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Napoli, ancora una volta in ritardo con l’attivazione della refezione scolastica.

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La refezione scolastica nacque come un’esigenza sia culturale di evoluzione e di sviluppo della società, a partire dai più piccoli, che come intervento a supporto, da parte del Comune, delle famiglie per la crescita in salute delle nuove generazioni.

«Se manca il nutrimento, vien meno l’energia fisiologica e psichica; e l’occupazione scolastica diventa un tormento per l’alunno, nel quale subentrano apatia, irrequietezza, noia, con nocumento della disciplina, con perturbazione dell’andamento interiore della scuola, con manifesto danno generale dei condiscepoli, con fatica del maestro. Un alunno tormentato dalla fame sta tanto male in un’aula, quanto uno che abbia il dolore di teste, di ventre, di denti o la febbre». Antonio Martinazzoli, Luigi Credaro, Dizionario illustrato di Pedagogia, Milano, Vallardi, 1894, vol. III, pp. 368 e ss.

Nel secondo Ottocento la pedagogia pone al centro del dibattito pedagogico il nutrimento del bambino.

Un primo grande esempio di refezione scolastica si ebbe a Torino nel 1897. Il Patronato scolastico si fece carico, tra le altre cose, dell’acquisto di derrate alimentari per le scuole comunali. Vennero adottate le tabelle dietetiche per le refezioni scolastiche (particolarmente note quelle di Tonzig e di Boselli) che suggerivano una soluzione fredda e una calda. La prima consisteva in pane con, di volta in volta a rotazione, formaggio, cioccolato, marmellata, uova sode, frutta. Il pasto caldo consisteva in un minestrone. Nei primi anni del Novecento il Patronato iniziò ad occuparsi anche della distribuzione della merenda. Nell’anno scolastico 1916-1917, il Patronato torinese sussidiava 5.784 alunni per la refezione e 416 per la merenda.

A Milano nel 1904 vennero introdotti i pasti caldi che sostituirono la distribuzione del pane con salame o formaggio

Il 4 giugno 1911, venne emanata la Legge Daneo-Credaro, n. 487. All’articolo 71 si legge: «Per provvedere al servizio dell’assistenza scolastica a favore degli alunni iscritti nelle pubbliche scuole elementari, è istituito in ogni comune il patronato scolastico. Nelle città di maggior popolazione il patronato può essere diviso in sezioni nei diversi quartieri. All’assistenza il patronato provvederà nelle forme più pronte e più pratiche per assicurare l’istruzione e la frequenza degli alunni nella scuola, e preferibilmente con la istituzione della refezione scolastica, con la concessione di sussidi per vesti e calzature, con la distribuzione di libri, quaderni ed altri oggetti scolastici. Inoltre il patronato verrà in aiuto all’istruzione popolare col promuovere la fondazione di giardini ed asili d’infanzia, di biblioteche scolastiche o popolari, di ricreatorî ed educatorî, col diffondere la mutualità scolastica, con l’istituire scuole speciali per l’emigrazione e per altri bisogni locali, e con tutti gli altri mezzi ritenuti ellicaci, secondo lo condizioni dei luoghi, a completare l’opera della scuola».

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A Bologna il 7 dicembre del 1896, Piero Albertoni, Consigliere comunale, proclamava la necessità di istituire nelle scuole elementari delle Città la refezione scolastica. Albertoni affermava: “Allo stato presente delle cose la questione è soprattutto di ordine fisiologico […] Se lo Stato impone l’istruzione, quelli che assistono all’istruzione hanno obbligo di imparare. Le condizioni per imparare non sono uguali fra i fanciulli ben nutriti e quelli mal nutriti; questo fatto di ordine fisiologico non può essere messo in dubbio e in proposito sarebbe anche opportuno che i medici addetti al Comune facessero delle indagini. […] Deriva nel Comune l’obbligo di uguagliare le condizioni dei fanciulli poveri e dei fanciulli ricchi, perocché il disagio fisiologico mantiene l’ignoranza, prepara i pervertimenti morali e la Società ha il dovere di limitare i danni”

Ora tutto ciò riportato ai nostri tempi è valido ancora in parte, in quanto la refezione a scuola è un supporto a tante famiglie, è un momento di eguaglianza ma soprattutto un momento di crescita per i più piccoli che sono il futuro del nostro paese. Permette loro di imparare a relazionarsi anche in momenti diversi della giornata come la condivisione di un pasto, di sperimentare un’autonomia e responsabilità nell’assunzione del pasto senza il supporto dei genitori che spesso, preoccupati per i figli che non mangiano abbastanza, tendono ad imboccarli, come è vero che permette a molti di loro di passare da un momento di apprendimento mattutino improntato più allo studio e all’acquisizione di nuove nozioni ad un momento più pratico ed operativo con attività che trasmettono conoscenze diverse anche attraverso il gioco e la sperimentazione. Ma tutto ciò è preceduto, purtroppo, da un’esigenza che oggi predomina quelle elencate poc’anzi e cioè l’orario rigido dei genitori. I genitori sono costretti ad orari lunghi e scanditi da badge e quindi controllo sull’ingresso e uscita da lavoro e quindi nella frenetica organizzazione familiare cercano supporto nelle scuole e soprattutto nell’organizzazione della scuola a cui affidano il figlio per la durata dell’orario lavorativo. Ed anche questo è vero solo in parte o meglio solo in alcune parti del nostro paese.

La Città Metropolitana di Napoli non riesce a dare il giusto supporto alle esigenze delle famiglie con bambini in età scolare e arranca ogni anno a far partire la refezione con la partenza della scuola. Quindi mentre in Città del nord intorno al 5 settembre la refezione è stata assicurata a tutte le famiglie con genitori entrambi lavoratori. A Napoli oggi 29 settembre 2022 le scuole sono ancora in attesa di refezione.

Ma allora cosa cambia se anche cambiano le persone a gestire una Città? Com’è possibile che non ci si sappia organizzare in tempo per le gare di appalto e tutto ciò che vi è connesso. Cosa manca affinchè certe tempistiche vengano rispettate e certe tematiche vengano tenute nella giusta considerazione. Cosa manca alla nostra Città che non riesce a supportare le famiglie con bambini che al primo mese di scuola sono già stressati da orari tempi e trasferte per accompagnarli a scuola organizzarsi per assicurare loro un pasto a casa di qualche parente riprenderli nel pomeriggio e così via.

E’ uno stillicidio crescere i figli in una società che non è sensibile ad organizzare le basi migliori per coloro che stanno crescendo e che devono prendere esempio dall’esistente.

La società è esigente vi guarda amministratori e vede sia l’impegno che il fallimento e la delusione per aver sperato invano ancora una volta.

Lisa Muto

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