavori fu chiamata “Galleria 1884” e, nel 1936, fu ribattezzata “Galleria IX Maggio”, in occasione delle ultime conquiste coloniali. Presto fu affiancata da una terza grotta destinata al solo passaggio dei tram.

Tra il 1939 ed il 1940 furono fatti importanti lavori per allargarne il passaggio e che portarono alla struttura finale che possiamo osservare tutt’oggi. Dal 6 luglio 1945, fu nuovamente ribattezzata come “Galleria delle Quattro Giornate”. La galleria era fiancheggiata da due ascensori, non più presenti, che consentivano la risalita pedonale a via Villanova, antico borgo di Posillipo, oggi inglobato in via Manzoni: “l’ascensore di Piedigrotta” da alcuni chiamato “la sedia volante”.

Ecco una foto di come era la grotta con anche la scritta “lift”  e di come è oggi la stessa grotta. Vergognoso!

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Già un anno fa denunciammo l’abbandono e la necessità di ripristinare anche la corsia dedicata ai ciclisti, ma purtroppo tutto è rimasto fermo.

Nel 1924 cominciarono i lavori del secondo tunnel che porta a Fuorigrotta, nonostante vi fosse un progetto di realizzazione di questo tunnel già all’inizio del ’900. Parallelo alla Crypta nonchè alla Galleria Quattro Giornate, fu inaugurata nel 1925 e fu chiamata “Galleria Laziale”, nome della società che si occupò della realizzazione del progetto, la “Società edile Laziale”. La galleria collega piazza Sannazaro con l’allora da poco tracciata via Caio Duilio, passando attraverso la collina di Posillipo. Insieme al cantiere per la galleria furono previsti anche i cantieri per gli edifici gemelli che l’avrebbero affiancata.

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Ecco oggi la galleria laziale; indecorosa. Accanto a pietre di fattura antica sono state affiancate piastrelle “da cucina” color latte. Una scelta architettonica che ci espone al ridicolo davanti ai cittadini del mondo intero che oggi si apprestano a visitare Napoli sempre più frequentemente. Possibile che una scelta cromatica e materica tanto stonata possa essere stata compiuta con tanta sciatteria? Eppure a Napoli di architetti, restauratori e paesaggisti degni del titolo ce ne sono e anche di imprese con sensibilità tale da non oltraggiare una tale opera.

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Passiamo all’ultima delle tre gallerie considerate.

La galleria Vittoria, lunga oltre mezzo chilometro, è lo snodo che collega Via Acton e Via Chiatamone. E’ considerata l’opera urbana più imponente d’Europa ai tempi del fascismo: fu aperta al traffico, infatti, nel 1929 e fece scalpore per le dimensioni (è lunga 609 metri, larga 36 e alta 22), le luci e la “tecnologia” che, per l’epoca, erano all’avanguardia.

Secondo alcuni studiosi, sarebbe un omaggio alla battaglia di Lepanto del 1571, quando l’Impero Ottomano venne definitivamente sconfitto dalla Lega Santa, la coalizione militare promossa da papa Pio V dopo il saccheggio di Nicosia (isola di Cipro) avvenuto proprio per mani ottomane.

La galleria nel 2020 è stata oggetto di interventi di messa in sicurezza ed è stata riaperrta nel febbraio 2021.

Ecco la galleria oggi dopo gli interventi di messa in sicurezza.

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Le pareti interne sono ricoperte da listarelle di alluminio anch’esse di color latte che ancora attendono lo strato di finitura e che lasciano intuire lo stato di cantiere perenne in cui riversa la città. Per non parlare dell’apparecchio di illuminazione, che pare progettato per abbagliare gli automobilisti in transito ed è realizzato con un materiale plasticoso che si presta più a baraccamenti di cantiere che a un’opera così rilevante.

Eppure, quando fu riaperta vi fu l’autoglorificazione di coloro che avevano accelerato i lavori per l’apertura della galleria, naturalmente non badando minimamente alla bellezza che la stessa doveva mantenere rispettando le caratteristiche che richiamavano il contesto storico che l’aveva vista nascere.

Forse, chi opera in tali contesti non dovrebbe dimenticare l’antico monito latino: “festina lente”.

Lisa Muto

 

 

 

 

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