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(In)giustizia è fatta

frosinone-in-aIl giudice sportivo rigetta il ricorso del Palermo e conferma la vittoria e la promozione del Frosinone in Serie A.

L’ennesima occasione persa. Non può che essere questo il pensiero comune nel leggere il comunicato del giudice sportivo di Serie B Emilio Battaglia.

Respinto il ricorso presentato immediatamente dopo la gara dal Palermo, che chiedeva la vittoria a tavolino o, quantomeno, la ripetizione della partita. Omologato, pertanto, il 2-0 a favore del Frosinone, che ritorna così nella massima serie due anni dopo la prima fugace apparizione. Inoltre, 25.000 euro di multa e due gare a porte chiuse per i laziali e 10.000 euro di ammenda a Raffaele Maiello per il lancio di palloni in campo.

Tale verdetto, verso il quale vi era un’attesa febbrile, pone fine al campionato di Serie B 2017/2018. Almeno per il momento, dato che il procuratore federale Giuseppe Pecoraro ha deciso di non archiviare l’indagine sui messaggi inviati da Emanuele Calaiò e Fabio Ceravolo (calciatori del Parma) a Filippo De Col e Alberto Masi (tesserati con lo Spezia) alla vigilia del match tra le due squadre, valevole per l’ultima giornata della stagione regolare, che ha regalato ai ducali la terza promozione consecutiva a scapito proprio del Frosinone. I deferimenti potrebbero aprire scenari clamorosi, destinati a ridefinire gli organici sia della Serie A sia della Serie B del prossimo anno. E anche questa volta il Palermo potrebbe essere spettatore molto interessato.

Ma torniamo al ritorno della finale play off del 16 giugno. Tre gli episodi ferocemente contestati dai siciliani. Innanzitutto, i continui cambi di decisione dell’arbitro Federico La Penna in occasione del fallo su Igor Coronado, fantasista dei rosanero. Punizione dal limite prima, rigore poi, di nuovo punizione alla fine. Il tecnico Roberto Stellone, ex della sfida e artefice della prima storica promozione in A del Frosinone nel 2015, ha parlato di malafede da parte del direttore di gara per questa scelta. In ogni caso, sebbene le immagini mostrino che il contatto sia avvenuto sulla linea dell’area e che dunque al Palermo manchi un rigore, si tratta di un normale errore arbitrale, non facile da chiarire neanche dopo diversi replay televisivi. Insomma, solo il VAR, assente nel campionato cadetto, avrebbe potuto fugare ogni dubbio.

Più gravi, invece, le altre due situazioni. Andiamo in ordine cronologico. A pochi istanti dal 90’, in più di una circostanza, durante le azioni offensive del Palermo, iniziano a piovere in campo palloni dagli spalti, dai raccattapalle e, soprattutto, dalla panchina locale. Contingenza che costringe La Penna a sospendere momentaneamente la partita. Diventa necessario ricollegarsi a un episodio simile avvenuto nel novembre 2015. Bari-Latina, valida per il campionato Primavera, finisce 2-1 per i “Galletti”. Il risultato del campo viene però tramutato in 0-3 a tavolino a favore dei nerazzurri. Il motivo? I giovanissimi raccattapalle, colpevoli di aver interrotto in più occasioni gli attacchi del Latina lanciando dei palloni sul terreno di gioco. Il giudice sportivo Luca Del Giudice non ha dubbi e scrive che l’accaduto ha inciso sul regolare svolgimento della gara, senza che la società ospitante, il Bari, abbia fatto nulla per impedire questa condotta scorretta. Successivamente la società pugliese ottiene l’annullamento della sentenza, con il ripristino del risultato del campo.

Episodio simile, si diceva, ma non identico a quello di Frosinone-Palermo. In primis, il contesto: la partita dello “Stirpe” era la più importante della stagione di B e, oltre ai quasi 16.000 spettatori presenti sugli spalti, era trasmessa in tv in prima serata. In secondo luogo, i protagonisti: ai tifosi e agli stessi raccattapalle, si è aggiunta la panchina locale e, in particolare, Raffaele Maiello, sostituito dopo aver realizzato il momentaneo 1-0 e “incastrato” dalle telecamere poste a bordo campo mentre lancia sul terreno di gioco un pallone.
La responsabilità della società Frosinone è quindi diretta, essendosi macchiati di questa condotta altamente antisportiva, che viola il codice di giustizia sportiva della FIGC, non solo i sostenitori e i raccattapalle, ma addirittura un proprio tesserato.

Il lancio di palloni costringe La Penna ad allungare il già corposo recupero, quantificato inizialmente in cinque minuti. Da qui parte il terzo casus belli.
95 minuti e 36 secondi. In questo preciso istante Camillo Ciano realizza in contropiede il 2-0, che chiude partita e discorso promozione. Appena la palla gonfia la rete, gran parte dei tifosi presenti si riversa sul rettangolo verde, sancendo di fatto la fine della gara. De facto, ma non de iure, dal momento che il tempo non era ancora scaduto. Almeno tre gli episodi della storia del calcio italiano a esso correlati.

Il più celebre e lontano risale al 6 maggio 1979. Milan-Bologna potrebbe valere lo scudetto della stella per i rossoneri, ma i tifosi si assiepano su un settore inagibile di San Siro. L’arbitro e la questura invitano Gianni Rivera, capitano del Milan, a lanciare un appello ai suoi supporter perché abbandonino quella zona pericolosa. Il messaggio del “Golden Boy” fa centro, il pubblico lascia il settore, il Milan evita la sconfitta a tavolino e può festeggiare il suo decimo scudetto.

Negli altri due casi dobbiamo fare un salto nel 2001. Il 17 giugno la Roma sta battendo il Parma all’Olimpico ed è a pochi minuti dal suo terzo scudetto, quando un migliaio di tifosi invade il campo, costringendo l’arbitro Braschi a sospendere la partita. Ci vogliono tredici lunghi minuti per riportare l’ordine, con la faccia invasata e al tempo stesso preoccupata di Fabio Capello rimasta nell’immaginario collettivo.
Un mese prima, il 20 maggio, l’altro precedente. E ancora una volta c’è di mezzo il Palermo. Allo stadio “La Favorita” si gioca l’andata della Supercoppa di Serie C tra i rosanero e il Modena. Al minuto 88, sul 2-1 per gli emiliani, i tifosi locali si riversano sul terreno di gioco. Inevitabili la sospensione e il successivo 0-2 a tavolino in favore dei “Canarini”.

Dunque, come per i palloni lanciati in campo, anche l’invasione è diretta responsabilità della società di casa, con l’ulteriore aggravante che i tifosi scesi sul terreno di gioco hanno innescato un parapiglia con i calciatori del Palermo che stavano rientrando in fretta e furia negli spogliatoi.

Ecco perché le multe al Frosinone e a Maiello e i due turni di chiusura dello “Stirpe” sono una sentenza inadeguata rispetto alla gravità dei fatti accaduti. La giustizia sportiva italiana, come sempre, preferisce imitare Ponzio Pilato, lavandosene le mani e perdendo l’opportunità di dare il buon esempio ai più piccoli, tracciando una strada per il futuro. Una strada fatta di norme, di regole e di leggi da applicare, in modo tale che non si verifichino più situazioni che nulla hanno a che vedere con il calcio, nemmeno con quello dilettantistico di provincia, e le parole “rispetto” e “fair play” non restino solo patch da applicare sulle maglie.

Tutto ciò senza nulla togliere al Frosinone del presidente Maurizio Stirpe, che sul campo ha ampiamente meritato una promozione che stava diventando una maledizione, essendo sfuggita in modo a dir poco rocambolesco sia nei play-off 2017 sia nell’ultimo turno di quest’anno contro il Foggia. Società all’avanguardia, con la perla del “Benito Stirpe” inaugurato lo scorso settembre, quarta in Italia ad avere lo stadio di proprietà. Ѐ un vero peccato che i ciociari debbano affrontare il loro secondo campionato di sempre in Serie A accompagnati da questa grossa macchia.

Dopo la figuraccia contro la Svezia e l’esclusione dal Mondiale, tanti dirigenti si sono riempiti la bocca parlando di “anno zero” del calcio italiano. Sono “saltate” diverse teste, da gennaio la Federazione è commissariata, solo da qualche settimana è stato eletto il nuovo presidente della Lega di Serie A dopo oltre un anno di incarichi ad interim. La sensazione molto gattopardesca è che “tutto deve cambiare affinché resti come prima”.
Forse è il caso di mettersi in poltrona, godersi lo spettacolo dei Mondiali e staccare per un po’ da questo nuovo filone della solita “commedia all’italiana”.

Stefano Scarinzi
21 giugno 2018

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