Pirandello a Napoli è sempre motivo di ricordi di collaborazioni artistiche e profonde riflessioni.
Pirandello ha avuto sempre un rapporto particolare con Napoli pur non riscontrando subito simpatie da parte di tutti i nostri attori e commediografi.
Il suo rapporto fu particolare fin dall’inizio con Eduardo De Filippo mentre lo stesso Peppino non si fidò subito delle sue intuizioni artistiche ma poi vi si appassionò pienamente.
Pirandello da un lato, infatti, collaborò a vari periodici locali, allestì lo scenario dell’Abito nuovo per Eduardo De Filippo, polemizzò con Croce, parlò di De Sanctis, De Meis, Bracco, Lauria, Serao, ecc.; dall’altro, Peppino De Filippo rappresentò una commedia tratta da Amicissimi e ridusse in napoletano Lumie di Sicilia e Liolà; Eduardo fece lo stesso con Il berretto a sonagli; i due, insieme con la sorella Titina, rappresentarono nel ’37 L’abito nuovo; Totò, da parte sua, interpretò La patente e L’uomo, la bestia e la virtù.
A tali episodi va aggiunto il successo tributato dalla rappresentazione a Napoli della Birritta e della Vilanza, e due eventi importanti come la prima di Trovarsi al Teatro dei Fiorentini nel ’32 e la prima di Liolà al San Carlo nel ’35.
“La geografia di Pirandello, indagata dalla critica quasi al pari della sua storia, ha rivelato un legame silenzioso eppure fortemente presente tra l’autore e questa città che ricorre in molte sue opere e con la quale sembrerebbe intrattenere una corrispondenza particolare. Napoli viene descritta, nell’universo letterario pirandelliano, mai in termini di città fisica o contesto urbano: nessun accenno viene fatto ai luoghi veri e propri, al paesaggio; piuttosto costituisce una sorta di non-luogo, un’assenza un altrove in cui si collocano ricordi e memorie dei personaggi”. Ciò è quanto emerge dagli atti del convegno di studi Pirandello e Napoli del 2002 a cura del Comitato nazionale per lo studio e la valorizzazione dell’opera di Luigi Pirandello e dell’ Istituto Universitario Orientale di Napoli.
Nei suoi versi giovanili, pieni di echi soprattutto Leopardiani, il tono dominante è ancora quello di un vago pessimismo, pur prendendo mosse dal verismo di scuola siciliana poi sopraggiungono ironismo e umorismo.
La sua opera è scenicamente rivoluzionaria.
Il 25 e 26 febbraio Tato Russo rappresenterà “La stanza dei sentimenti perduti”, regia di Mario Brancaccio al Teatro Instabile Napoli diretto da Gianni Sallustro, con Mario Brancaccio, Simona Esposito, Fortuna Liguori, scene di Peppe Zarbo, costumi di Anna Giordano Luci Francesco Zampa.
Il rapporto tra la vita e la forma. Gli accordi e i condizionamenti che noi stessi ci imponiamo. L’uomo moderno sempre meno vero, sempre meno onesto e limpido nelle relazioni. Tato Russo racconta come l’uomo moderno si costruisce una falsa identità. Vive vite parallele per l’impossibilità di comprendere se stesso e gli altri.
Regalatevi questa riflessione ove trarre forza per il cambiamento.
Lisa Muto
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