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Per una nuova Repubblica

RomaPalazzoQuirinaleBreve storia del presidenzialismo in Italia, Antonio Carioti
In questo periodo storico la leadership politica è detenuta dal Presidente della Repubblica. Gli ultimi tre Presidenti del Consiglio sono stati soggetti soprattutto alla sua fiducia. Monti, Letta e Renzi non hanno avuto neanche un’apparente investitura popolare ed hanno ottenuto la fiducia parlamentare dopo aver ottenuto la fiducia del Presidente della Repubblica. L’ultimo Presidente del Consiglio che ha ottenuto una specie di investitura popolare, Silvio Berlusconi, è stato allontanato senza che avesse subito un voto di sfiducia da parte del Parlamento. La nostra, sulla carta, è una repubblica parlamentare e la fiducia del Parlamento è l’unica forma di legittimazione del governo. Un governo legittimato dalla fiducia del Presidente della Repubblica non è previsto in un regime parlamentare. Diciamolo: siamo ormai fuori del regime parlamentare e la nostra Costituzione non prevede un regime presidenziale quale supplente dell’incapacità di funzionamento della Repubblica. Queste poche osservazioni denotano la gravità della crisi che sta attraversando la nostra repubblica postfascista ed indicano anche la soluzione ottimale: passare dalla repubblica parlamentare a quella presidenziale del tipo statunitense o, almeno, del tipo francese.
Il presidenzialismo, in Italia, è stato da sempre appannaggio di gruppi minoritari per cui è utile la lettura di questo libro di Antonio Carioti pubblicato ben diciassette anni fa.

Il libro si apre con una intervista a Francesco Cossiga, presidente della Repubblica dal 3 luglio 1985 e il 28 aprile 1992. Dice, in conclusione, Cossiga: “[…] Ogni ordinamento politico si basa su una convenzione, sull’accettazione tacita della legittimità del potere da parte dell’uomo della strada. Se tale consenso implicito viene meno, se si disperdono quelli che Guglielmo Ferrero chiamava ‘geni invisibili della città’, ogni avventura diventa possibile. […]”

Una osservazione che valeva allora e che oggi mantiene la sua drammatica attualità. Riforme occorrono, ma quali riforme?
Nell’intervista a Cossiga si legge: “[…] Esistono due concezioni diverse della democrazia. Una fa riferimento direttamente ai cittadini e alle istituzioni elettive; l’altra, tuttora egemone in Italia, prevede che la sovranità popolare si esprima principalmente mediante corpi intermedi come i partiti e i sindacati…Ovviamente questa visione della democrazia ‘organizzata’ respinge pregiudizialmente il presidenzialismo, la sua vocazione è fondamentalmente consociativa …Viceversa nella democrazia liberale l’accordo di tutti è l’eccezione, mentre la norma è costituita dalla contrapposizione in campo aperto fra tesi diverse.[…]”

La nuova Repubblica o sarà una democrazia liberale o non sarà una nuova repubblica.
“[…] Non basta cambiare la legge elettorale, – scrive Carioti nel 1997 – ma occorre anche incidere profondamente sulla forma di governo, come hanno proposto in vario modo i diversi presidenzialisti, per assicurare un futuro stabile alla nostra malandata democrazia. […]”

Naturalmente la legge elettorale più coerente con un regime presidenziale è il maggioritario uninominale, così come auspicavano i pochi presidenzialisti presenti alla Costituente.
Disse alla Costituente Piero Calamandrei: “[…] A chi dice che la repubblica presidenziale presenta il pericolo delle dittature, ricordo che in Italia si è veduta sorgere una dittatura non da un regime a tipo presidenziale, ma da un regime a tipo parlamentare […]”

Ricorda Antonio Carioti. “[…] Il Partito d’Azione (cioè quello di Piero Calamandrei ndr)puntava…a promuover(n)e la trasformazione (della società). Infatti prospettava al Paese una cesura netta non solo rispetto al regime littorio, ma anche nei riguardi delle esperienze compiute in precedenza. Al modello della mobilitazione politica dall’alto e dell’integrazione socio-culturale attuata paternalisticamente attraverso la rete capillare delle parrocchie o delle sezioni comuniste e socialiste, cui corrispondeva una delega totale al personale selezionato dai partiti nella gestione della cosa pubblica, gli azionisti contrapponevano il progetto di una democrazia conflittuale, in cui vasti schieramenti politici sorti intorno a grandi opzioni programmatiche si confrontassero di fronte all’opinione pubblica e si alternassero alla guida del governo. […]”

Francamente la posizione azionista si distingueva per la sua audacia innovatrice. E se si ripartisse di là, vista l’esperienza di questa democrazia postfascista? Ossia, se si ripartisse da una legge elettorale  uninominale e maggioritaria e da una forma di governo presidenziale?
Bepi Lamedica – Newsletter PerNonMollare

 

breve_storia_presidenzialismo_ItaliaANTONIO CARIOTI “BREVE STORIA DEL PRESIDENZIALISMO IN ITALIA (1946.1992)” Società Aperta, Milano 1997
Indice: Intervista (a mò di prefazione) a Francesco Cossiga – Introduzione – Cap. I. Il sogno americano degli azionisti con appendice documentaria – Cap. II. Pacciardi e il professore con appendice documentaria – Cap. III. Giovani gollisti crescono con appendice documentaria – Cap. IV. La fiamma ambigua con appendice documentaria – Cap. V. Appendice: il presidenzialismo craxiano – Bibliografia

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