Ciro il Grande
Pur restando a secco nelle ultime due gare contro Napoli e Roma, Ciro Immobile è il maggiore artefice della splendida stagione vissuta fin qui dalla Lazio.
“Averlo in squadra significava partire sempre dall’1-0” disse nel 1968 Vittorio Pozzo, CT due volte campione del mondo con l’Italia nel 1934 e nel 1938, in riferimento a Giuseppe Meazza, storico centravanti dell’Ambrosiana Inter (ma anche del Milan e della Juventus, seppur nella fase finale della carriera) e della Nazionale italiana (di cui è tuttora il secondo miglior marcatore con 33 reti), al quale, dal 1980, è intitolato lo stadio San Siro di Milano.
La medesima espressione può essere ripresa oltre cinquant’anni dopo per spiegare l’annata da sogno di Ciro Immobile, autore di 23 gol in 20 presenze e lanciatissimo verso il superamento del record di Gonzalo Higuaín, capace, nella Serie A 2015/2016, di andare a segno 36 volte e di diventare il miglior marcatore in una singola stagione del massimo campionato italiano, avendo realizzato una marcatura in più rispetto a Gunnar Nordahl, il precedente primatista.
Restando in tema di record, Immobile è entrato nel gotha della Serie A, avendo raggiunto lo scorso 11 gennaio, con la rete decisiva al Napoli, i 20 gol per la quarta volta in carriera, avvicinandosi, oltre che a Meazza e Nordahl (riuscitici in sette occasioni), anche a Gabriel Omar Batistuta, il quale, tra Fiorentina e Roma, ha sfondato tale muro in cinque differenti annate.
Ciro, inoltre, “vede” il terzo titolo di capocannoniere della Serie A, che lo proietterebbe al secondo posto in questa classifica alle spalle del solo Nordahl, cinque volte re dei bomber nel massimo campionato. Con Zlatan Ibrahimović e Luca Toni, tra l’altro, è uno dei tre calciatori ad aver conquistato il riconoscimento con la maglia di due club differenti (Torino nel 2014 e Lazio nel 2018).
Senza dimenticare che l’attaccante di Torre Annunziata è stato anche capocannoniere della Serie B 2011/2012, quando, con i suoi 28 gol, ha regalato al Pescara una promozione attesa 19 anni.
Che la stagione in corso sia speciale, lo si evince da altri due traguardi da lui tagliati: il 25 agosto, segnando una doppietta alla Sampdoria, ha inaugurato al meglio il campionato, prima raggiungendo e poi superando i 100 gol in Serie A, a sette anni esatti dalla sua prima marcatura (26 agosto 2012, Genoa-Cagliari 2-0); il 3 novembre, invece, la rete realizzata nella vittoria esterna contro il Milan (primo successo della Lazio in casa rossonera dal 1989) è stata la centesima con i biancocelesti tra tutte le competizioni in poco più di tre anni, a ulteriore attestazione del perfetto connubio tra le sue caratteristiche e i princìpi di gioco dell’allenatore Simone Inzaghi.
Tuttavia, nonostante i numeri lo certifichino attualmente come il miglior realizzatore d’Europa (guida la classifica della Scarpa d’Oro davanti a Robert Lewandowski), le recenti dichiarazioni del CT Roberto Mancini e di Alessandro Costacurta hanno nuovamente alimentato dubbi sul suo effettivo valore.
“A Immobile manca l’ultimo step, vorrei che segnasse di più contro Inter, Juventus e Roma e con la Nazionale. Ha una media pazzesca con le squadre dalla quinta posizione in giù, ma vorrei che migliorasse contro le grandi”. Le parole della leggenda del Milan, oggi opinionista, trovano riscontro analizzando le reti di Ciro contro i top club italiani.
Nella stagione attuale, Immobile è rimasto a secco soltanto in cinque delle venti partite giocate in Serie A, ma, a eccezione del Cagliari, non è riuscito a trafiggere né la Roma (andata e ritorno), né l’Inter (unica volta in cui è subentrato), né la Juventus (con cui ha sbagliato un rigore in campionato e non ha trovato la via del gol nella vittoriosa sfida di Supercoppa), ovvero le squadre che occupano, in compagnia della Lazio, i primi quattro posti della classifica.
Allargando il discorso all’intera esperienza biancoceleste, l’attaccante ha realizzato 4 reti in 10 gare alla Juve (due doppiette, entrambe nel 2017), 5 in 9 alla Roma e uno solo in 9 all’Inter, alla media di 0,36 gol a partita, ben lontana dallo 0,77 che fa registrare con le altre formazioni.
Con maglia dell’Italia, con cui ha esordito il 5 marzo 2014, Immobile ha finora totalizzato 10 reti in 39 presenze, giocando gli interi 90’ soltanto in dodici occasioni. A testimonianza del feeling non ancora decollato con la Nazionale, si può considerare il fatto che, in un momento storico in cui il Belpaese ha avuto grandi difficoltà a trovare un centravanti di sicura affidabilità, Ciro, tranne che nella disastrosa gestione di Gian Piero Ventura (già suo allenatore ai tempi della doppia esperienza al Torino), non è mai stato considerato un titolare indiscusso: vice di Mario Balotelli ai Mondiali del 2014 con Cesare Prandelli; scalzato presto dalla non trascendentale coppia formata da Éder e Graziano Pellè durante il biennio di Antonio Conte; alternato in maniera quasi scientifica con Andrea Belotti da Roberto Mancini.
Poche settimane fa l’attuale CT, a una domanda sulla straordinaria annata che sta vivendo il bomber della Lazio e sul dualismo con l’amico ed ex compagno al Torino, ha detto che “i 20 gol di Ciro non cambiano le gerarchie”, per cui all’Europeo “avremo due centravanti titolari, con caratteristiche diverse”.
Proprio il concetto di “caratteristiche” è fondamentale per comprendere il motivo per il quale Immobile, malgrado l’impressionante score realizzativo, di gran lunga superiore a quello di Belotti (9 reti nell’attuale campionato e solo una volta in grado di superare la soglia delle 20 marcature in Serie A, nel 2016/2017), non abbia ricevuto l’investitura come indiscusso centravanti della Nazionale italiana.
L’idea di calcio di Mancini, infatti, è basata sul palleggio e sul possesso, aspetti che non rientrano tra le principali qualità di Ciro, mai troppo a suo agio nel ruolo di pivot della squadra e nel fraseggio con i compagni, sebbene negli ultimi anni sia notevolmente aumentato il numero di assist: 30, di cui 5 nella stagione in corso, dei 50 complessivi in carriera sono arrivati con la Lazio.
Mentre Belotti è riuscito a integrarsi più rapidamente nel sistema di gioco di Mancini, solo nella seconda metà del 2019 Immobile sembra aver meglio assimilato le richieste del CT, come dimostrano le tre reti realizzate con Finlandia e Armenia tra settembre e novembre. In particolare, il gol segnato a Tampere ha interrotto un digiuno che con la maglia azzurra durava da due anni, dato che la precedente marcatura risaliva al 5 settembre 2017.
Astinenze mai provate con la Lazio, il cui calcio è pensato per permettere a Immobile di sfruttare appieno la sua maggiore peculiarità, ovvero l’attacco alla profondità e la conseguente possibilità di arrivare alla conclusione dall’interno dell’area di rigore. Non è un caso, pertanto, che le sue 23 reti siano state realizzate tutte negli ultimi 16 metri di campo.
A favorire la verticalità biancoceleste, in questa annata, c’è stato il salto di qualità di Luis Alberto, miglior assist-man della Serie A (11, quattro in più di Lorenzo Pellegrini, Alejandro Gómez e Dejan Kulusevski, appaiati al secondo posto) e terzo tra i cinque principali campionati europei, dietro ai soli Kevin De Bruyne (15) e Thomas Müller (12).
Alla soglia dei trent’anni (li compirà il prossimo 20 febbraio), Ciro appare maturo per la definitiva consacrazione. Con i suoi gol non solo ha permesso alla Lazio di ipotecare la qualificazione alla prossima Champions League, competizione in cui è andato a segno quattro volte durante la deludente parentesi con il Borussia Dortmund, ma sta addirittura regalando ai biancocelesti il sogno di lottare per lo scudetto, come non capitava dalle parti di Formello dal 2000, quando il club dell’allora presidente Sergio Cragnotti conquistò il secondo e ultimo tricolore.
La speranza è che mantenga questo stato di forma anche agli Europei, quando l’augurio di Mancini e dell’intera nazione è che possa ripercorrere le orme di Luca Toni, campione del mondo nel 2006 da attaccante titolare ventinovenne all’asciutto di esperienze in top club (il passaggio al Bayern Monaco sarebbe avvenuto nell’estate del 2007), ma con in dote i 31 gol segnati con la Fiorentina nel 2005/2006 (l’unico, con Higuaín, ad andare oltre quota 30 reti in Serie A nell’era moderna).
Dovesse riuscire in tale proposito, Immobile scaccerebbe una volta per tutte ogni pregiudizio sul suo conto e sulla sua carriera.
Stefano Scarinzi
31 gennaio 2020
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