Il coaching a Napoli si scontra con la diffidenza.
Il coaching, processo di supporto e potenziamento della persona, ormai affermatosi già a in tutti gli stati anche europei, stenta a prendere piede a Napoli. Sembra che essendo una tecnica, relativamente, giovane e non rientrando in nessun ordine professionale risulta un po’ estranea al nostro concetto di attività professionale con il relativo ordine professionale e questo aspetto ne mina il valore oltre alla trattazione di tematiche che figure professionali pre-esistenti hanno avocato a se esclusività non concedono punti di vista e trattazione diversa dalla loro. Quindi si verifica una sorta di demonizzazione della figura un ridimensionamento e rilegamento all’angolino come una punizione.
Eppure il coaching è vecchio quanto il mondo, già i greci nella mitologia lo menzionavano quando Atena dea della saggezza aveva un modus operandi non interventista a da osservatore e promotore dei giusti propositi: ella permetteva agli altri di sbagliare e mettersi nei guai, poi si sedeva e parlava con loro dell’esperienza che avevano vissuto e li aiutava a riflettere ed apprendere da quell’esperienza, quindi costruire le basi della saggezza.
Ma vi sono anche altre teorie circa le origini del coaching. Molti lo hanno confuso col Mentoring nato, quest’ultimo, diverse migliaia di anni fa e soprattutto di origine orientale; il maestro che seguiva e istruiva i suoi adepti. La nascita del Coaching la si fa risalire a circa 150 anni fa nelle università di Oxford e Cambridge, ed era un processo seguito, appunto, da un coach per supportare i giovani studiosi di famiglie ricche e potenti ma poco motivati, a superare gli esami. Entrambi si basavano sui principi della consapevolezza, dell’autonomia e della responsabilità come fondamenta della crescita e dell’evoluzione umana.
Il Coaching si diffuse ben presto nello sport, il Coach era la figura che diceva cosa dovevi fare per arrivare a vincere. Aveva quindi un approccio direttivo.
Alla fine degli anni ’70 Timothy Gallwey, un Coach sportivo americano anche psicologo, introdusse con successo il concetto di Coaching non direttivo. Egli constatò che si otteneva molto di più attraverso conversazioni maieutiche invece di indirizzare l’atleta. Se l’atleta riusciva, col supporto del coach, ad adottare il giusto atteggiamento difronte le situazioni questi maturava informazioni che avrebbero fatto parte del suo bagaglio di risorse e gli sarebbero servite per migliorarsi progressivamente. Espresse tutte le sue teorie nel famoso libro “The inner game of tennis”, di cui consiglio a tutti la lettura.
Si trattava di liberare il potenziale dell’individuo per permettergli di massimizzare le prestazioni. Più che di insegnargli, consigliargli o indicargli una strada si trattava di aiutarlo ad imparare autonomamente e consapevolmente facendo leva sulla sua responsabilità.
Col tempo questa professione si è strutturata, partendo dall’America con varie federazioni e associazioni le quali applicano metodologie improntate ad un processo che rispetta l’inclinazione naturale dell’uomo, le sue intuizioni e il suo potenziale sommerso fino ad arrivare a dei rigidi protocolli e Codici Etici da applicare nelle sessioni di coaching.
La sensibilità del pubblico verso tale professione emerge anche da iniziative meritorie: qualche mese fa Radio Punto Zero ha dedicato un format alle professioni nuove, emergenti espressioni delle nuove esigenze della società, e uno spazio era proprio dedicato al coaching e soprattutto ai coach impegnati in questa attività di supporto e potenziamento dell’uomo.
Avendo io stesso fatto un’esperienza diretta del processo di coaching, che consiglio a tutti, posso affermare che bisogna stare attenti nella scelta del coach. Il coach non è un insegnante, non un pedagogo o uno psicologo ma una figura a se stante che è stata formata e sensibilizzata nel suo rapporto con l’essere umano. Nella scelta bisogna accertarsi che abbia avuto la giusta formazione e applichi una metodologia riconosciuta e sperimentata e soprattutto che non si improvvisi, come del resto capita quando ci si trova davanti a nuove professioni con limiti di competenza non ancora precisamente delineati.
Pertanto Napoletani accettate la sfida, sperimentate sperimentate sperimentate! e buona sessione di coaching a tutti.
Lisa Muto
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